MAILA PAPI
Cronaca

L’altoforno, storia di una città. Tutta Piombino si mobilita per non far abbattere un simbolo della sua memoria

Il vecchio Afo4 con la sua torre di 98 metri, spento nel 2016, dovrebbe essere smantellato. Ma parte la mobilitazione popolare, guidata dal regista Virzì: "E’ archeologia industriale"

L'altoforno di Piombino (Foto Ansa)

L'altoforno di Piombino (Foto Ansa)

Piombino (Livorno), 4 febbraio 2024 – Altoforni e carbon coke: per più di un secolo la vita di Piombino è stata scandita dalle fumate delle colate di ghisa e dallo spolverino dei carbonili. Ma ora, nell’epoca dell’acciaio green e della riduzione delle emissioni, è il forno elettrico a trasformare rottame di ferro e preridotto in nuovo materiale da costruzione per l’industria meccanica e per le rotaie dei treni. Così il vecchio Afo4, l’altoforno numero 4 delle Acciaierie di Piombino costruito nel 1976 e attivo fino al 2014, è nel programma degli impianti da smantellare.

Ma in città ci si chiede se non sia il caso di preservare un pezzo di memoria collettiva, una torre che con i suoi 98 metri di altezza, ormai fa parte dello skyline del territorio. E la petizione on line per salvare l’altoforno, lanciata da un gruppo di persone del Pd e anche altri, ha già raggiunto centinaia di firme. Negli ultimi giorni ha sottoscritto l’appello anche il regista livornese Paolo Virzì. Nel 1994, nella fase della privatizzazione delle acciaierie di Piombino, Virzì realizzò in città il suo film ’La bella vita’ che raccontava appunto il passaggio da Piombino città operaia a città del turismo. E alla fine un operaio in cassa integrazione lasciava l’Acciaierie e apriva uno stabilimento balneare. Il film ottenne numerosi riconoscimenti e contribuì a gettare luce sulla condizione di Piombino nella crisi siderurgica e sull’identità industriale e operaia, in rapido mutamento, della città e del territorio. A trent’anni di distanza le cose sono cambiate e l’altoforno se da una parte evoca un passato ormai non riproponibile, suscita al contempo u a sorta di nostalgia.

"Le adesioni – spiegano i promotori della petizione – stanno arrivando da tutta Italia, dall’Europa e dall’America. Una partecipazione dall’estero inaspettata che porta inevitabilmente a riflettere sulle potenzialità della nostra città e del suo patrimonio industriale. Una città caratterizzata dalla storia plurimillenaria di lavorazione del ferro, dall’età medievale quando Piombino fu libero Comune e poi divenne capitale di uno stato autonomo, dove ancora oggi testimonianze e segni di quel periodo sono ben visibili: nel centro storico dell’antica città e recandosi nei parchi archeologici. Ma allo stesso tempo Piombino è anche la città del Novecento e ciò lo possiamo leggere dal suo sviluppo urbano e dal quel monumento industriale che si erge vicino al Cotone, un tempo borgata, dove nacquero i primi dormitori per le maestranze - evidenziano i promotori - l’altoforno n. 4 rappresenta in tutta la sua grandezza un simbolo. Siamo consapevoli che il valore archeologico dell’afo4 non è paragonabile al piccolo gioiello industriale che rappresentava all’afo1, irresponsabilmente demolito nel 2008, ma è proprio da quella sconfitta che abbiamo il dovere di imparare. L’afo4 è l’ultimo altoforno rimasto sul nostro territorio a testimoniare quella specifica lavorazione: il ciclo integrale e può assurgere a diventare il simbolo della Piombino del Novecento: il monumento del lavoro. Ci rivolgiamo ancora alle istituzioni e chiediamo di bloccare e riaprire un confronto prima che sia troppo tardi. Lo dobbiamo alle tante generazioni operaie che hanno vissuto dentro quello stabilimento, lo dobbiamo alla nostra città".

Chi ha lavorato all’altoforno però avverte: i costi per mantenere in sicurezza una struttura di questo tipo sono alti. Non sarà semplice quindi pensare ad un recupero della struttura, per motivi tecnici e soprattutto economici. Diverso invece allestire un museo della siderurgia con macchinari più piccoli e la disponibilità enorme dell’archivio storico delle Acciaierie composto da migliaia di foto e documenti.