
Woodstock, il concerto
Firenze, 17 agosto 2021 - Oltre cinquant’anni dopo, da quello che è passato alla storia come il concerto del secolo, resta una spianata silenziosa e solitaria. Dove solo l’immaginazione è in grado di riportare alla mente quei tre giorni pieni zeppi di musica, suonata dal pomeriggio alla mattina successiva, durante i quali una folla colorata di hippie cantava, ballava e si sballava.
Anche se all’epoca i social non esistevano ancora, un fiume di gente mai vista prima, quasi mezzo milione di giovani, si diede appuntamento e si ritrovò nello stesso, attesissimo luogo. Per tre giorni – dal 15 al 17 agosto, con l’appendice non programmata del 18 agosto – ciascuno di loro visse l’illusione di inaugurare un mondo nuovo, all’insegna della pace, dell’amore e della musica. Il concerto che ha fatto la storia, non si svolse però fisicamente a Woodstock, come in origine era stato previsto dagli organizzatori. Per protesta da parte dei residenti, si tenne nella vicina Bethel, cittadina a circa 160 km da New York. Ma nonostante la maggior parte di quel popolo, musicisti compresi, fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, non si verificarono incidenti. Tranne un unico gesto violento che ebbe per protagonista Pete Townshend, notoriamente nemico della cultura hippy, che colpì con la chitarra Abbie Hoffman.
Furono davvero ‘tre giorni di pace e musica rock’, in cui accadde di tutto, anche il parto di un bambino. Le scorte di cibo finirono quasi subito e l’organizzazione andò in tilt. Come viene infatti raccontato dal leggendario documentario di Michael Wadleigh, al quale lavorò un giovanissimo Martin Scorsese, buona parte dello staff era fatta di acido e l’arrivo, del tutto imprevisto, di una folla oceanica di 500mila persone, rese impossibile l’accesso alla zona. L’unico modo per raggiungere la Max Yasgur’s Farm era l’elicottero. Come se non bastasse, ci si mise anche una pioggia torrenziale ad interrompere le performance. Ma non ci sono ostacoli che possono fermare un’immensa, irripetibile festa destinata a fare la storia: e così anche il fango, sia sul palco che tra il pubblico, divenne un’occasione in più per giocare e divertirsi.
La musica, la folla, l’entusiasmo: gli ingredienti sono gli stessi di sempre, eppure quello non fu un concerto qualunque. Perché allora Woodstock è diventato leggenda? Certamente per via delle stelle della storia della musica che calcarono quel palco. Su tutti Jimi Hendrix, che chiuse la tre giorni suonando quando il sole del lunedì era già alto: la sua versione di ‘Star Spangled Banner’, l’inno americano, resta uno dei momenti più alti della storia del rock. Una performance passata alla storia perché fu una forma di protesta contro la cosiddetta ‘gloria americana’ che l’inno rappresenta. Sul piano musicale, alcune delle performance leggendarie furono animate da artisti addirittura al primo disco come Joe Cocker e Santana, che trovarono in quel palco il trampolino di lancio per la loro straordinaria carriera. I Ten Years After di Alvin Lee conobbero proprio grazie a Woodstock il successo mondiale, Richie Havens entrò nel mito con un brano improvvisato, ‘Freedom’, un inno ancora oggi. I Grateful Dead si trovarono ad affrontare una performance funestata da problemi tecnici tanto da rifiutare di concedere i diritti per l’album e il film, Janis Joplin (morirà poco più di un anno dopo) stabilì il suo ruolo di mito del rock al femminile, Sly and The Family Stone erano all’apice della creatività. E poi Joan Baez incinta di sei mesi, Crosby, Stills, Nash & Young, i Creedence Clearwater Revival, The Band. La tre giorni di Woodstock ha segnato il punto più alto del sogno hippy che aveva il suo epicentro dalla parte opposta degli Stati Uniti, sulla West Coast.
Quando, al termine di tutto, smontato il palco e riposta anche l’ultima tiratissima chitarra oramai scordata, il pubblico decise di tornarsene oramai a casa, il campo di fieno di Max Yasgur – che da quel momento divenne il proprietario della fattoria più famosa al mondo - era tutta una distesa di cartacce e spazzatura. Il sogno di un mondo diverso, di pace e d’amore, era durato il tempo di un concerto. Chi ancora oggi si reca sui luoghi di Woodstock, riesce però ancora per un attimo a far parte di quel sogno visitando il museo li vicino, il Bethel Woods Center for the Arts, dove foto, oggetti e video raccontano quei momenti, in cui le più grandi stelle della musica brillarono forte, anche di giorno. Alcune erano destinate a spegnersi per sempre: come Janis Joplin. Come Jimi Hendrix, che morirà un anno dopo. Come quel sogno, affidato oramai solo alla storia e ai ricordi.
Nasce oggi
Mogol, pseudonimo di Giulio Rapetti, è nato il 17 agosto 1936 a Milano. È il più famoso autore italiano di testi di canzoni. Paroliere, produttore discografico e scrittore, nell’arco della sua carriera, costellata di successi e riconoscimenti, così come nel lungo e fortunato sodalizio artistico con Lucio Battisti, è stato autore di testi entrati nella storia della musica. Ha detto: “Poeta non è solo colui che sa comunicare profonde emozioni, ma anche chi è in grado di riceverle”.
Maurizio Costanzo