
Il crollo della scuola e il giorno del funerale
Firenze, 31 ottobre 2021 - Il 31 ottobre del 2002 è stata una giornata di dolore e lacrime per l’Italia intera. Alle 11,30 una scossa di terremoto di magnitudo di 6,0 fece crollare la scuola Jovine a San Giuliano di Puglia, in Molise. Le mamme e i papà lasciarono ogni cosa e accorsero davanti a quella che, in pochi istanti, si era trasformata in una enorme fossa comune. I loro figli erano là sotto, da qualche parte, chissà dove. Aiutarono i Vigili del fuoco a scavare a mani nude, per fare più in fretta. Al momento del crollo, nella scuola ‘Francesco Jovine’, c’erano 62 persone: 56 bambini, 4 insegnanti e 2 bidelle.
Alcuni piccoli alunni vennero estratti vivi. Per altri non c’è stato niente da fare. L’ultima speranza divenne disperazione quando venne estratto l’ultimo dei 27 corpicini esanimi. Con loro ha perso la vita anche la maestra Carmela Ciniglio, 40 anni, sposata, un figlio di 17. Il terremoto che colpì 44 comuni fra Molise e Puglia, provocò anche altre due vittime nel crollo di un’abitazione. Un dramma accaduto 19 anni fa che sembrano 19 giorni. Perché, come ha detto qualcuno nel coro d’indignazione che si sollevò subito dopo la tragedia: «Queste ferite non si rimarginano».
I funerali nel palazzetto dello sport, perché la chiesa era inagibile, con tutte quelle bare bianche, furono strazianti. Le madri e i padri arrivarono presto, si sedettero o rimasero in piedi, col cuore lacerato dal dolore, davanti ai loro piccoli che non c’erano più. Li avevano salutati quella mattina con un bacio, come sempre: non potevano immaginare che non li avrebbero più rivisti. Era stata spazzata via dal crollo una classe intera, quella dei bambini di prima elementare del 1996. Una folla immensa diceva addio agli Angeli di san Giuliano. C’erano le autorità, molti gonfaloni. “Chiedo una sola cosa – disse davanti a tutti Nunziatina Porrazzo, che in quella tragedia aveva perso il figlio Luigi di 7 anni -. Che le nostre scuole siano più sicure. Non voglio che nessuna mamma e nessun papà debbano piangere i propri figli. Non deve più accadere che una mamma mandi il figlio a scuola e non lo veda più tornare”.
I bambini salvati dalle macerie oggi sono diventati dei giovani uomini e delle giovani donne. Destinati però a portare per sempre, come una cicatrice viva, il ricordo di quelle ore passate al buio, a un passo dalla morte. E quello dei propri compagni rimasti bambini per sempre, coi quali non avrebbero più giocato. Morena aveva sei anni, era felice di andare a scuola. Come Luca e Gianmaria, gemelli. Come Antonella, Paolo e tutti gli altri bimbi uccisi quel giorno da una scuola. I loro sorrisi eterni nelle foto sulle lapidi, restano una ferita aperta nel cuore dell’Italia. Riposano nel cimitero del paesino molisano in provincia di Campobasso, spesso freddo, sempre ventoso. È qui che i loro genitori, i loro nonni, i loro fratelli e sorelle, che oramai sono diventati grandi, li vanno a trovare, qualcuna mano nella mano col fidanzato.
Veronica D’Ascenzo, che all’epoca aveva sette anni e rimase sepolta per otto ore sotto le macerie di quell’edificio, sul suo profilo Facebook ha scritto: “Dimentica abbastanza per andare oltre. Ricorda abbastanza perché non succeda un’altra volta”. Si trovava, insieme ad altri compagni, nella classe seconda per via dell’assenza di una maestra. La sua ultima immagine prima del crollo è stato il volto terrorizzato della sua insegnante con le mani sul viso. Finita con la testa sotto un tavolo, riuscì a salvarsi. Nel buio, schiacciata da quelle macerie, tra la polvere e i detriti che le permettevano a stento di respirare, trovò la mano di un’amica che strinse forte, mentre quella, pian piano, diventava sempre più fredda. Venne estratta viva e rivide la luce, mentre per altri suoi compagni, tra cui suo cugino Luigi, non c’è stato nulla da fare. Una ferita indelebile che è diventata testimonianza: oggi che Veronica è diventata maestra elementare, si fa portavoce del diritto e dell’importanza, per i bambini di tutto il mondo, di avere una scuola sicura. Affinchè a nessuno capiti mai più di trovare la morte nel luogo dove s’impara la vita e si costruisce il futuro.
Nasce oggi
Bud Spencer (pseudonimo di Carlo Pedersoli) nato il 31 ottobre 1929 a Santa Lucia, Napoli. Attore, nuotatore, pallanuotista, sceneggiatore e produttore televisivo, molti suoi film, tra cui quelli in coppia con Terence Hill, hanno avuto un successo mondiale. Nel 2010 ha ricevuto il David di Donatello alla carriera. Nel nuoto, il 19 settembre 1950, è stato il primo italiano a scendere sotto il minuto nei 100 metri stile libero. Ha vinto più volte i campionati mondiali di nuoto nello stile libero e nella staffetta. Nel corso degli anni ha sostenuto e finanziato enti di beneficenza. Ha detto: “Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport e quello nel cinema. Il primo è mio e non me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi e che mi ha permesso di fare 120 film”.
Maurizio Costanzo