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Almanacco del giorno: 3 novembre 1924, nasce Alberto Manzi. Il Maestro degli italiani

Dal 1960 al 1968 insegnò a leggere e scrivere attraverso il programma televisivo ‘Non è mai troppo tardi’, permettendo di conseguire la licenza elementare a un milione e mezzo di persone analfabete

Alberto Manzi

Alberto Manzi

Firenze, 3 novembre 2021 - Il termine ‘maestro’ rimanda, almeno nei ricordi d’infanzia, agli anni della scuola elementare. Si usa comunemente anche per indicare i direttori d’orchestra o per rivolgersi ai registi e ai più grandi artisti. In realtà, Maestro non è solo colui che ispira o eccelle. Nella tradizione religiosa ad esempio, Gesù stesso veniva definito tale, non solo per il profondo rispetto che i suoi discepoli nutrivano per la sua superiore autorità di guida. Ma perché, in una civiltà della parola, come quella antica, egli insegnava e da lui imparavano, la dottrina come la morale. “Pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile e il più dolce che un uomo possa dare a un altro uomo’, scriveva Edmondo De Amicis.

“La scelta di un giovane dipende dalla sua inclinazione, ma anche dalla fortuna di incontrare un grande maestro”, scriverà anni dopo Rita Levi-Montalcini. Negli anni ’60 in Italia, questa fortuna preclusa a molti in gioventù, è stata concessa, in vecchiaia, a tutti coloro erano desiderosi di imparare. Alunni dai capelli bianchi di ogni regione d’Italia, da nord a sud, hanno potuto per la prima volta entrare in un’aula scolastica, vera o virtuale. E sedere tra i banchi a cospetto di uno dei Maestri più grandi del nostro Paese: Alberto Manzi. Capace, attraverso le televisioni, di fare delle case e delle cucine, delle città come dei paesi, tutta una grande, immensa scuola. Era il novembre del 1960 quando venne mandato dal suo direttore didattico a fare un provino alla Rai: stavano cercando un maestro per un nuovo programma d’istruzione rivolto agli adulti analfabeti.

Scelto tra i tanti, ad Alberto Manzi venne affidata la conduzione di ‘Non è mai troppo tardi’. La trasmissione attraverso cui, fino al 1968, col solo ausilio di una lavagna e un pennarello, alfabetizzò gli italiani, accompagnando la crescita culturale del Paese. In quel periodo Manzi era un “insegnante distaccato” presso la Rai, come spiegherà lui stesso: “Continuavo a percepire il mio stipendio di maestro elementare. Dalla Rai ricevevo un “rimborso camicia” perché il gessetto nero che usavo per fare i disegni era molto grasso, si attaccava ai polsini della camicia e li rovinava…”.

Grazie a quelle vere e proprie lezioni, seguite in duemila punti d’ascolto organizzati in tutto il Paese, il maestro Manzi insegnò a leggere e scrivere, permettendo di conseguire la licenza elementare a un milione e mezzo di persone analfabete. Quel format televisivo, considerato uno dei più importanti esperimenti di educazione per adulti, occupa un posto speciale nella letteratura pedagogica internazionale. Così come un posto d’onore nella memoria collettiva del nostro Paese spetta al maestro Manzi, autore di ‘Orzowei’ e di innumerevoli pubblicazioni per adulti e ragazzi, che nel 1993 fece anche parte della Commissione per la legge quadro in difesa dei minori. Nel 1994 accettò di candidarsi e venne eletto sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto, completando così il cerchio dell’impegno sociale e civile che, accanto a quello educativo, lo ha sempre caratterizzato: nel carcere come nelle aule scolastiche, in radio e in televisione come nella produzione letteraria.

Alberto Manzi era nato a Roma il 3 novembre 1924, e prima della morte, avvenuta il 4 dicembre 1997, nel corso di una delle sue ultime interviste, ripercorse, come riavvolgendo la pellicola di un film, tutta quella che era stata la sua vita. Dalla prima esperienza, subito dopo la guerra, nel carcere minorile ‘Aristide Gabelli’ di Roma, alla personale battaglia contro i voti, che lo portò otto volte a cospetto del Consiglio di disciplina. Nel ricordare i molti episodi delle sue varie esperienze di educatore, raccontò anche un capitolo meno noto della sua vita: l’esperienza ventennale in Sudamerica dove insegnò a leggere e scrivere a gruppi di Indios analfabeti. Partito alla metà degli anni Cinquanta per studiare le formiche della foresta amazzonica, Manzi era rimasto così colpito dalle condizioni di vita dei ‘nativos’, che per oltre due decenni, ogni estate, si era recato da loro. Con l’aiuto dei missionari salesiani non fece loro solo da insegnante, ma li aiutò anche nel costituire cooperative agricole e piccole attività imprenditoriali. Accusato dalle autorità di essere un ‘papista’ o un ‘guevarista’ collegato ai ribelli, venne però imprigionato e dichiarato “non gradito”. Tuttavia continuò a recarsi clandestinamente in America Latina sino al 1984, per poi essere invitato a collaborare al Piano nazionale di alfabetizzazione dell’Argentina.

Il format televisivo di ‘Non é mai troppo tardi’ aveva infatti scavalcato i confini nazionali, pronto ad essere esportato e riprodotto, oltre che in America latina, anche in altri Paesi. Innovativo sia nello stile di conduzione che nell’impianto organizzativo e nel linguaggio didattico, l’Unesco lo indicò come uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo e lo premiò al congresso internazionale degli organismi radio-televisivi di Tokyo. Eppure Manzi, con l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto, di quella che sarebbe entrata nella storia come la più celebre trasmissione educativa della Rai, dirà: “Non insegnavo a leggere e scrivere: invogliavo la gente a leggere e a scrivere”. Una delle regole non scritte di chi insegna recita infatti: “Non pretendere di essere il maestro di un allievo, ma aspetta che lui ti consideri tale”. Per aver insegnato senza essere mai salito in cattedra, compreso chi era scoraggiato, spronato tutti a dare il meglio di sé, e per aver camminato insieme, e al fianco, dei suoi piccoli e grandi studenti, Alberto Manzi, nella memoria viva di questo Paese, è considerato, e per sempre resterà il ‘Maestro degli italiani’.

Nasce oggi

Pupi Avati nato il 3 novembre 1938 a Bologna. Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore, ha detto: “Nella mia vita, subito dopo i miei genitori metto gli scout. Mi hanno insegnato soprattutto due cose: la prima è che bisogna dare un senso a ogni nostra giornata. La seconda è la sacralità della vita, in un tutt’uno con la sacralità della natura”.

Maurizio Costanzo