Arezzo, 6 marzo 2022 - Dodici euro nell’ultimo anno, ventidue negli ultimi cinque. Il prezzo dell’oro, dopo l’attacco di Putin all’Ucraina, ha subìto un’impennata mai vista, attutita solo da un piccolo rimbalzo tecnico per la speculazione finanziaria. Un grammo di metallo giallo oggi costa oltre 58 euro: oltre 5 euro in più rispetto a una settimana fa quando non era ancora iniziata l’offensiva russa. Nella primavera scorsa bastavano 46 euro, nel 2017 appena 36. Situazione sulla quale incide anche l’estrema debolezza dell’euro rispetto al dollaro e che mette in apprensione le oltre 1200 aziende orafe della provincia di Arezzo.
"Il clima di incertezza è il nostro peggior alleato – sospira Luca Benvenuti, amministratore delegato di Unoaerre, il colosso dell’oreficeria aretina che produce circa il 75% delle fedi nel nostro Paese – in uno scenario in cui tutte le materie prime e le bollette energetiche sono aumentate e incidono sulle materie prime".
«In situazioni come questa c’è da fare una cosa sola: mantenere la calma – continua Benvenuti –, muoversi con prudenza e fare operazioni di copertura. Ci potrebbe essere un raffreddamento degli ordini ma gli imprenditori sanno che serve fiducia per andare avanti".
L’oro è il più tradizionale dei beni rifugio in tempi di incertezza e la Russia è il terzo produttore al mondo anche se i rapporti con il comparto aretino risultano abbastanza limitati. "Dopo 35 anni di lavoro, per la prima volta nel 2021 abbiamo avuto problemi nel reperire materie prime – spiega Ivana Ciabatti, amministratrice delegata di Italpreziosi, uno dei principali operatori nell’affinazione, trading e commercio di oro –. A fronte di una forte domanda in Italia del settore oreficeria, gioielleria e argenteria, per il quale il 2021 è stato un anno positivo, abbiamo trovato molte difficoltà di approvvigionamento, sia di oro che di argento".
«Le cause di questa situazione sono diverse – continua Ciabatti – congiunturali, strutturali, geopolitiche e speculative. Naturalmente il fattore scatenante è stato il Covid, che ha portato a una riduzione, se non al blocco della produzione".
Giordana Giordini, presidente degli orafi di Confindustria Arezzo sposta l’attenzione sui costi di produzione: "Il prezzo alto non ci spaventa se si assesta e non oscilla troppo – assicura – l’oro è visto come bene rifugio nei mercati in cui il settore orafo aretino lavora con più frequenza. Per un’azienda di dimensioni medio-grandi i costi delle bollette crescono di almeno il 40%. Non basta: ci sono poi i trasporti che in un comparto come il nostro votato all’esportazione incidono in maniera altrettanto importante. Se la situazione non si stabilizza, è un vero dramma".