Firenze, 18 febbraio 2021 -"Il virus SARS-CoV2 responsabile del COVID-19 ha sviluppato molteplici varianti e tre di queste presentano particolare interesse: la variante inglese, quella sudafricana e quella brasiliana. Tutte, in particolare l'inglese caratterizzate da maggiore trasmissibilità rispetto al virus isolato in origine a Wuhan e quindi in grado di aumentare l’indice di diffusione del contagio lindice (il cosidetto Rt). Per ciascuna di queste varianti occorre prendere in considerazione diverse caratteristiche". Parole di Franceco Menichetti, 69 anni, direttore della clinica di Malattie Infettive presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, ordinario di Malattie infettive all’Università di Pisa.
Cominciamo dall'impatto sui test diagnostici "La variante inglese, a causa della delezione 69-70, può fare risultare falsamente negativi alcuni test diagnostici-molecolari - spiega Il professor Menichetti - che siano incentrati sulla identificazione della proteina S. Per questa ragione, nel periodo natalizio furono fermati a Heatrow alcuni italiani con tampone negativo, che le autorità inglesi fecero ripetere".
Impatto sulla gravità della malattia. "Si è ipotizzato che la variante inglese possa provocare una malattia più grave e si è in attesa di conferme".
E il rischio di reinfezione?
"La reinfezione è ritenuta possibile con la variante sudafricana e forse anche con quella brasiliana".
Elusione della risposta ai vaccini.
"I vaccini Pfizer-Biontech, Moderna ed Astra Zeneca proteggono contro la variante inglese. Non è invece certa la protezione nei confronti della variante sudafricana e per quell brasiliana che sono caratterizzate da molteplici mutazioni (501 Y e 484K) sulla sequenza aminoacidica dove si colloca il dominio del legame con il recettore (RBD) virale. Questo si lega con la cellula dell’ospite e insieme potrebbero eludere la risposta a questi vaccini".
Ma allora, i vaccini sono utili? "Certo, assolutamente. Sono la strada maestra che ci condurrà oltre la pandemia. Dobbiamo rendere più efficace la nostra campagna vaccinale: dobbiamo vaccinare per prima la nostra popolazione più esposta (anziani, malati fragili) e poi estendere la vaccinazione con convinzione e forza a tutta la nostra popolazione. Dobbiamo al contempo , sollecitare la rete nazionale e locale dei laboratori virologici, affinchè sequenzino con regolarità il genoma di almeno il 10% degli isolati virali. Così avremo chiara la circolazione delle varianti".
Come valuta la procedura di vaccinazione che si sta svolgendo in Italia? "Ancora non ottimale, purtroppo, a causa della scarsità di forniture vaccinali".
Se il virus cambia, come dimostrano le varianti identificate, il vaccino può essere modificato? "Sì. I vaccini ad RNA messaggero come Moderna e Pfizer sono modificabili in modo relativamente facile e rapido. E' un traguardo raggiungibile se perseguito tempestivamente".
E chi si è già vaccinato? "Deve stare tranquillo e ritenersi fortunato, come lo sono in effetti gli under 55 che vengono immunizzati con Astra-Zeneca, ora che mancano i vaccini idonei alla popolazione dai 60 in su. Si spera che Astra-Zeneca riceva l'autorizzazione sino ai 65 anni: sarebbe un buon ausilio per rilanciare la campagna vaccinale". ;.
Per quanto tempo resteremo con i tre vaccini finora disponibili? "Speriamo che EMA dia l'ok al vaccino Johnson & ; Johnson, che propone un preparato vettore virale con (adenovirus 26): con le 50 milioni di dosi opzionate dal ministero consentirebbe di allargare il collo di bottiglia delle forniture".
E il vaccino russo? "Sputnik V di Gamaleya non ha richiesto l’autorizzazione EMA ma i dati pubblicati su Lancet sono consistenti e l’Ungheria, paese europeo, ha scelto di utilizzarlo sin da subito. E’ un vaccino oggetto di interesse in quanto, utilizzando due adenovirus diversi nelle due dosi successive, potrebbe ridurre il rischio di inattivazione del vaccino a causa di anticorpi anti-adenovirus prodotti dal vaccinato dopo la prima dose". ;.
Cosa si aspetta dal nuovo governo? "Che integri le competenze del Comitato Tecnico Scientifico, inserendo clinici infettivologi, oggi non rappresentati e che riveda la strategia vaccinale gestita del commissario Arcuri. Speriamo inoltre che Ema ed AIFA siano rapidi nelle procedure di autorizzazione qualora identifichino evidenze di sicurezza ed efficacia sufficienti ad essere valorizzate senza forzature". .
L'industria italiana può intervenire?
"L'ideale sarebbe che i siti produttivi italiani, dotati di adeguate tecnologie, producessero le dosi di vaccino ulteriori pagando le royalties a chi detiene il brevetto del prodotto".
In che modo? "Andrebbero condotte trattative su brevetti e licenze per aumentare la disponibilità dei vaccini iModerna ed Astra-Zeneca. I siti produttivi italiani potrebbero produrli agevolmente, se il governo sostenesse i costi della licenza".
E la Toscana? "È molto efficiente nel somministrare il vaccino che ha disponibile. Ma non basta: ora deve puntare sull'efficacia, adottando strategie capaci di proteggere velocemente i più deboli. Questo vale ovviamente anche per tutto il nostro paese".