Firenze, 22 gennaio 2025 – I Pfas sono sostanze chimiche utilizzate fin dalla metà del secolo scorso in numerosi processi produttivi. Una volta disperse nell’ambiente, queste sostanze risultano estremamente persistenti e possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro. Negli scorsi mesi di settembre e ottobre, Greenpeace ha effettuato un lungo e complesso monitoraggio delle acque potabili di tutta Italia per verificare la presenza di questi Pfas.
L’inchiesta e le sostanze rilevate
Le analisi, condotte da un laboratorio indipendente e certificato, hanno determinato la presenza di 58 molecole riconducibili a questo genere di sostanze. I risultati mostrano una diffusa presenza di questi composti inquinanti nelle reti acquedottistiche, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione. In 206 dei 260 campioni, pari al 79% del totale, è stata registrata la presenza di almeno una sostanza riconducibile al gruppo dei Pfas. Tra queste, la più presente è risultata il cancerogeno Pfoa (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta Tfa (in 104 campioni, il 40% del totale) e dal possibile cancerogeno Pfos (in 58 campioni, il 22 % del totale).
La situazione in Toscana
Le maggiori criticità si registrano in quasi tutte le regioni del Centro-Nord, compresa la Toscana. Nel Granducato sono risultati positivi 25 campioni su 31, un dato appena migliore rispetto a Liguria (8 campioni contaminati su 8 analizzati), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12). Le province peggiori sono quelle di Arezzo, Prato e Lucca, le migliori Siena e Grosseto. A Firenze, invece, le concentrazioni di Pfas rilevate sono comprese tra 1 e 10 nanogrammi per litro: questo vuol dire che ci sono, ma il dato è comunque migliore rispetto a tante altre grandi città italiane.
Il caso di Arezzo e la replica del gestore
Ad Arezzo, con una concentrazione superiore ai 100 nanogrammi per litro, la presenza dei Pfas sarebbe addirittura superiore a quella di Milano (in base alla rilevazione effettuata in via Padova). Lo scorso 4 novembre, una volta ottenuti gli esiti analitici, Greenpeace ha quindi informato gli enti pubblici competenti (Regione, ASL e Comune di Arezzo). Dopo uno scambio di informazioni, il gestore Nuove Acque ha avviato una campagna di monitoraggio prelevando 7 campioni, sia in ingresso all’impianto di potabilizzazione che serve la città di Arezzo, quindi sull’acqua proveniente dall’invaso di Montedoglio, che in rete di distribuzione, incluso il punto di prelievo sul quale Greenpeace ha rinvenuto la presenza di Pfas. Il risultato emerso è completamente diverso rispetto a quello fornito dall’associazione ambientalista.
"Nuove Acque apprende con sconcerto i dati forniti da Greenpeace, secondo cui nell’acqua di Arezzo sarebbe stata rilevata un’elevata concentrazione di Pfas, superiore ai futuri limiti che verranno introdotti tra un anno. Greenpeace ha inviato a Comune di Arezzo e Asl i risultati di un loro prelievo, fatto presso un fontanello della città, dal quale sarebbero emersi risultati superiori al futuro limite normativo. Nuove Acque ha dapprima informato Asl e Comune che nei numerosi monitoraggi effettuati non erano mai state rilevate tali sostanze e che quindi, il dato fornito da Greenpeace, appariva del tutto anomalo”.
Prosegue la nota. “Nuove Acque ha svolto una campagna di monitoraggio straordinario, che ha previsto il campionamento e l’analisi presso laboratorio accreditato di vari punti di prelievo, incluso in quello oggetto di controllo da parte di Greenpeace: l’esito di tali controlli ha confermato quanto rilevato da anni da Nuove Acque, ovvero che le sostanze perfluoroalchiliche non sono state rilevate. Di tale verifica e dei risultati comprovanti la non rilevabilità dei PFAS nel fontanello dell’acquedotto di Arezzo, nel mese di novembre 2024 sono stati informati Comune, ASL e Greenepace. Nella certezza che i dati Greenpeace non siano corretti, Nuove Acque si dichiara disponibile all’esecuzione degli “ulteriori approfondimenti” auspicati da Greenpeace, in collaborazione con le autorità preposte e Greenpeace stessa”.
Il confronto con gli altri paesi
Secondo le normative di altre nazioni e allineate ai più recenti sviluppi scientifici sugli impatti sanitari, in molti comuni italiani è stata erogata acqua potabile non considerata sicura per la salute umana. Dal confronto con i valori vigenti in altre nazioni è emerso che il 41% dei campioni prelevati da Greenpeace Italia superava i parametri danesi e il 22% superava i valori di riferimento negli Stati Uniti. A partire dall’inizio del 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall’Efsa) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi.
“È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai Pfas, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia –. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei Pfas. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”.
La posizione dei gestori
Sin da quando la presenza dei Pfas è emersa, i gestori del servizio idrico delle aree interessate hanno monitorato la loro presenza nelle acque che distribuiscono e avviato investimenti importanti, un controllo continuo con le migliori tecnologie disponibili per la loro misura nelle acque e hanno preso i provvedimenti caso per caso più opportuni per la tutela dei cittadini”. Lo evidenzia Utilitalia, la federazione che associa le imprese che forniscono i servizi idrici a circa l’86% della popolazione italiana, commentando i dati odierni di Greenpeace.
"I gestori – prosegue la nota – sono impegnati nell’adozione sistematica dei piani di sicurezza dell’acqua, implementati secondo le linee guida dell’Iss-Ministero della Salute, che consentono di valutare e limitare i rischi sull’intero ciclo dell’acqua potabile e individuare gli interventi eventualmente necessari per garantire la sicurezza per i consumatori. È il caso di molte sostanze che, come i Pfas, possono essere presenti nell’ambiente. Oggi l’eventuale presenza di Pfas è messa sotto controllo e neutralizzata prevalentemente mediante il ricorso ai carboni attivi attraverso i quali, in generale, è possibile riportare l’acqua entro i limiti di potabilità indicati dalla legge nazionale originata dalla Direttiva europea che ne limita la concentrazione”.
Utilitalia evidenzia come "i Pfas siano diffusi ovunque; per esempio, sono stati misurati persino nelle piogge in aree remote e nei ghiacci polari. Quindi il sistema dei gestori è costantemente impegnato a salvaguardare la qualità dell’acqua che distribuisce, pertanto bisogna assolutamente evitare allarmismi che possano suggerire comportamenti non razionali come quello di non bere acqua del rubinetto. La classe delle sostanze fluorurate comprende migliaia di molecole, profondamente diverse tra loro, con proprietà chimiche, tecniche e tossicologiche diverse e che sono ricomprese nella famiglia dei Pfas e dei sottoprodotti. La Federazione ha agito nelle sedi europee e nazionali per l’adozione di regole stringenti e comuni per la limitazione dei Pfas e sarà sempre pronta, con l’intero sistema dei gestori che rappresenta, a sostenere le iniziative finalizzate ad una sempre maggiore tutela delle risorse idriche. Ribadendo che la qualità dell’acqua del rubinetto in Italia è tra le migliori d’Europa, Utilitalia confida che chiunque venga in possesso di informazioni relative a situazioni di pericolo nelle acque potabili, le condivida con gli organi di controllo operanti a livello locale e centrale e con i gestori del servizio idrico, con le stesse attenzione e tempestività che questi garantiscono”.