Arezzo, 22 maggio 2023 – «Se prende dodici bicchieri glieli diamo a 5 euro». Una signora non ci pensa due volte e infila il servito nella busta. «Uno, due, tre»: il volontario del Calcit li conta uno ad uno. E’ il mercatino del cuore ma con le radici piantate nel mondo del commercio: e lì i numeri contano.
Sì, l’idea lanciata da un negoziante con i fiocchi come Gianfranco Barulli non conosce ruggine. Sfida perfino il meteo, con il sorriso sereno del suo successore, quel Giancarlo Sassoli che riesce a portare il mercatino fuori dal porto. Pioggia al 50%? No, i vari «Bernacca» fanno cilecca
e il Calcit vola.
Non piove all’apertura delle 8, quando i banchi si compongono in una via Spinello chiusa a festa. Non piove alle 14, quando le gavette per niente di ghiaccio regalano il pranzo ai volontari. E non piove neanche alle 17,
l’ora più critica. Qualche goccia thrilling, di quelle che sembrano annunciare tempesta. E poi avanti fino al traguardo.
Il mercatino no-stop fino alle 19 si regala una giornata piena di
piccoli affari. E un incasso di quelli che alla vigilia avrebbero alimentato le battute. Secondo le stime, quasi sempre esatte per chi sa leggere il volume delle monetine, siamo oltre i quarantamila euro. E chissà che nella terra di mezzo verso i cinquantamila la somma non arrivi a ridosso di quella 2022, i 56 mila che erano l’obiettivo dichiarato.
I bicchieri ci mettono del loro: sia per far salire l’incasso che per brindare ad un successo inaspettato. I pionieri sono il sale della primavera Calcit. «Sa da quando sono ai mercatini? Dal maggio 1978». Cioè dall’inizio:
ed è l’orgoglio che la maestra Graziella Carnesciali si mette
giustamente all’occhiello. «Una volta venivo con la mia scuola,
la Gamurrini: poi ho trovato altri compagni di viaggio». Una è lì ad un passo, l’ha accolta sui banchi che da sempre chiudono il percorso, quasi
all’incrocio con via Crispi. «Nel maggio del 1978 ero con gli altri
in piazza San Jacopo: il mio banchino era davanti all’Upim».
L’Upim non c’è più, lei sì. Si chiama Giovanna Bracci e sventola con orgoglio il cognome del padre Otello, tra i protagonisti di questa cavalcata di 45 anni. «Quell’anno raccolsi 36.500 lire». Ecco la storia che ti viene incontro, in un incrocio di monete, destini, epoche diverse. Un mercatino trasformato. «Per anni i negozi con i loro pezzi ne sono stati l’anima, ora la risorsa principale sono le soffitte». Dalle quali scendono cose vecchie e cose nuove, come quelle che Kipling racconta nei suoi romanzi. Il banco storicodei libri in arrivo anche dagli archivi è una vetrina dell’Arezzo
migliore: sarebbe da farlo viaggiare sotto le insegne della Fondazione Intour, tanti sono i tesori che nasconde. E i libri saltano
fuori dappertutto.
Un rimorchio si apre mostrando una biblioteca in movimento. E
le mura dell’Eden somigliano ad una libreria a cielo aperto. Ma non ci sono solo i libri: chi vende i bicchieri incrocia sul banco clown, ceri da chiesa, thriller di Grisham. Le artiste dei ferri tappezzano il mondo di lana. I bambini sono meno dei tempi d’oro, come i banchi, sotto la
quota 250 annunciata alla vigilia. Ma le scuole sono in campo. «Noi veniamo dal Buonarroti»: la scuola dei 1200 studenti di qualche anno fa, ora sono meno ma affollano il banco come una classe. O quelli del Margaritone. Il Professionale sugli scudi a Oro Arezzo riprende la sua posizione ai Bastioni. Vendono i bozzetti fatti dagli studenti. «Sono
piccoli gioielli» dicono con slancio Tiziana e Aurora, le insegnanti al pezzo anche di domenica. E al Calcit brillano, favorite dal sole a sorpresa.