Firenze, 12 settembre 2024 - Non da ora, il mondo accademico e gli organismi di ricerca denunciano una situazione preoccupante. Non solo in Italia. Qualche dato: il 60% dei suoli europei presenta forme di degrado, il 25% di quelli dell’area mediterranea è interessato da rischi elevati o molto elevati di desertificazione ed erosione. Inoltre, il livello di contaminazione rifiuti, a partire da quelli plastici, nei terreni è addirittura superiore a quello rilevato nei mari e negli oceani. Tutto ciò ha già oggi conseguenze sia in termini non solo ambientali, ma di vivibilità delle aree colpite, di sicurezza collettiva e anche di sicurezza alimentare, perché produce effetti negativi su qualità e quantità delle rese agricole. Come ogni 12 settembre, in cui si celebra la giornata mondiale senza plastica, è bene riflettere sull’inquinamento del nostro pianeta.
Un mondo di plastica
Innanzitutto: com’è che si forma un suolo? Si forma per l’azione del clima (e immaginiamo quante diverse forme di clima abbiamo sul pianeta) e degli organismi, dal più piccolo (funghi, batteri, zecche ecc.) fino al più grande (sequoie, rinoceronti, elefanti ecc,) che agiscono su una roccia, la degradano, facendo sì che il suolo si origini. Il suolo dunque non è altro che una roccia ammalorata da clima e organismi. In quanto tempo? Parecchio: ci possono volere fino a 1000 anni per formare anche un solo centimetro di suolo, nelle condizioni più favorevoli se ne possono formare fino a 8 centimetri, ma non di più. Dunque non possiamo permetterci di perdere suolo, perché alla scala della vita umana non lo avremmo più a disposizione.I dati parlano chiaro: se oggi lo distruggiamo, dovremmo aspettare migliaia di anni per riaverlo, e non ce lo possiamo permettere.
Siamo 7,5 miliardi di persone, che abitano su un suolo che è sempre lo stesso (150 milioni di Km2 di terre emerse) di cui solo 50 milioni coltivati e coltivabili. Non abbiamo la possibilità di averne di più, dal momento che dobbiamo lasciare intatte le foreste e i Poli. Per utilizzare al meglio la disponibilità dei 50 milioni di Km2 di suolo oggi disponibile, non dobbiamo degradarlo, anzi. E invece negli ultimi 70 anni abbiamo dato luogo alle forme più diverse di degradazione, che hanno tra gli effetti anche quello del cambiamento climatico. E poi c’è il tema rifiuti: nei suoli c’è più plastica che in mare. Un esempio: nel Maghreb, per un paese di 1000 abitanti si trova plastica per 50km nel deserto, e questo perché, non essendoci altra possibilità di smaltire i rifiuti, il vento disperde la plastica per decine di chilometri. Dunque, anche in pieno deserto ci sono chili e chili di plastica, per decine di chilometri, che coprono il territorio.
Quanta plastica sul fondo degli oceani? Arriva la prima stima
Sappiamo che ogni anno milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nei nostri oceani, ma quello che non sapevamo è quanto di questo inquinamento finisce sui nostri fondali oceanici. Ora c’è un primo dato: sui fondali degli oceani sarebbero presenti fino a 11 milioni di tonnellate di materie plastiche e questa quantità, secondo i trend attuali, potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2040. È quanto emerge dallo studio “Plastics in the deep sea – A global estimate of the ocean floor reservoir” pubblicato dal Commonwealth scientific and industrial research organization (Csiro), in collaborazione con l’Università di Toronto. “Le previsioni dell’inquinamento da plastica sul fondo dell’oceano potrebbero essere fino a cento volte superiori alla quantità di plastica che galleggia sulla superficie dell’oceano” ha dichiarato Alice Zhu, dottoranda dell’Università di Toronto a capo dello studio. Buona parte dei rifiuti, dunque, finisce sui fondali, dove si accumula prima di essere decomposta in frammenti più piccoli che si mescolano ai sedimenti oceanici.
I dati raccolti rivelano anche che la plastica si concentra nelle aree costiere intorno ai continenti: il 46% circa si trova in acque basse, sopra i 200 metri di profondità, mentre il resto raggiunge zone più profonde, fino agli 11.000 metri. La produzione di plastica è aumentata esponenzialmente nel tempo, tanto che si prevede che entro il 2050 avremo generato 26mila milioni di tonnellate di resina vergine e che circa la metà di questa plastica diventerà rifiuto.
Maurizio Costanzo