STEFANO BROGIONI
Cronaca

Caso Moro e i misteri di via Fani. Ex br Senzani, esame del dna

Riflettori sul commando, analisi sulle cicche. Anche il pisano Baschieri nel filone di inchiesta

Giovanni Senzani

Giovanni Senzani

Firenze, 17 marzo 2021 - A quarantatré anni di distanza, non ci sono ancora certezze. Neanche su chi c’era, quella mattina del 16 marzo del 1978 in via Fani. Il caso Moro è una ferita, ma anche un’indagine ancora aperta. E potrebbe esserci una "colonna toscana", mai emersa prima, presente a fianco del commando che prelevò il Presidente Moro e trucidò gli agenti della scorta, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Domenico Iozzino. Tra i nuovi ’sospetti’, invitati a donare il proprio profilo genetico, ci sono Giovanni Senzani, fiorentino, professore, noto come l’ideologo delle Brigate Rosse, e il pisano Paolo Baschieri.

Oggi, rispetto a ieri, le tecnologie investigative hanno fatto passi da gigante. Così, la procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal gip, Francesco Patrone, l’autorizzazione a prelevare il dna di una rosa di ex brigatisti. Dna che sarà comparato con quello estratto nel 2016, sui mozziconi di sigaretta rinvenuti nell’abitacolo della Fiat con targa Corpo Diplomatico che servì a bloccare la vettura di Moro in Via Fani, e sui mozziconi repertati nel covo di via Gradoli, la centrale operativa del sequestro.

L’input all’ultima inchiesta sul sequestro del presidente della Democrazia Cristiana arriva dai documenti trasmessi alla procura dalla commissione d’inchiesta. I brigatisti non avevano inizialmente risposto all’"invito". Ora non hanno potuto sottrarsi a un ordine del giudice.

L’ipotesi investigativa è che si potrebbero riscontrare presenze diverse da quelle finora conosciute sulla scena del rapimento e in via Gradoli. Visto che ad esempio su 38 tracce biologiche rinvenute, solo 20 sono state attribuite, e con certezza, al proprietario dell’auto (che era stata rubata dalle Br per usarla nel sequestro) e ai suoi familiari, mentre altri sette profili genetici trovati all’interno dell’abitacolo della Fiat Giardinetta, condotta da Mario Moretti e che la mattina del 16 marzo 1978 bloccò allo stop con via Stresa la Fiat 130 su cui viaggiava lo statista democristiano e l’Alfetta della scorta, sono ancora sconosciuti. In particolare si cerca di dare un volto e un nome alla presenza di un personaggio che si sarebbe trovato accanto a Moretti al momento dell’agguato, e a chi abbia avuto a che fare con la macchina (per rubarla, spostarla, nasconderla) e a chi abbia frequentato la prigione di Moro.