
San Silvestro
Firenze, 31 dicembre 2021 - Il 31 dicembre 335 moriva papa Silvestro, celebrato l’ultimo giorno dell’anno e non a caso. È stato infatti il ‘traghettatore’, sotto il cui pontificato avvenne il passaggio dalla ‘vecchia’ era pagana alla ‘nuova’ cristiana. Grazie anche alla conversione di Costantino, primo imperatore romano cattolico, che in quel periodo governava sull’Impero Romano d’Occidente, ha promosso la costruzione delle prime grandi basiliche, tra cui quella di San Pietro al posto del tempio di Apollo. Sotto il suo pontificato, per la prima volta, i cristiani non vennero più perseguitati: ecco perché San Silvestro, avendo segnato un’era nuova, è colui che porta dal vecchio al nuovo anno.
In realtà simboli e riti pagani sono resistiti fino ad oggi e sono stati assimilati nelle nostre tradizioni. Lo stesso nome del mese Gennaio deriva da Giano, tra le più importanti divinità romane, cosiddetto Bifronte e rappresentato con un doppio volto, in grado di guardare al contempo sia al passato che al futuro. E non solo la festa di Capodanno trae origine dai festeggiamenti in onore di questa divinità, ma anche mangiare l’anguilla ha origine nell’antica Roma, dove era usanza conquistarsi la benevolenza degli dei attraverso il rito dei serpenti. E persino il termine ‘calendario’ ha un’origine latina: deriva da ‘calende’, primo giorno del mese nel calendario romano, “libro di credito, di scadenze” perché gli interessi maturavano all’inizio della mensilità. C’era un’altra usanza nell’antica Roma: in un boschetto sacro alla Dea Strenia, dispensatrice di felicità e fortuna, si era soliti staccare ramoscelli d’alloro, dette ‘strenae’, accompagnati da fichi secchi. Lo scambio propiziatorio delle strenne resiste ancora oggi, anche se anticipato al giorno di Natale.
Ma, di fatto, quand’è che ebbe origine il ‘nostro’ Capodanno? Anticamente cadeva il 1º marzo. È stato Giulio Cesare, nel 46 a .C. introducendo il calendario giuliano, a considerare il 1º gennaio quale primo giorno dell’anno. Tuttavia, ancora nel Medioevo l’anno nuovo non aveva una data unica: in Spagna coincideva col giorno di Natale, mentre in Inghilterra e in Irlanda il capodanno si celebrava il 25 marzo, così come a Pisa e fino al 1750 a Firenze.
Il calendario messo a punto da Giulio Cesare aveva però un problema. È vero che stabilì la lunghezza dell’anno civile in 365 giorni, ripartiti nei 12 mesi che usiamo ancora oggi. È vero che per evitare lo slittamento rispetto alle stagioni, Cesare introdusse un anno di 366 giorni ogni quattro. Il giorno in più era perciò detto bis-sextum (cioè ‘due volte il sesto’) e, da allora, l’anno di 366 giorni si chiama bisestile. Ma in pratica, il calendario giuliano approssimava la lunghezza dell’anno solare a 365 giorni e un quarto. Purtroppo, 365 giorni e un quarto sono più lunghi dei 365,2422 giorni di un effettivo anno solare. La differenza, di soli 11 minuti, si accumulava un po’ alla volta, finché ogni 125 anni l’inizio del calendario giuliano cadeva un giorno dopo rispetto alle stagioni. E così nel Rinascimento la primavera iniziava l’11 marzo, anziché il 21 marzo.
Dopo vari tentativi di altri Papi, Gregorio XIII incaricò alcuni matematici di risolvere il problema. La riforma, applicata nel 1582, diede vita al calendario gregoriano. Gli altri Paesi europei, soprattutto quelli non cattolici, videro nel nuovo calendario la pretesa del Papa di immischiarsi nelle loro faccende religiose. E così fu accolto con grande ritardo ad esempio in Inghilterra nel 1752, in Russia nel 1918 e in Turchia solo nel 1927.
Anche l’usanza delle lenticchie, che ricordano le antiche monete d’oro, ha un’origine latina. Oltre che mangiarle, per Capodanno è tradizione regalarle in un portamonete, con l’auspicio che si possano trasformare in monete vere, così come facevano gli antichi romani in una borsa di cuoio. Un po’ come per le lenticchie, anche gli acini d’uva, nell’antica Roma come oggi, simboleggiando le monete d’oro, rappresentano abbondanza e benessere. E non è un caso che in Spagna è tradizione, allo scoccare della mezzanotte alla Puerta del Sol di Madrid, scambiarsi 12 chicchi d’uva, uno per ogni mese. Altra curiosità: sono stati sempre gli antichi romani a indossare abiti rossi per il Capodanno, con l’augurio di allontanare da sé sangue e guerre. Ai nostri tempi è benaugurante l’intimo rosso, che per essere ‘efficace’ deve però rispettare due regole: non bisogna comprarla ma deve essere regalata, e il primo dell’anno va gettata via.
Come augurio di un anno pieno di prosperità e abbondanza è usanza mangiare lo zampone, e anche la frutta secca, che essendo un alimento a lunga conservazione, è simbolo di lunga vita. Ma quando e da cosa nasce l’usanza di mangiare lo zampone? Esattamente nel 1511 nel corso del lungo assedio alla città di Mirandola da parte delle truppe di Papa Giulio II Della Rovere. Le provviste erano finite e in città erano rimasti solo i maiali per sfamarsi, la cui carne sarebbe però deperita in fretta. A Pico della Mirandola venne allora la geniale idea di infilare la carne più tenera nella zampa dell’animale, così da poterla cuocere anche in seguito. Poco dopo però i mirandolesi capitolarono, e molto probabilmente il primo zampone della storia se lo mangiarono le vittoriose truppe papaline.
Altra curiosità: poiché la Terra impiega 365 giorni e sei ore per compiere un giro intorno al Sole, festeggiare il Capodanno a mezzanotte sarebbe corretto solo negli anni bisestili. Gli altri anni il cambio d’anno scatta solamente alle 6. In ogni caso, occhio alla prima persona che si incontra per strada dopo la mezzanotte: se sarà un anziano, l’anno nuovo promette tante belle sorprese. Viceversa…
Nasce oggi
Giovanni Pascoli nato il 31 dicembre 1885 a San Mauro di Romagna, modificato con Regio Decreto in suo onore in San Mauro Pascoli. Poeta e accademico, figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento, ha detto: “Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detto”.