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madonna del conforto
Arezzo, 15 febbraio 2025 – Cammina in punta di piedi sul velo di ghiaccio davanti all’ingresso della Cattedrale. La grandinata di mezzogiorno ha lasciato il segno ma lui non molla: quasi 90 anni, un cappotto pesante, l’appuntamento da rispettare. Ieri e tanto più oggi. È la Madonna del Conforto, la festa delle feste aretine, l’incrocio nel quale confluiscono le due città: quella laica e quella che crede.
Un appuntamentio trasversale. Perché lo rispetta il fedele novantenne ma calamiterà in Duomo mezza città. Dalle trentamila alle cinquantamila persone secondo gli anni, almeno su questo il tempo e quel velo di ghiaccio un po’ pesano. Ma chi non
potrà varcare la grandine si metterà davanti al televisore, per la diretta fiume di Tsd, emittente impegnata in una maratona partita dieci giorni fa, all’inizio della
novena. La seconda del vescovo Andrea, l’ennesima del suo predecessore Riccardo Fontana, ogni sera al suo fianco per la Messa delle 18. E a loro oggi si
unirà anche il cardinale Gualtiero Bassetti: l’immagine della Madonna del Conforto la tiene perfino a Città della Pieve sopra al letto, un legame da sempre fortissimo e che il Covid, dopo giorni di rianimazione e di paura, ha rafforzato. Oggi sarà in Cattedrale, come ogni anno: ad accogliere un «debuttante», Gherardo Gambelli, il nuovo Arcivescovo di Firenze, metropolita ma non ancora cardinale come lui.
Alla Messa solenne delle 10.30, quella degli undici vescovi (tra
cui Stefano Manetti di Fiesole) e dei due cardinali. Oltre Bassetti,
roccioso come la pietra della sua terra ci sarà Ernest Simoni:
97 anni, albanese, rimasto per 18 anni ai lavori forzati, due volte condannato a morte dal regime comunista del suo Paese, ha lavorato perfino nelle fogne di
Scutari. Vive a Firenze ma ogni anno è lì, oltre quel velo di ghiaccio intorno alla Cattedrale, per un giorno anche per lui speciale. Un giorno speciale per tutta
la città. Intorno il servizio d’ordine ormai rodato, che nel pomeriggio divide la coda di chi accede al Duomo per la Messa da chi aspetta la benedizione dalla balaustra della cappella. L’apertura del portone è alle 6, per il primo rito: celebrato come sempre da don Vittorio Gepponi, «abbonato» all’alba. «Tanto chi dorme...», scherza alla vigilia, già a ridosso del Duomo. La porta gira sui cardini per richiudersi solo alla mezzanotte: dopo la Messa solenne celebrata dal vescovo alle 18, dopo
quella affidata a don Franco Agostinelli, dopo la visita del
mondo della Giostra (alle 21.30) e il rituale passaggio dell’Arezzo calcio. E alla fine della Messa che il parroco Alvaro Bardelli si ritaglia alle 23, occasione per
ringraziare le decine di volontari che lo affiancano in una giornata bella ma complessa. A fianco dei fiori che già ieri tempestavano la cappella, ma il grosso è
atteso per oggi. Il bianco è il colore prevalente, in linea con le
margherite che addobbano l’altare. Declinate le grandi fabbriche arrivano i fiori delle piccole imprese, dei negozi, dei quartieri, dei condomini. L’altare rispecchia la devozione ma anche un’economia che negli anni
ha cambiato pelle. Il vescovo aspetta con fiducia anche i giovani. Non lo hanno tradito durante la novena e lui li ha condotti non ad un semplice pellegrinaggio ma in una marcia simbolica nei luoghi di speranza e di dolore: a centinaia davanti al
carcere, alla Pia Casa, al Thevenin, alle mense dei poveri. Dieci
giorni di grande afflusso, dieci giorni di riflessioni condotte dal
priore di Camaldoli Matteo Ferrari, uno degli interpreti più profondi della Parola nella Diocesi. Sempre in serata, che poi nella fede aretina era stato il momento del miracolo nella cantina dell’ospizio della Grancia, quel 15 febbraio 1796, davanti agli occhi semplici di tre calzolai. Occhi rapiti e scarpe grosse, come
quelle di chi ieri e stamani dalle 6 sfideranno il velo di ghiaccio intorno alla Cattedrale.