LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Cattedrale, ecco la festa più grande, migliaia alla Madonna del Conforto. Undici vescovi, il ritorno di Bassetti

Ancora una volta ci sarà Simoni, a 97 anni il cardinale eroe dell’Albania. Decine i volontari in campo. Al debutto il metropolita di Firenze, il saluto della Giostra e dell’Arezzo, i fiori specchio dell’economia

madonna del conforto

madonna del conforto

Arezzo, 15 febbraio 2025 – Cammina in punta di piedi sul velo di ghiaccio davanti all’ingresso della Cattedrale. La grandinata di mezzogiorno ha lasciato il segno ma lui non molla: quasi 90 anni, un cappotto pesante, l’appuntamento da rispettare. Ieri e tanto più oggi. È la Madonna del Conforto, la festa delle feste aretine, l’incrocio nel quale confluiscono le due città: quella laica e quella che crede.

Un appuntamentio trasversale. Perché lo rispetta il fedele novantenne ma calamiterà in Duomo mezza città. Dalle trentamila alle cinquantamila persone secondo gli anni, almeno su questo il tempo e quel velo di ghiaccio un po’ pesano. Ma chi non

potrà varcare la grandine si metterà davanti al televisore, per la diretta fiume di Tsd, emittente impegnata in una maratona partita dieci giorni fa, all’inizio della

novena. La seconda del vescovo Andrea, l’ennesima del suo predecessore Riccardo Fontana, ogni sera al suo fianco per la Messa delle 18. E a loro oggi si

unirà anche il cardinale Gualtiero Bassetti: l’immagine della Madonna del Conforto la tiene perfino a Città della Pieve sopra al letto, un legame da sempre fortissimo e che il Covid, dopo giorni di rianimazione e di paura, ha rafforzato. Oggi sarà in Cattedrale, come ogni anno: ad accogliere un «debuttante», Gherardo Gambelli, il nuovo Arcivescovo di Firenze, metropolita ma  non ancora cardinale come lui.

Alla Messa solenne delle 10.30, quella degli undici vescovi (tra

cui Stefano Manetti di Fiesole) e dei due cardinali. Oltre Bassetti,

roccioso come la pietra della sua terra ci sarà Ernest Simoni:

97 anni, albanese, rimasto per 18 anni ai lavori forzati, due volte condannato a morte dal regime comunista del suo Paese, ha lavorato perfino nelle fogne di

Scutari. Vive a Firenze ma ogni anno è lì, oltre quel velo di ghiaccio intorno alla Cattedrale, per un giorno anche per lui speciale. Un giorno speciale per tutta

la città. Intorno il servizio d’ordine ormai rodato, che nel pomeriggio divide la coda di chi accede al Duomo per la Messa da chi aspetta la benedizione dalla balaustra della cappella. L’apertura del portone è alle 6, per il primo rito: celebrato come sempre da don Vittorio Gepponi, «abbonato» all’alba. «Tanto chi dorme...», scherza alla vigilia, già a ridosso del Duomo. La porta gira sui cardini per richiudersi solo alla mezzanotte: dopo la Messa solenne celebrata dal vescovo alle 18, dopo

quella affidata a don Franco Agostinelli, dopo la visita del

mondo della Giostra (alle 21.30) e il rituale passaggio dell’Arezzo calcio. E alla fine della Messa che il parroco Alvaro Bardelli si ritaglia alle 23, occasione per

ringraziare le decine di volontari che lo affiancano in una giornata bella ma complessa. A fianco dei fiori che già ieri tempestavano la cappella, ma il grosso è

atteso per oggi. Il bianco è il colore prevalente, in linea con le

margherite che addobbano l’altare. Declinate le grandi fabbriche arrivano i fiori delle piccole imprese, dei negozi, dei quartieri, dei condomini. L’altare rispecchia la devozione ma anche un’economia che negli anni

ha cambiato pelle. Il vescovo aspetta con fiducia anche i giovani. Non lo hanno tradito durante la novena e lui li ha condotti non ad un semplice pellegrinaggio ma in una marcia simbolica nei luoghi di speranza e di dolore: a centinaia davanti al

carcere, alla Pia Casa, al Thevenin, alle mense dei poveri. Dieci

giorni di grande afflusso, dieci giorni di riflessioni condotte dal

priore di Camaldoli Matteo Ferrari, uno degli interpreti più profondi della Parola nella Diocesi.  Sempre in serata, che poi nella fede aretina era stato il momento del miracolo nella cantina dell’ospizio della Grancia, quel 15 febbraio 1796, davanti agli occhi semplici di tre calzolai. Occhi rapiti e scarpe grosse, come

quelle di chi ieri e stamani dalle 6 sfideranno il velo di ghiaccio intorno alla Cattedrale.