MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

24 febbraio, la rivolta alle Murate: l’episodio che cambiò le carceri italiane

Un fatto che riaccese la lotta per i diritti dei detenuti e aprì la strada alla riforma penitenziaria

Murate

Murate

Firenze, 24 febbraio 2025 – Il 24 febbraio del 1974, nel pieno di una stagione carceraria ancora regolata dalle norme fasciste del 1931, un gruppo di detenuti del penitenziario delle Murate di Firenze salì sul tetto in segno di protesta. La scintilla che fece divampare la rivolta fu la reazione di un agente di custodia che, aprendo il fuoco con una raffica di mitra contro i rivoltosi, uccise il ventenne Giancarlo Del Padrone e ne ferì gravemente altri otto. Del Padrone, al suo primo reato e in attesa di processo, era stato arrestato quindici giorni prima per il furto di un’auto. L’episodio, invece di sedare il malcontento, alimentò ulteriormente la protesta. Sulla cima dell’edificio il numero di carcerati pronti a ribellarsi crebbe di ora in ora, mentre all’esterno si formò un folto gruppo di dimostranti.

Gli scontri con le forze dell’ordine infiammarono il quartiere di Santa Croce, trasformandolo in un vero e proprio campo di battaglia per tutta la notte. Il fervore scoppiato a Firenze fece da detonatore anche per altre carceri: poche ore dopo, i detenuti di Genova e di Alessandria organizzarono proteste simili, rendendo la situazione generale ancora più esplosiva. In quegli anni, segnati dal clima teso della cosiddetta “strategia della tensione”, diventa difficile distinguere tra proteste politiche, tentativi di evasione o semplici rivendicazioni di condizioni detentive dignitose. Lo Stato, da parte sua, non mostrò alcuna flessibilità: nel penitenziario di Alessandria, il sequestro di quattordici ostaggi da parte di tre detenuti venne risolto con l’intervento dei carabinieri coordinati dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che causò la morte di due carcerati e di cinque persone tenute in ostaggio.

Forse anche a causa di questi tragici avvenimenti, o perché i tempi erano effettivamente maturi, nel 1975 si arrivò alla tanto attesa riforma dell’ordinamento penitenziario. Si attuò così, almeno dal punto di vista legislativo, il principio costituzionale che prevede pene orientate al recupero del condannato e al rispetto del senso di umanità. Fu un passo avanti fondamentale rispetto all’obsoleto regolamento del 1931, ancora permeato da logiche di punizione e isolamento totale dal resto della società. Da quell’anno, l’Italia cercò di imboccare una via più attenta ai diritti dei detenuti e alle loro prospettive di reinserimento, sebbene il cammino per una piena applicazione dei valori costituzionali fosse – e rimanga tutt’oggi – irto di difficoltà.