MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

4 novembre 1966: 58 anni fa la devastante alluvione che sommerse Firenze

Un evento drammatico che unì il Paese, da nord a sud, accorso per salvare dal fango un patrimonio inestimabile. Che La Nazione continuò a raccontare nonostante fosse parzialmente sommersa dall’acqua

Firenze, 4 novembre 2024 - Prima del 1966, il 4 novembre a Firenze era un giorno festivo. Era chiamato il ‘giorno della vittoria’, perchè si celebrava l’anniversario della vittoria dell’Italia contro l’Austria e quello della fine della prima guerra mondiale, il 4 novembre del 1918. Da quell’anno invece, il 4 novembre non fu più associato a un’idea di festa, ma di dolore e rinascita, diventando una giornata di ricordo e di memoria, legato per sempre a momenti terribili: quelli dell’alluvione. Esattamente 58 anni fa, dopo dieci giorni di pioggia ininterrotta, l’Arno infatti straripò devastando parte della città, mietendo vittime e provocando immensi danni all’inestimabile patrimonio artistico della ‘culla del Rinascimento’. 

L’Arno cominciò a straripare all’alba, esattamente qualche minuto prima delle cinque, quando il buio era ancora fitto. In poche ore una marea di fango e detriti travolse le abitazioni e i monumenti della città. Non appena il fiume ruppe gli argini, la piena procedette velocemente per i lungarni e sommerse i quartieri storici, Santa Croce come piazza del Duomo. L'ondata raggiunse anche i comuni limitrofi e improvvisamente tutta l'area rimase isolata. La marea di acqua e fango trasportò con sé detriti, automobili e tutto ciò che incontrava sul suo cammino. L’acqua entrò in case, negozi, monumenti, biblioteche, ospedali. Invase il Battistero, arrivò dentro Palazzo Vecchio, nel Duomo come nella Biblioteca Nazionale, fino a raggiungere un livello di quasi cinque metri. Provocherà gravi danni a numerose opere d’arte e al patrimonio delle biblioteche storiche: migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti, vennero ingoiati dal fango. Con le linee telefoniche sono interrotte, Firenze era completamente isolata. Quando l’Arno prese a tracimare, venne sommerso parzialmente anche lo stabilimento de La Nazione di via Paolieri, inaugurato appena un mese prima, con la modernissima rotativa lunga 86 metri.

Saltarono luce, telefoni e tutti i macchinari. Eppure il direttore Mattei decise che il giornale doveva uscire ad ogni costo per informare la città, l’Italia e il mondo, su quello che stava accadendo a Firenze.

alluvione 1966
L'alluvione di Firenze nel 1966 (foto archivio storico New Pressphoto)

Firenze è un immenso lago immerso nelle tenebre..., di acque limacciose che si estendono per oltre sei chilometri quadrati nei quartieri a nord dell'Arno e in un'area imprecisata nei quartieri a sud del fiume. L'inondazione, la più grossa dal 1270, interessa due terzi della città. Manca l'acqua, manca il gas, l'energia elettrica è erogata soltanto in alcune zone, il telefono non funziona. La situazione è drammatica nelle case di abitazione e negli ospedali. Anche nelle zone risparmiate dall'inondazione scarseggiano i rifornimenti alimentari; nelle altre è impossibile l'approvvigionamento". Alle 21:42 del 4 novembre 1966 l'Ansa riassumeva così l'alluvione di Firenze. Il crescendo del dramma era ovunque: la gente aveva lasciato le abitazioni e, chi non aveva fatto in tempo, si era rifugiata dove possibile, ai piani superiori e sui tetti. Non tutti i mezzi di soccorso riuscivano a raggiungere la città, a causa delle interruzioni stradali. La sera del 4 novembre il telegiornale aveva parlato di semplici “allagamenti a Firenze”. Una cronaca che strideva con la realtà: la mattina del 5 novembre Firenze era infatti "una città di fango", con migliaia di persone che vagano per le strade aggirandosi smarriti e increduli. Eppure, anche nei giorni successivi, il governo, da Roma, non aveva ben compreso l’eccezionale gravità dell’accaduto.

Il direttore Mattei pensò allora di spedire alcuni giornalisti al Resto del Carlino di Bologna: da lì confezionarono le edizioni de La Nazione che, in mille modi avventurosi e coraggiosi, venne distribuita ovunque. È anche grazie a questa testimonianza puntuale e precisa, in tutta la sua drammaticità, se ancor prima del governo, il mondo raccolse l’appello di Firenze, rispondendo con la straordinaria e concreta generosità delle migliaia di Angeli del fango. Il 4 novembre è una data che, nella sua drammaticità, seppe ispirare un acceso spirito di unità nazionale. Giovani e adulti, dal nord come dal sud, e anche dall’estero, mai come a Firenze si ritrovarono insieme per salvare il patrimonio di una delle città più importanti al mondo, passando alla storia come gli Angeli del fango. Migliaia i volumi e manoscritti rari sommersi dal fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale. Arrivarono da tutto il mondo per salvarli, lavorando ininterrottamente insieme alle forze armate, giorno e notte. L’Arno si ritirerà dalle strade soltanto due giorni dopo, lasciando Firenze sotto un mare di fango. Di fronte a quella catastrofe, tutta Italia, e non solo, si mobilitò al fianco dei fiorentini, contribuendo a mettere in salvo un patrimonio di storia e di arte gravemente danneggiato.

Enrico Mattei, l’allora direttore de “La Nazione”, fu capace di scuotere i palazzi del potere con la sua penna, costringendo Roma a rendersi finalmente conto di cosa era veramente successo a Firenze, correndo in soccorso della città. Legato per sempre a questo momento storico di Firenze è il nome di Piero Bargellini, che stava per essere messo in minoranza dal consiglio comunale, e che invece si fece carico di affrontare l’emergenza e di guidare la ricostruzione passando alla storia come il “sindaco dell’alluvione”. Il Cristo di Cimabue, restaurato e tornato visibile, è diventato il simbolo di riscatto e rinascita dopo l'alluvione del 1966, che fece molte vittime.