Lido di Camaiore (Lucca), 6 settembre 2024 – La bozza presentata dal governo Meloni è bocciata quasi in toto dalle categorie economiche. A partire dal Sib, il sindacato dei balneari che aderisce a Confcommercio, e dalla Fiba (Confesercenti). «Il provvedimento non ci soddisfa – spiegano i referenti Antonio Capacchione e Maurizio Rustignoli – perché prevede la messa a gara delle aziende. Serve invece una riforma organica che le salvaguardi, dal momento che sono il frutto dell’attività e del sacrificio di migliaia di famiglie e onesti lavoratori che hanno costruito un modello di balneazione efficiente e di qualità, un successo che tutto il mondo ci invidia.
Continueremo a batterci a tutela dei diritti degli operatori e per evitare che questo modello sia distrutto o snaturato». Pure la Cna Balneari evidenzia «più ombre che luci»: «Non va bene che sia prevista per gli attuali concessionari solo la remunerazione degli investimenti ancora da ammortizzare – si legge in una nota – senza prevedere nulla per gli investimenti effettuati nel corso di una intera vita imprenditoriale, limitandosi a un riconoscimento solo per l’ultimo quinquennio».
Tra i balneari solo Unimpresa mette l’accento sulla proroga delle concessioni al 2027: «Rappresenta un fatto positivo – commenta la presidente Giovanna Ferrara – e certamente dà respiro agli operatori turistici del mare in una fase ancora critica per la congiuntura economica. Altri tre anni sono un tempo congruo per pianificare il futuro, analizzare gli aspetti finanziari e valutare gli investimenti per partecipare ai bandi per le nuove concessioni». La balneazione non è un comparto stagno e tutto nel turismo si tiene. Motivo per cui anche Federalberghi e Faita Federcamping chiedono soluzioni alternative a una proroga triennale che «non è di per sé sufficiente a risolvere i problemi».
“Dal governo Meloni abbiamo avuto soltanto promesse non mantenute”. È arrabbiatissimo il presidente dei balneari di Lido di Camaiore Marco Daddio, all’indomani della presentazione della bozza da parte dell’esecutivo che prevede la proroga delle concessioni per altri tre anni e indennizzi calcolati in base agli investimenti degli ultimi cinque anni. “Incazzato”, dice, per quello che identifica come “un esproprio proletario”.
Il nodo centrale è quello degli indennizzi. “È una presa in giro – commenta Daddio – perché in questi ultimi cinque anni, proprio per il clima d’incertezza che grava sulla nostra categoria, non sono stati fatti investimenti. Chi subentrerà dopo di noi, si troverà in mano a costo zero piscine, casette, ristoranti e bar che sono stati costruiti da noi, mettendoci soldi di tasca propria”. A spanne, secondo il presidente dei balneari di Lido, “in Versilia, ogni stabilimento balneare ha beni immobili per circa un milione di euro. Basta moltiplicarlo per tutti gli stabilimenti esistenti: sono centinaia di miliioni di euro di investimenti già sostenuti che andranno in fumo. Non è giusto; è una cosa contraria a ogni logica”.
Anche l’altro tema messo sul tavolo dal governo, quello delle proroghe al 2027, viene accolto con una certa freddezza dalla categoria. E i motivi sono presto detti: “Saranno altri tre anni di incertezza, nel corso dei quali non saranno fatti per ovvi motivi investimenti destinati a migliorare l’offerta turistica”. Con il rischio, paventato dal presidente di categoria, di non riuscire a tenere il passo con i concorrenti esteri, perdendo fette importanti di mercato. Insomma: un danno non soltanto per la categoria che attualmente gestisce gli stabilimenti, ma il comparto balneare tout court, e dunque con ripercussioni anche sugli altri settori che campano di turismo.
In quest’ottica, il magro indennizzo che la bozza presentata dal governo Meloni punta a riconoscere ai balneari uscenti non induce la categoria a fare i salti di gioia. “L’indennizzo è pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione – entra nel dettaglio Daddio –, compresi gli investimenti effettuati in conseguenza a eventi calamitosi, debitamente dichiarati dalle autorità competenti o in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto di aiuti o sovvenzioni pubbliche, e pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni”.
Ma proprio per la spada di Damocle che da anni pende sulle teste dei concessionari, solo pochi audaci in questi anni hanno investito, al di là dell’ordinaria manutenzione degli stabilimenti. E così, i balneari rischiano di perdere la concessione e le proprietà costruite sui terreni per un tozzo di pane. “Speriamo che la bozza venga modificata...”, chiude Daddio. Che di speranza, in questi anni, ne ha riposta parecchia. Ma la fiamma arde sempre più flebile.
Daniele Mannocchi