Firenze, 11 novembre 2023 – Erasmo D’Angelis, da capo della struttura di missione Italiasicura, e poi da Autorità del bacino del Tevere, esperto di acqua e rischio idrogeologico, cosa ha pensato quando ha visto quel disastro in Toscana?
“A Leonardo, che conoscendo le dinamiche dell’Arno e sapendo che la piana era un antico lago, mezzo secolo fa già ammoniva così: “Il fiume che s’ha a piegare da uno in altro luogo deve essere lusingato e non con violenza aspreggiato”. Siamo una penisola avamposto nel Mediterraneo degli effetti peggiori del clima cambiato, con territori fin troppi cementificati per poter essere difesi, e difese che non bastano più perché immaginate per altre fasi climatiche e per i tempi di Cavour”.
Molte le aree ad alto rischio lungo i fiumi e i torrenti, altrettante a rischio frane nelle aree pedemontane, si vede bene dalle mappe dell'Autorità di bacino. Disastro annunciato?
"Disastro prevedibile. Siamo una Regione costruita su terreni umidi e sull’acqua, abbiamo oltre 5.000 sorgenti, 70 grandi falde sotterranee, 43 laghi e 16.248 laghetti, 49 fiumi e ben 642 torrenti e corsi minori che fanno scorrere 60.000 km di vie d’acqua torrentizie. E qui piove tanto, più che nel resto d’Europa, siamo sopra i cumulati di aree come Parigi, Londra o Berlino. È un beneficio incredibile avere in media 32 miliardi di metri cubi all’anno di precipitazioni, se non fosse che ormai non c’è più il classico temporale ma ci sono improvvisi cicloni extratropicali e micidiali temporali autorigeneranti ancora difficili da intercettare. E se di fenomeni “esplosivi” fino al Novecento se ne contavano 5 ogni 15 anni, dal Duemila sono un centinaio all’anno, e dal 2022 l'escalation con le catastrofi nelle Marche il 15 settembre 2022, Ischia il 26 novembre 2022, Romagna dal 1 maggio 2023, e la nostra piana dal 3 novembre. Mai vista una sequenza di 4 eventi estremi su vasti territori con 45 morti, centinaia di feriti, decine di migliaia di sfollati, e danni complessivi per oltre 15 miliardi di euro”.
ItaliaSicura aveva lanciato un messaggio chiaro: la politica di prevenzione del territorio è fondamentale. Tutto è stato smantellato. Quanto siamo tornati indietro?
"È tutto fermo da metà 2018, e la chiusura della struttura di missione che creammo nel 2014 con il governo Renzi con 20 tecnici a Palazzo Chigi e 20 strutture regionali collegate, è stata sostituita con il nulla e rincorriamo le emergenze. Ma la verità è che non se esce se maggioranza e opposizioni non siglano su questo fronte una tregua, lasciando la difesa dai rischi fuori dai conflitti politici".
Ci sarebbe bisogno di un piano straordinario nazionale con un coordinamento ad hoc per mettere in atto strategie comuni e fondi speciali?
“Assolutamente sì. Abbiamo lasciato a Palazzo Chigi l’unico piano che c’è, con 11.000 opere e interventi urgenti. Per la Toscana a difesa dalle alluvioni ci sono 265 interventi e 178 per le frane, per oltre un miliardo di euro. Ci sono ancora 2,3 miliardi da investire degli 8,4 che ritagliammo allora. Far ripartire la prevenzione è vitale. E l’Autorità dell’Arno e la Regione hanno mappe molto chiare sia sul livello dei rischi sia sulle opere da realizzare”.
I consorzi di bonifica sono al centro delle polemiche. Specialmente per la gestione del reticolo minore (torrenti e rii). La filiera degli interventi e programmazione è efficiente?
“Troppo facile ora scaricare colpe sui consorzi. Io li difendo, sono oggi l’unico presidio organizzato nella manutenzione e nella riduzione del rischio idrogeologico. E la Toscana è l’unica regione italiana che garantisce manutenzioni costanti per legge, dopodiché si può certo migliorare, stare col fiato sul collo, ma la verità è che la tenuta del nostro fittissimo reticolo di canalizzazioni delle acque è molto condizionata da urbanizzazioni che hanno cancellato antiche scoline e fossi, deviato, strozzato e intombato corsi d’acqua sotto cemento e asfalto, innescando pericoli”.
E' tempo di soccorsi e ricostruzione, ma bisognerà anche capire se, oltre al maltempo record, ci sono state concause, lavori non fatti, fatti male, rimandati oppure non efficaci.
"Sì, serve un'analisi spietata di ciò che non è stato fatto e che va fatto alla svelta, e rimettere mano all’urbanistica, iniziare anche dolorose delocalizzazioni di costruzioni indifendibili. Perché un terzo dei toscani, circa un milione, vive in aree a rischio frane o alluvioni”.
Si è detto che le opere servono e tutelano il territorio. Diga di Bilancino e casse di espansione dell'Arno sono esempi virtuosi. Firenze si è salvata così oppure perché è piovuto poco a monte?
“La traiettoria delle precipitazioni ha puntato stavolta sulla piana e sulla costa. Ma oggi Bilancino e le casse di espansione che finanziammo nel 2015 con 120 milioni, ed erano state previste nel 1970, sono vere difese strutturali, il nostro Mose, e vanno accelerati al massimo tutti i lavori con i tempi dell’emergenza. Sa qual è la cosa più bella di questi giorni tristi? I nuovi angeli del fango, la memoria della solidarietà concreta partita dal 1966 che ritorna sempre e ovunque, e che tuteleremo e valorizzeremo per non ripetere gli stessi errori”.