Duccio Moschella
Cronaca

La Chiesa in Toscana, vicina a Francesco è sempre più pop. "Fare bene il bene"

Il nuovo arcivescovo di Firenze Gambelli comincia il suo cammino pastorale. Si rivolge alle istituzioni: attenzione ai poveri, agli emarginati e ai carcerati. Momento di grande rinnovamento: nuove nomine tutte nel segno del Papa

Firenze, 25 giugno 2024 – È sempre più nel segno di Papa Francesco la composizione dell’episcopato toscano con l’inizio del cammino pastorale, ieri a Firenze, di monsignor Gherardo Gambelli, 55 anni appena compiuti, cresciuto a Castelfiorentino, prima di diventare parroco, missionario e infine successore del cardinale arcivescovo Giuseppe Betori sulla cattedra dei Santi Antonino e Zanobi. Il fatto che il suo predecessore fosse anche presidente dei vescovi toscani non significa che lo diventi in automatico anche monsignor Gherardo, a far data dall’assemblea del prossimo settembre, ma che la chiesa Toscana sia sempre più in uscita è confermato dalle nomine dei nuovi pastori.

Monsignor Andrea Migliavacca, prima a San Miniato e poi ad Arezzo, giovane e dinamico, monsignor Paolo Giulietti, perugino, già vescovo ausiliare del cardinale Gualtiero Bassetti in Umbria e scout, attuale arcivescovo di Lucca; monsignor Giovanni Paccosi, missionario in Perù, poi parroco a Scandicci e ora titolare della diocesi di San Miniato, per non parlare del cardinale Augusto Paolo Lojudice, già ausiliare di Bergoglio a Siena e ora vescovo a Siena, sono solo alcuni esempi di una chiesa in cammino con il Papa delle periferie.

Non che gli altri siano da meno, ma hanno una formazione che affonda le radici in anni più lontani, hanno vissuto stagioni diverse. Fra riconvertirsi ogni giorno e partire già pronti a una pastorale più dinamica fa la differenza, con il rischio tuttavia che ci sia minor prudenza rispetto al cammino degli altri. Spirito e discernimento faranno il resto.

Il nuovo arcivescovo di Firenze riassume le caratteristiche del pastore ideale della chiesa di Francesco: è giovane, ha esperienza di periferie, esistenziali o geografiche, così come non ne ha, o ne ha quel che basta, di curia. I primi gesti di monsignor Gambelli confermano che il rinnovamento sta andando avanti: in primo luogo, sono parole di oggi, "In tempi difficili come quello che stiamo vivendo, di cambiamento d’epoca, non basta fare il bene, bisogna fare bene il bene", rivolto alle istituzioni, con l’aggiunta "solo quanto è stato compiuto con gioia nel rispetto e nell’attenzione ai poveri, agli emarginati e agli esclusi rimane ed è degno di essere ricordato"; secondo, l’attenzione per le condizioni dei detenuti, in permesso dal carcere di Sollicciano per la sua ordinazione; terzo, le prospettive, che sono proprie della chiesa universale: "Come dice il Papa, il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo spirito santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il vangelo di Gesù". Il suo predecessore, attuale presidente della Conferenza episcopale toscana, lo ha messo in guardia: "La voce della Chiesa - ha detto il cardinale Betori - resterà sempre una voce scomoda per le logiche del mondo e, se anche non ci venga chiesto, come a Giovanni, il sacrificio della vita, resta anche per noi il compito di non lasciarci irretire dalla seduzione del consenso o dall’illusione di un ascolto che non produce conversione o di un plauso interessato.

Aver toccato le periferie geografiche e quelle umane nel tuo impegno missionario in Ciad e in carcere, ti servirà a porre lo sguardo soprattutto su chi viene ignorato o scartato, ad annunciare la buona novella a coloro che appaiono gli ultimi per il mondo, ma sono i primi per il Signore".