MONICA PIERACCINI
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Cronaca

Vermicino, quarant'anni fa la tragedia di Alfredino che scosse l'Italia

Era il 10 giugno 1981: Alfredino Rampi, sei anni, cade in un pozzo artesiano. La tv trasmette in diretta i tentativi di salvataggio. Il suo corpo viene recuperato un mese dopo

L'allora presidente della Repubblica Pertini sul luogo dell'incidente di Vermicino

L'allora presidente della Repubblica Pertini sul luogo dell'incidente di Vermicino

Roma 10 giugno 2021 – Sono passati quarant'anni dalla tragedia di Vermicino, che segnò la nascita della tv del dolore, ma anche della protezione civile. La sera del 10 giugno 1981 un bambino di 6 anni, Alfredo Rampi, detto Alfredino, cadde dentro uno stretto e profondo pozzo artesiano a Vermicino, alle porte di Roma. Fu l'inizio della tragedia seguita da 21 milioni di italiani, che restarono incollati alla televisione per tre giorni. La troupe di Rai 2 seguì l'evento in una diretta di 18 ore, che poi verrà trasmessa a reti unificate. Cadono i tabù, è la spettacolarizzazione del dolore.

Ma la tragedia segnò anche la nascita della protezione civile, una nuova organizzazione in grado di gestire le situazioni di emergenza, sollecitata dal presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che si recò sul luogo della tragedia, attorno alle 16.30, e si trattenne fino alle 7 di mattina del giorno dopo. Il presidente si fece dare il microfono per parlare con il bambino, inizialmente bloccato, almeno secondo le stime, a 36 metri di profondità del pozzo.

Come era finito lì? Il 10 giugno Federico Rampi, il padre, insieme a due suoi amici, ed Alfredino stavano passeggiando nella campagna. Attorno alle 19.20 Alfredino chiede e ottiene dal padre di tornare a casa da solo. Ma non ci arriva mai. Scattano le ricerche, prima dei genitori, poi vengono allertate le forze dell'ordine. E' la nonna per prima ad ipotizzare che il nipote potesse essere finito in un pozzo scavato di recente in un terreno dove si stava costruendo una nuova abitazione. Fu il brigadiere Giorgio Serranti a ispezionare il pozzo e a sentire i lamenti di Alfredino.

Iniziano i tentativi per tirarlo fuori. I soccorritori calano una lampada, poi partono con le operazioni che si rivelano subito molto difficili perché l'imboccatura del pozzo è larga solo 28 centimetri: una persona non ci può passare. Il primo tentativo viene fatto facendo calare una tavoletta legata a delle corde, ma s'incastra a 24 metri di profondità. Dai tecnici Rai viene calata un'elettrosonda a filo, per consentire di comunicare con il bambino.

L'11 giugno arrivano gli speleologi del Soccorso alpino e si provano a calare. Due i tentativi, ma non riescono nemmeno ad arrivare alla tavoletta incastrata. Intanto, si pensa ad un'altra soluzione, ovvero perforare il terreno per realizzare un pozzo parallelo, ma purtroppo uno strato di roccia blocca il tentativo. Arriva un'altra perforatrice, iniziano i primi servizi Rai. E' nel pomeriggio dell'11 giugno che parte la diretta.

Sul posto arrivano curiosi, circa 10mila persone, venditori di cibo e bevande. Vanno avanti i tentativi di perforare il terreno, Alfredino chiede da bere, si cala Isidoro Mirabella, 'l'Uomo Ragno', che riesce a parlargli. Ma il tempo passa, le condizioni del bambino peggiorano. Alle 16.30 del 12 giugno arriva il presidente Pertini. Alcuni volontari provano a calarsi, lo speleologo Claudio Aprile, il tipografo d'origine sarda Angelo Licheri, il più vicino a salvarlo. Riesce infatti ad avvicinarsi ad Alfredino e tenta per tre volte di allacciargli l'imbracatura, ma invano. Tenta di afferrarlo per le braccia, ma gli rompe involontariamente il polso sinistro. il bambino scivola ancora più in profondità.

Dopo Licheri si calano nani, esperti di pozzi, un contorsionista, chiamato 'Denis Rock'. Diversi i tentativi effettuati dallo speleologo Donato Caruso. Ma niente da fare. Il 13 giugno Alfredino, finito a 55 metri di profondità, cessa di vivere. Il cadavere viene recuperato l'11 luglio, 28 giorni dopo la sua morte.