ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Aggressioni ai sanitari: infermieri e medici in reparto col terrore. Scoppia il caso Oblate

A Firenze la Cgil alza la voce per la "drammatica situazione". Botte e minacce, "la tragedia pisana non è servita a niente"

Una manifestazione dopo l’omicidio della dottoressa Barbara Capovani a Pisa

Firenze, 30 giugno 2023 - Lavorano con l’incubo che la tragedia possa ripetersi da un momento all’altro. Con le immagini del brutale assassinio della psichiatra Barbara Capovani ancora davanti agli occhi. Con l’assillo che le lacrime, i discorsi e le promesse fatte all’indomani dei "mai più" gridati – con forza e disperazione – siano già diventati un ritornello fuorimoda.

Cento denunce. Tante ne sono state presentate all’autorità giudiziaria in poco più di due mesi. E niente che dalla prima aggressione sia cambiato. Alla psichiatria, o meglio al servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) delle Oblate, un edificio isolato gestito dall’Asl Toscana centro alle porte dell’ospedale di Careggi, a Firenze, la situazione è diventata ingestibile. Il personale sanitario ha paura. E vibra la denuncia del coordinatore Fp Cgil dell’azienda sanitaria, Simone Baldacci. L’altro ieri una giovane infermiera è stata spinta ed è caduta all’indietro, sfiorando lo spigolo di un armadio. E’ rimasta traumatizzata: quel ragazzoe le si è scagliato contro, perché voleva andarsene. E lei è consapevole che la colpa non è del giovane che vuole fuggire dal ricovero, ma del sistema: lui non dovrebbe stare lì. "A Careggi sono stati chiusi i reparti di tossicologia e di psichiatria, quindi i pazienti arrivano tutti all’Spdc delle Oblate – spiega Baldacci – La struttura è isolata dalla cittadella ospedaliera, se c’è un’emegenza devono chiamare il 118, se c’è un’aggressione il 112". I numeri sono impressionanti: più di cento denunce che vanno dalla spinta al cazzotto alle minacce verbali, con diversi gradi di gravità. Tre lavoratori che nel giro di sessanta giorni sono finiti al pronto soccorso e rimasti a casa per lunghi periodi di malattia.

In particolare c’è un caso che sta sfiancando le forze del personale, già esiguo per le note cure dimagranti alla spesa sanutaria: "Si tratta di un ragazzo che, passata la fase acuta delle sue patologie, dovrebbe essere preso in carico da una struttura dedicata – incalza il sindacalista – Ma le strutture terapeutiche di questo tipo sono quasi tutte private e si rifiutano di prenderlo in quanto ha bisogni di contenzione e servono quattro persone per ternerlo fermo quando vuole scappare".

La Fp Cgil sta valutando un’azione legale contro l’Asl Toscana centro. "Non si può tollerare, i lavoratori hanno chiesto aiuto da due mesi e non hanno ricevuto alcuna risposta, nessun supporto, sono rimasti soli – spiega Baldacci – Noi siamo veramente molto arrabbiati, loro hanno sopportato, aspettato con pazienza, ma dopo la tragedia di Pisa non possiamo fare sconti".

Baldacci parla di "lacrime di coccodrillo", della gestione "superficiale" di questo caso e del risultato fallimentare "della politica delle esternalizzazioni". In pratica non si sa dove collocare un paziente, che non è uno psichiatrico acuto, "perché i privati non lo prendono". "Non mi sono mai trovato in una situazione come questa in venticinque anni che faccio il sindacalista". E il caso delle Oblate è grave, ma non isolato. Le aggressioni si ripetono in parecchie strutture sanitarie. Le più recenti a Careggi dove un paziente che pretendeva di essere operato ha sminato il caos per tre ore nei reparti di radiologia e chirurgia. "Quello delle aggressioni a medici e personale sanitario è un fenomeno inaccettabile e purtroppo fuori controllo", dice Pietro Dattolo, presidente dell’Ordine dei medici di Firenze.

I numeri danno il quadro della situazione. In Toscana si sfiorano le mille aggressioni all’anno. Su una platea di circa 55 mila dipendenti del servizio sanitario regionale, le aggressioni verbali e fisiche rappresentano una percentuale preoccupante. "Nel 2021, secondo l’Osservatorio regionale, si sono registrate oltre 800 aggressioni e la nostra sensazione è che oggi siano vicine a mille all’anno – dice Dattolo – A percorsi di prevenzione e denuncia puntuale si deve accompagnare una svolta culturale: il diritto alla cura deve accompagnarsi al rispetto per il lavoro e la dignità dei professionisti. Il percorso da compiere per tutelarli è ancora lungo".