San Vincenzo (Livorno), 1 aprile 2025 – Assalto milionario al furgone portavalori: ormai diversi elementi sono chiari del clamoroso colpo avvenuto venerdì nel tardo pomeriggio sulla superstrada a San Vincenzo. Una banda di professionisti, armati con fucili da guerra Aks tipo Kalašnikov, dotati di esplosivo potente per far saltare il blindato e agire velocemente prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. La fuga era stata pianificata, con l’uscita dalla superstrada San Vincenzo Sud da dove il convoglio delle tre auto dei rapinatori si è diviso su strade secondarie. Poi l’abbandono delle vetture e il cambio con auto “pulite“ per sfuggire meglio a eventuali posti di blocco.
La Procura di Livorno ha aperto un fascicolo per rapina aggravata: indagini orientate verso la zona di Nuoro dove negli ultimi tempi agisce una banda specializzata in rapine ai blindati. Ma si può parlare di una pista sarda? E che rapporti ci sono con altri episodi avvenuti in passato? Ne parliamo con Vincenzo Cerrone, per anni dirigente dell’Anticrimine del commissariato di Cecina e ora, in pensione, consigliere comunale delegato alla sicurezza. Cerrone all’inizio degli anni ’90 fece parte della task force delle indagini del piccolo Augusto De Megni in alta Val di Cecina, rapito dall’anonima sequestri sarda.
Senza entrare nei particolari, si può dire se ci sono similitudini con le bande di quell’epoca?
“Sono tipologie diverse. Il fenomeno dei rapimenti era, da un certo punto di vista, possibile in quell’epoca, oggi lo sarebbe molto meno. Poteva contare su una manovalanza anche meno preparata, ma che si trovava già nel territorio e molto fedele. L’assalto a un furgone blindato con le tipologie d’azione viste a San Vincenzo richiede una squadra preparata con tecniche militari. Un gruppo molto efficiente che si muove in sincronia e che in pochi minuti riesce a far saltare un blindato”.

Quindi fare un parallelo con la vecchia anonima sequestri sarda è sbagliato?
“Sì, sono due tipi di organizzazione diversi, non credo ci siano dei legami con il passato. Tutto questo dando per scontato che l’assalto al blindato sia opera di una banda di origini sarde, cosa che per ora rientra nelle possibilità, ma non prenderei come elemento accertato”.
Dai filmati si sentono alcune espressioni in sardo, è così?
“Sì, ma l’organizzazione alla base di un colpo come quello avvenuto a San Vincenzo richiede una preparazione e un addestramento che va oltre la base regionale, il livello è più alto”.
Come si può combattere questo tipo di criminalità?
“Serve un profondo lavoro di intelligence e le nostre forze di polizia sono altamente specializzate per svolgerle a dovere. Tuttavia bisogna dire che la riduzione degli investimenti in sicurezza degli ultimi anni non aiuta questo tipo di attività complesse . Un conto sono le pattuglie in strada e i controlli ’visibili’ che vanno benissimo. ma serve anche un lavoro ’nascosto’ con personale in borghese, auto civetta, e altro per prevenire azioni di questo tipo”.
La gente si è molto spaventata per questo assalto, dobbiamo temere nuovi episodi?
“Il colpo è riuscito, quindi è probabile che prima o poi tornarenno in azione in altri luoghi. E questa volta è andata bene perché a parte lo spavento e i danni materiali, non ci sono stati feriti o vittime. Queste persone hanno armi da guerra potenti, basta che qualcosa vada storto e può accadere di tutto. Non dobbiamo farci prendere dal panico,essere consapevoli del pericolo, ma avere fiducia nel lavoro che stanno svolgendo le nostre forze dell’ordine e aprire, semmai, un dibattito politico per chiedere maggiori investimenti in sicurezza.
Luca Filippi