
Fiori sul luogo della strage (foto Ansa)
Firenze, 22 luglio 2022 - Era il 22 luglio del 2011 quando l’estremista di destra Breivik fece esplodere prima un camion bomba vicino agli uffici del governo di Oslo, uccidendo otto persone, per poi compiere un’altra strage. Aprendo il fuoco su un campo estivo nell'isola di Utoya ne uccise altre 69, per lo più adolescenti, tra i 14 e i 20 anni. Due massacri che trasformarono la città in una zona di guerra.
Il killer aveva pianificato tutto nei minimi dettagli, aveva acquistato i componenti per costruire l’ordigno da far deflagrare nel cuore del 'quartiere del governo' a poche centinaia di metri dal Parlamento. E li aveva assemblati in una fattoria in mezzo alla campagna affittata solo tre mesi prima, il 17 aprile. La bomba di Oslo è esplosa alle 15 e 26. Nessuno poteva però immaginare che si trattava di un attentato di depistaggio, che doveva servire ad attirare gli uomini dell’antiterrorismo e i soldati dell'esercito nel cuore della capitale norvegese. Il killer, vestito da poliziotto, ne approfittò per dirigersi indisturbato verso Utoya, dove 650 giovani attivisti del Partito laburista erano riuniti per il tradizionale appuntamento estivo per una vacanza di formazione.
Mentre si rafforzavano le misure di sicurezza in tutti i luoghi del potere e i membri della famiglia reale venivano portati al sicuro, Breivik si stava già dirigendo verso Utoya. Appena arrivato, poco meno di tre ore dopo l’esplosione a Oslo, ha immediatamente eliminato l’unico agente armato presente sull’isolotto. Poi ha sparato per oltre un’ora e mezza contro ragazze e ragazzi indifesi, che tentavano di nascondersi o fuggire buttandosi in mare, o rimanevano pietrificati a implorare pietà di fronte a qualcosa che non potevano capire.
L’autore di quella assurda strage si arrese alla polizia senza opporre resistenza, quando si rese conto di non avere più vie d’uscita. Ma dal suo primo sparo era passata un’ora e mezza e i dodici ettari di abeti e betulle erano ormai trasformati in un inferno disseminato di cadaveri. Il neonazista dichiarò di aver ucciso le sue vittime perché avevano abbracciato il multiculturalismo. Una tragedia che avvenne in un Paese che era dalla Seconda Guerra Mondiale che non assisteva a un livello così estremo di violenza. Breivik al processo venne dichiarato sano di mente e condannato a 21 anni di carcere, il massimo della pena nell’ultragarantista Norvegia, con possibilità di proroga. L’attentatore non si è però mai pentito dei suoi crimini, ha continuato a mostrare disprezzo per le vittime e anzi, ha tentato di trasformare ogni sua apparizione in tribunale, in una sorta di comizio politico, tra saluti nazisti e divagazioni ideologiche.
La sua detenzione non è stata immune da polemiche quando Breivik fece causa allo stato norvegese denunciando "condizioni di detenzione inumane" nel carcere di massima sicurezza. Dove vive in isolamento, ma in tre celle da dieci metri quadri l'una con vista sulla campagna, con tanto di televisione, lettore dvd, Playstation, pc sia pure senza accesso a internet, e palestra personale. Si lamenta della qualità del cibo, del caffè che gli arriva freddo e di improponibili posate di plastica. Nel 2015 si è iscritto all’Università di Oslo per studiare Scienze Politiche, e punta alla letteratura e anche al cinema. Avrebbe proposto a vari editori un film o un libro sulla sua storia dietro pagamento dei diritti, valutati circa otto milioni di dollari. Ma il disturbo narcisistico della sua personalità sembra non avere limiti: e così ha deciso di cambiare il suo nome in Fjotulf Hansen, stravagante combinazione tra il cognome norvegese più comune e uno dei nomi propri più rari.
Nasce oggi
Ferruccio Amendola nato il 22 luglio 1930 a Torino. È stato attore, direttore del doppiaggio italiano e uno dei più noti e apprezzati doppiatori. Ha prestato la voce, tra gli altri, a Sylvester Stallone, Al Pacino, Dustin Hoffman, Robert De Niro.
Maurizio Costanzo