Firenze, 17 dicembre 2022 - L’Arno e l’acqua alta, i fiorentini affacciati alle spallette, la paura della piena come un incontrollato riflesso condizionato tutte le volte in cui piove più del solito. Sarà perché i ricordi hanno la loro forza nascosta, sarà perché le opere che dovrebbero ridurre il rischio sono lontane dall’essere completate. E comunque nelle ultime 24 ore in Toscana di acqua ne è caduta parecchia: Pisa e Cascina fra le aree più colpite, Pistoia e la sua Piana mandate in crisi da oltre 110 millimetri di pioggia cumulati a partire da giovedì sera, i livelli dell’Arno in graduale aumento a Firenze dopo che ieri intorno all’ora di pranzo è stato superato il primo livello di guardia, quello dei tre metri di altezza, e già questo è bastato per stendere sulla città un velo di ansia.
"Tutto normale, tutto sotto controllo", rassicura Monia Monni, assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile. "Piene del genere sono normali, meglio abituarsi. Trent’anni fa ci facevano paura, oggi non più". La pensa come lei Gaia Checcucci, segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Appennino settentrionale: "Bando al sensazionalismo, il primo livello di guardia significa poco". Resta il fatto che a Firenze è stato prorogato il codice giallo per il rischio idrogeologico e idraulico sul reticolo minore (Ema, Mugnone, Terzolle) e sul reticolo principale (Arno e Sieve) mentre a Pisa il livello dell’Arno è in aumento, ieri sera è stato aperto lo scolmatore a Pontedera e per stamani nella città della Torre è atteso il picco con portata sopra i 1500 metri cubi al secondo. Povera Toscana, isolata e inaccessibile quando in giorni come questi dalle città ci si sposta in certe zone rurali: una regione in cui, come ricorda un report di Coldiretti, nove residenti su dieci vivono in aree allagabili, dunque a rischio. "Dobbiamo però ricordare che in questa regione ormai da dieci anni vengono investite cifre importanti nella difesa del suolo", dice Monni. "Ogni anno 100 milioni di investimenti in opere e altrettanti nella manutenzione. E circa 500 milioni di investimenti attivi fra opere in progettazione, in corso o appena realizzate".
E’ però altrettanto vero che si era perso talmente tanto tempo nei decenni precedenti che oggi resta ancora un bel tratto di strada da fare per sentirsi al sicuro. D’altra parte i ritardi sulle quattro casse di espansione di Figline e Incisa Valdarno sono evidenti visto che a 13 anni dal progetto definitivo ne è stata completata solo una e che la diga di Levane ancora non c’è. "Solo una volta completato questo sistema complesso potremmo considerare ridotto il rischio alluvione per Firenze", conferma Checcucci, che su questo tema ha già avuto modo di incalzare gli enti interessati. "Oggi il presidente Giani, nel suo ruolo di commissario di governo, ha la possibilità di usare in modo efficace tutti i poteri che la legge gli attribuisce. Questo può aiutare la Toscana ad accelerare sui progetti più importanti".
Accelerare, già. Perché mentre il primo lotto della cassa di espansione Pizziconi, a Figline, è ormai concluso e funzionante, "per quanto riguarda il secondo lotto i lavori sono in corso e finiranno nel corso del 2023", spiega Giovanni Massini, direttore del settore Difesa del suolo della Regione. "Per la cassa di espansione Restone - aggiunge - abbiamo terminato la gara e i lavori partiranno a gennaio. Mentre ora ci attende la gara per il lotto Prulli, con la speranza di vedere partire i lavori a gennaio. Tempi più lunghi per il lotto Leccio, per il quale è in corso la progettazione definitiva e va ancora trovata parte della copertura economica". Tutti lavori con cantieri di almeno tre-quattro anni. Dopo di che scrutare il fiume dalle spallette resterà il solito gesto apotropaico, però forse un filo più spensierato.