SARA MINCIARONI
Cronaca

Bambino ucciso, l'audio dell'orrore: "Lo ha raccontato al telefono a un conoscente"

Il papà del piccolo Alex: "L’audio di Katalin è stato già consegnato alla polizia"

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Città della Pieve (Perugia), 6 ottobre 2021 - "Ho ucciso mio figlio". Esisterebbe questo file audio in Ungheria, la registrazione di una telefonata tra la mamma accusata dell’omicidio del piccolo Alex e un suo conoscente. Un file che lascerebbe pochi dubbi. "Ha confessato, è stata lei" - racconta il padre del piccolo, Norbert Juhász, a La Nazione. L’uomo stravolto dal dolore, spiega che "esiste la registrazione della sua confessione (della donna ndr), fatta a un comune conoscente per telefono. Qualcuno che lei ha chiamato e che poi sconvolto ha avvisato subito la polizia e anche me. L’audio è stato già consegnato alla polizia ungherese".

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Una vicenda straziante scandita da tracciamenti telefonici, messaggi, telefonata e foto agghiaccianti inviate dal telefono di Katalin Bradacs, la 44enne ballerina ora in carcere: un traffico che adesso è passato al setaccio dagli investigatori italiani coordinati dalla Procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone. "Io e Katalin ci siamo sentiti per telefono alle 12.46, l’ho chiamata per convincerla a portarmi Alex – racconta il padre a cui le autorità avevano affidato il bambino il 23 settembre –. In sottofondo ho sentito per l’ultima volta la voce di mio figlio. Diceva qualcosa del suo peluche e voleva dargli da bere, era un coniglietto. Non avrei mai pensato che sarebbe stata l’ultima volta che lo sentivo".

Ora Norbert in Ungheria aspetta solo che le autorità gli comunichino quando potrà riavere il corpo di suo figlio, «ora voglio solo riportalo a casa» dice, raccontando di aver avuto contatti con la ex compagna appena poche ore prima del delitto. Nell’ordinanza di convalida del fermo il gip Angela Avila ricostruisce tutti gli ultimi spostamenti della donna: Intorno alle 8 quella mattina i carabinieri la vedono a spasso con il bambino sul passeggino e la rivedono alle 10.45 ancora in strada col passeggino (non passa inosservata perché il giorno prima l’hanno fermata e trovata in possesso di un coltello che le hanno sequestrato). Alle 10.50 da Chiusi è arrivata a Po’Bandino dove la intercettano le telecamere. Alle 11.30 viene ripresa mentre porta il passeggino all’inizio di un campo, solleva Alex dal passeggino e tenendolo in braccio attraversa il campo erboso, fino al casolare fatiscente dove gli investigatori ritengono sia stato commesso il delitto. Soltanto alle 15 un uomo del posto nota Katalin mentre esce dal casolare con il bambino in braccio urlando «è morto, morto». E’ a questo punto che lui le chiede «è suo figlio?». E lei risponde di no. Da qui la cronaca agghiacciante raccontata nelle ore successive, dal bimbo ormai privo di vita deposto sul nastro trasportatore della cassa al Lidl. E una serie di versioni da parte della donna che non hanno mai convinto gli inquirenti.