La Spezia, 5 febbraio 2024 – Ci sarà il ministro Tajani, oggi alla Spezia. Quando dalla pancia – o forse dal cuore – della nave Vulcano usciranno venti bambini palestinesi bisognosi di cure, con i loro accompagnatori. In tutto una sessantina di persone. Vite spezzate nell’anima e nel fisico. Quando non portate via del tutto dalle bombe e dalle case piovute in testa, rifugi della sicurezza trasformati in pericolose prigioni.
Ha un significato la presenza del ministro degli Esteri sulla banchina del porto ligure. Vuol significare che l’Italia non è partigiana nel conflitto israelo-palestinese, ma sostiene la soluzione due popoli e una sola terra, quindi due stati per convivere pacificamente. Per arrivare a quell’obiettivo, per ora si assiste a un massacro.
Antonio Tajani alle 7,45 sarà alla Spezia, accompagnato dal comandante in capo della squadra navale, ammiraglio di squadra Aurelio de Carolis, quale rappresentante del ministero della Difesa. Com’era stato in prima fila a Ciampino il 29 gennaio per l’arrivo con il volo dell’Aeronautica militare dei primi bambini feriti poi trasferiti negli ospedali pediatrici del nostro Paese, al Meyer in testa.
Si tratta dell’ultimo passo della missione della Vulcano, che era che per oltre due mesi è stata ormeggiata nel porto egiziano di Al Arish, accogliendo e curando bambini palestinesi feriti e in fuga da Gaza. Nell’ospedale galleggiante ormeggiato nello scalo nel nord della penisola del Sinai, l’equipe medica ha assistito e curato oltre ottanta persone: in prima linea non solo medici militari, ma anche professionisti messi a disposizione dai principali ospedali pediatrici italiani, dalla Fondazione Francesca Rava, e da medici inviati dal Qatar. L’impegno umanitario per Nave Vulcano probabilmente non si esaurirà oggi, il governo potrebbe impegnarla nuovamente per garantire un secondo ponte aereo con Il Cairo e Al Arish per portare in Italia altri bambini palestinesi feriti. Mentre è destinato a durare a lungo l’impegno italiano in Medio Oriente: pochi giorni fa, proprio dalla base navale della Spezia, è partito il Caio Duilio, cacciatorpediniere lanciamissili che sarà impegnato nel Mar Rosso per difendere i traffici marittimi dagli attacchi delle milizie Houthi.
La Croce Rossa preparerà il gruppo per il Meyer di Firenze e per gli altri ospedali: il Gaslini di Genova, il Rizzoli di Bologna, il Buzzi e il Pini di Milano.
Il bambino più piccolo ha dieci mesi: arriva con la mamma, accompagnatrice del figlio di tre anni. Storie diffcili se non impossibili da accettare. Il piccino ha perso l’uso delle gambe per l’esplosione di una vertebra con risentimento midollare: in chirurgia proveranno a farlo camminare di nuovo. Aveva imparato da poco, anche a correre. Indirizzato alla neurologia c’è un bambino di cinque anni; altri due hanno problemi epatici e esiti di trauma cranico.
Al Meyer sono già in cura, in uno spazio loro dedicato, i tre bambini arrivati una settimana fa. Sono confusi, parlano poco. Anche con la mediatrice culturale. Pensano ai fratelli che sono rimasti a Gaza. Sperano in un ricongiungimento che non si sa se potrà esserci. La mamma dei due ragazzi di 10 e 16 anni aveva un ascesso polmonare, il chirurgo non ha potuto procedere, ha preteso che fosse una donna a farlo. Intorno al letto un paravento. La cultura, le tradizioni, la religione restano forti anche nella sofferenza. E la missione cuore va avanti.