ANGELA BALDI
Cronaca

Anni di violenza in famiglia: «C’è il codice rosa ma ancora devo vivere con mio marito»

La storia di Maria (nome di fantasia) cinquantenne aretina che racconta il suo calvario. Madre di una bambina ha denunciato ben sette volte il marito da cui si sta separando

violenza

violenza

Arezzo, 12 dicembre 2024 – “Minacce, botte, denunce, l’attivazione del codice rosa e ancora viviamo sotto lo stesso tetto perché nulla è stato fatto per allontanare di casa mio marito». E’ il racconto di Maria (nome di fantasia) 50enne aretina che porta alla luce la sua vicenda personale fatta di anni di violenza fisica, verbale, economica e psicologica. Molta della quale accaduta davanti alla figlia minorenne, la stessa che ha messo nero su bianco in un tema quello che accade tra le mura domestiche durante i litigi dei genitori. In via di separazione, il matrimonio è stato messo in crisi da anni di soprusi, con Maria finita anche in ospedale. E’ al San Donato che quasi un anno fa è stato attivato il codice rosa. Incubo finito? Macché. Nonostante il referto medico e l’iter burocratico avviato anche in seguito a varie denunce, Maria è ancora costretta a una convivenza e alle minacce dal marito.

Quando sono iniziati i problemi?

«Siano sposati dal 2010 e i problemi sono iniziati poco dopo. Mio marito ha usato da subito la violenza soprattutto verbale, la manipolazione psicologica, ha capito le mie fragilità, cercato di limitarmi affinché non avessi indipendenza economica. Le prime pressioni col fidanzamento. Per lavoro facevo tardi e mi diceva che quel lavoro mi impediva di vederlo. Quando sono stata licenziata mi ha detto di non preoccuparmi che avrei lavorato con lui, ma di fatto me lo ha impedito e mi ha detto di non cercare altri lavori perché il suo mi permetteva di stare a casa».

Nel 2013 è nata vostra figlia, cosa è cambiato?

«All’inizio consideravo il suo modo di fare una forma di protezione ma era un piano per soffocarmi. Litigavamo spesso, lui beveva, smetteva e ricominciava. Ne ho passate tante anche con la bimba molto piccola, ma non riuscivo a pensare di tornare a casa da mia madre lo vedevo come un fallimento e in più avevo una bambina da sostentare».

Quali tipi di violenze ha subito?

«Discussioni continue e violenza fisica. Una volta mi ha morso il viso ma non ho mai fatto nulla. Solo una volta chiamai il 118 quando la bambina era piccola. La polizia arrivò e mi disse che il giorno dopo sarei dovuta andare a fare denuncia. In quell’occasione lasciai perdere, lui minacciava di togliermi la bambina e poi pensavo a come saremmo andate avanti sole e senza lavoro. In passato ho avuto vari traumi tra cui la perdita di mio padre e mio marito minacciava di usare contro di me i passati crolli psicologici».

Quale la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

«Lo scorso 1 aprile ho sporto denuncia ai carabinieri, mi picchiò ed ebbi bisogno del pronto soccorso. Mi morse anche la mano perché avevo preso il suo telefono in cui tra l’altro avevo scoperto la sua seconda vita. Ha avuto una reazione pazzesca, sono scappata in giardino, mi ha rincorsa e picchiata ma col telefono ho chiamato il 112. Era notte e la bambina dormiva quando sono arrivati carabinieri e ambulanza. È scattato il codice rosa».

Quando ha capito che doveva liberarsi da questa relazione?

«A settembre dell’anno prima dopo anni in cui mi ha dato della fallita ho trovato un impiego. Molte litigate nascevano perché gli dicevo che non poteva sostenere la famiglia, spesso ho chiesto aiuti a mia mamma. Col mio nuovo lavoro ho ricominciato a uscire di casa, riacquisito cura di me e trovato un po’ di felicità. L’unico infelice era lui quando uscivo, insinuava che avessi un altro anche davanti alla bambina. Quando ho iniziato a realizzare che una persona che dice di volerti bene non può non essere felice per te, tutto è crollato. Dopo anni di litigi, violenza e ubriachezza, ho cercato un avvocato».

Cosa faceva per controllarla?

«Ho trovato gps sotto la macchina, faceva terra bruciata dei miei affetti. Nemmeno la delega alla nonna per andare a prendere a scuola la bimba ha concesso».

Cosa è cambiato dopo il codice rosa?

«Nulla. È stato lontano quella notte, il giorno dopo è tornato a casa. Mi proposero di andare al Thevenin con mia figlia, ma come facevo? Dovevo andare in ospedale e avrei dovuto farla svegliare da mia madre 80enne e sradicarla dalla sua casa in provincia, da scuola, amici e attività. Lui doveva andarsene di casa non noi. Abbiamo sporto 7 denunce dal 1 aprile scorso, la maggior parte per violenza fisica, una per i gps in macchina».

Perché lo racconta?

«Prima mi sono rivolta agli investigatori di Ombra per avere materiale che provasse la situazione. Col giornale voglio sensibilizzare le istituzioni e velocizzare l’iter, denunciare un immobilismo che non ha senso. E’ l’estrema ratio, dopo questa ci può essere solo un fatto criminoso. Mesi di denunce e la procura non ha fatto nessun accertamento nessun rinvio a giudizio nonostante le prove».

Ha avuto mai paura di finire vittima di femminicidio?

«Quando è in preda ad alcol e rabbia».