
L'incontro che portò alla firma della Costituzione degli Stati Uniti
Firenze, 17 settembre 2021 - Correva l’anno 1787 quando, nella celebre State House di Philadelphia, il 17 settembre, veniva firmata la Costituzione degli Stati Uniti. La legge suprema degli Usa, annoverata tra le più antiche costituzioni vigenti, fonte d’ispirazione per testi costituzionali di altre nazioni, di fatto sanciva la nascita della più grande democrazia del mondo.
Ai lavori parteciparono i delegati in rappresentanza delle tredici colonie che, attraverso la Guerra d’Indipendenza, si erano affrancate dal dominio britannico. Tra loro c’erano Benjamin Franklin, Alexander Hamilton e George Washington, che due anni dopo venne eletto primo Presidente degli Stati Uniti d’America. Anche se l’idea comune era quella di dar vita a un governo centrale che avesse una linea unitaria in materia fiscale e nella regolamentazione del commercio, non mancarono discussioni e forti contrasti. Solo dopo una lunga fase di lavori si arrivò alla stesura definitiva del testo, e i firmatari celebrati con l’appellativo di Padri fondatori. Una copia originale dello storico documento è conservata negli Archivi Nazionali di Washington. Recita il preambolo che introduce alla Carta costituzionale: «Noi, popolo degli Stati Uniti, allo scopo di perfezionare ulteriormente la nostra Unione, di garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità all’interno, di provvedere alla comune difesa, di promuovere il benessere generale e di salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione degli Stati Uniti d’America». Il testo entrò in vigore il 4 marzo 1789, mentre nel 1791 furono ratificati i primi dieci emendamenti costituzionali, raccolti sotto il nome di Bill of Rights. Contenevano i diritti fondamentali del cittadino, offrendo protezioni per le libertà, la giustizia e i diritti civili individuali.
La Costituzione americana è stata rivoluzionaria non solo per l’epoca, sancendo un punto fondamentale per la creazione e la preservazione del sistema democratico, cioè la divisione dei poteri. Ma ancora lo è per i nostri giorni. Il 4 luglio 1776, nella Dichiarazione di Indipendenza, è stato infatti espressamente contemplato che: “Tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità”. Per la prima volta nella storia dell’umanità, in America la felicità cessa di essere solo un’aspirazione degli esseri umani, per diventare un vero e proprio diritto. Lo Stato è chiamato a garantirlo e i cittadini a difenderlo da chiunque cerchi di ostacolarlo.
Il principio ispiratore della Dichiarazione, il diritto alla felicità di ogni individuo, fu immaginato da un italiano: il filosofo partenopeo Gaetano Filangieri, che ne scrisse in un carteggio con Benjamin Franklin. Un diritto non ancora formalmente affermato in molti Paesi, neppure ai nostri giorni, laddove in America, già dal 1776, non si limitava alla singola persona, giacchè diretto ad alzare il livello di benessere dell’intera collettività. Essere felici non è uno stato permanente della vita, tuttavia in ogni momento è possibile aspirare alla piena realizzazione e al pieno compimento della personalità di ciascuno. Si può essere felici se ad esempio sussistono le condizioni per esercitare un lavoro dignitoso, costruire e mantenere decorosamente una famiglia, se esiste la concreta possibilità di essere assistiti nelle difficoltà e curati nella malattia. Tutto ciò che contribuisce a rendere migliore la nostra vita in qualche misura è un incentivo alla felicità. Esiste una giornata dedicata, il 20 marzo, istituita nel 2012 dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite partendo dalla consapevolezza che «la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità». Ma quello che avvenne in America nel Settecento, è stato,e rimane, qualcosa di profondamente innovativo. I Padri fondatori degli Stati Uniti, per primi compresero che la Costituzione non è solo la Carta che sta alla base della convivenza civile di un Paese, ma ne esprime l’anima, lo spirito dell’unità nazionale. E l’aver riconosciuto alla felicità lo ‘status’ diritto fondamentale per ciascun cittadino, costituirà per sempre la prima, fondamentale consacrazione laica di un’aspirazione naturale dell’individuo. Base indispensabile per la costruzione di un mondo migliore e, perché no, più felice.
Nasce oggi
Reinhold Messner, nato il 17 settembre 1944 a Bressanone. Alpinista, esploratore, scrittore e politico. È stato autore di importanti scalate alpine e nel 1980 della prima salita in solitaria dell’Everest senza ossigeno. Ha detto: “L’alpinismo porta con sé dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile”.
Maurizio Costanzo