MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

Almanacco del giorno, 23 agosto 2006: Natascha Kampusch scappa dalla casa degli orrori

Dopo 8 anni e mezzo di prigionia, la ragazza che era stata rapita quando aveva 10 anni, fugge dal suo aguzzino e torna libera. Ecco la sua storia e cosa fa ora Natascha

Natascha Kampusch e la casa dove è stata segregata

Firenze, 23 agosto 2021 - La mattina del 2 marzo 1998, Natascha Kampusch aveva10 anni. Per la prima volta aveva chiesto il permesso di poter andare a scuola da sola, a piedi. Era stata felice quando sua mamma glielo aveva concesso. Stava camminando tranquilla sul marciapiede, nel minuscolo borgo di Strasshof, poco distante da Vienna, quando, lungo il tragitto, si accorse che un uomo accanto a un furgoncino la stava fissando, squadrandola da capo a piedi. È stato un attimo: quell’uomo le si è avvicinato, l’ha coperta con un plaid, portata via con la forza e rinchiusa dentro il furgone. Per Natascha Kampusch, da quel preciso momento, era iniziato un incubo. Che avrebbe potuto essere interrotto solo poche ore dopo, quando gli agenti della Polizia bussarono proprio alla porta della casa del rapitore, Wolfgang Priklopil. Un bambino aveva fatto riferimento a un minivan chiaro, ma il tecnico elettronico si giustificò dicendo che aveva utilizzato quel suo mezzo per i materiali che erano serviti a ristrutturare casa propria. E non ci fu nessuna ispezione.

Di sotto intanto, gettata in uno scantinato, la piccola Natascha Kampusch si dimenava piangendo e urlando con tutte le sue forze: ma il suo straziante grido di aiuto non arrivò oltre quella porta. In un libro Natascha racconterà i dettagli di quel raccapricciante martirio che è stata la sua prigionia. Rimase infatti segregata nel seminterrato di quella casa degli orrori, che all’apparenza si confondeva con le altre tranquille villette unifamiliari nel verde della cittadina austriaca, fino al giorno in cui riuscì a liberarsi, il 23 agosto 2006, otto anni e mezzo dopo. Per tutto quel tempo rimase sequestrata in quella casa, vivendo in condizioni di schiavitù. Vittima di continue violenze, abusi e vessazioni fisiche e psicologiche di ogni genere da parte di quel maniaco. Il libro intitolato '’3.096 giorni’ è appunto l’autobiografia di una bambina che diventa donna senza mai essere stata adolescente. La sua ‘cella’, sigillata con una porta blindata, era uno spazio di 3x4 metri, alto poco più di un metro e mezzo. Un luogo che descriverà con queste parole: “Freddo, umido, disgustoso”. Qui è vissuta per anni non solo nel terrore della violenza, ma anche nella paura di essere abbandonata e di morirvi dimenticata: se il carnefice fosse scomparso, scrive nel libro: “Sarei rimasta sepolta lì come un faraone egiziano”.  A ogni tentativo di liberarsi o di chiamare la polizia seguivano pestaggi brutali e tentativi di strozzarla. Priklopil la violentò innumerevoli volte, le fece patire la fame per ridurla senza forze e spegnere ogni tentativo di ribellione, e le cambiò persino il nome per privarla della sua identità: e fu così che, in quel lager, Natascha divenne Bibiana. Un fatto, questo, che però l’ha aiutata a sopravvivere: la ragazza non faceva che ripetere a se stessa che abusi, vessazioni, e tutte quelle continue cose orrende che subiva quotidianamente, non stavano capitando a lei, ma a Bibiana.

Sono stati otto anni e mezzo di torture, un incubo che non finiva mai: il suo aguzzino la picchiava fino a 200 volte la settimana, dormiva ammanettato a lei e l’aveva anche costretta a radersi la testa e fare le pulizie di casa seminuda. La costringeva a lunghi digiuni, non solo per privarla delle forze, in modo tale che non potesse opporre resistenza alle sevizie, ma anche per far sì che incarnasse il modello femminile che lo attraeva di più. Priklopil era inoltre maniaco dell’igiene: le volte che permetteva alla ragazza, solitamente tenuta nascosta e al buio con un ventilatore sempre acceso, di uscire dal bunker, era solo per fare le pulizie di casa. Le aveva assolutamente vietato persino di piangere, perchè non voleva sporcasse le mattonelle. Una vera ossessione che la giovane conosceva bene, al punto che, quando Natascha ebbe le prime mestruazioni, fu assalita dal terrore che potesse fare delle macchie, ed essere per questo brutalmente picchiata. Il suo carnefice voleva sentirsi onnipotente, le dava ordini col megafono intimandole di ‘obbedire’ e aveva preteso anche che lo chiamasse ‘maestro’ o ‘padrone’. Dopo anni di torture, certo della sudditanza psicologica, l’aguzzino incominciò a concedere a Natascha qualche ‘libertà’ in più: le permise di lasciare il rifugio per dormire nel letto con lui, di leggere il giornale, di fare qualche gita insieme e persino di uscire in giardino, ma sempre sotto stretta sorveglianza.

E fu proprio grazie a una delle uscite per le pulizie, il 23 agosto 2006, che quella drammatica prigionia ha potuto finalmente avere fine. Priklopil quel giorno aveva affidato alla ragazza il compito di pulirgli l’auto in giardino. Ma mentre Natascha era all’opera, ecco che al suo carnefice squillò il cellulare e rispose. Approfittando di quell’unico attimo di distrazione, Natascha, che ormai ha 18 anni, coglie l’occasione al balzo, apre il cancello e si mette a correre fino al giardino più vicino. “Scappai tanto velocemente quanto i piedi mi consentivano”, ricorderà di quei momenti la ragazza. Nel preciso istante in cui fermò e chiese aiuto a uno sconosciuto dicendo: “Sono Natascha Kampusch”, l’incantesimo si spezzò e quell’incubo infernale finalmente ebbe termine. Wolfgang Priklopil sapeva di avere le ore contate e si suicidò lo stesso giorno della fuga della ragazza. Natascha porterà sempre con sé il trauma di quell’esperienza terrificante. Ma ora è una donna di 33 anni che guarda con ottimismo al futuro e ha recentemente affermato di non soffrire più per le conseguenze della sua prigionia. E dopo tanta sofferenza, è tornata a vivere il suo presente fatto di libertà, normalità e anche di bellezza: è diventata infatti una disegnatrice di gioielli.

Nasce oggi

Alex Britti, nato il 23 agosto 1968 a Roma. Cantautore e chitarrista, la sua è una carriera costellata di successi. Ha detto: “Il concerto per me è una festa della musica. Sul palco c’è tanta musica, tanta chitarra. C’è qualcosa in più. Un po’ di blues, jazz e un po’ di improvvisazione”.