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Agricoltori al lavoro
Firenze, 12 febbraio 2025 – “Nelle campagne toscane mancano almeno 8mila lavoratori, necessari per assicurare le attività di raccolta. E’ essenziale completare il percorso avviato negli ultimi mesi per far incontrare realmente domanda e offerta, abbattendo la burocrazia, togliendo spazio al caporalato e rispondendo alle effettive esigenze delle imprese agricole e di sicurezza degli addetti”. È quanto dice Coldiretti Toscana in occasione del click day, programmato per oggi, per la presentazione delle istanze del decreto flussi 2025 relativo alle domande per lavoratori subordinati stagionali per il settore agricolo, oltre a quello turistico-alberghiero.
In Toscana, sono poco meno di 60mila i lavoratori impiegati nelle 50mila aziende agricole: le persone di nazionalità straniera sono più che triplicate in un decennio e oggi rappresentano il 47% della forza lavoro. Il 70% arriva da Paesi extra Ue. Romeni, indiani, marocchini, albanesi e senegalesi: ecco le nazionalità più rappresentante. Negli ultimi dieci anni è aumentata costantemente la componente stagionale stagionale (+36%), tuttavia, “il problema principale è che l'attuale sistema non prende in considerazione il carattere stagionale dell'attività agricola. Accade spesso che, a causa di problemi burocratici e nei visti, un lavoratore arrivi a stagione di raccolta finita, quando ormai non serve più. Ma è anche assurdo imporre alle aziende di prendere a febbraio un lavoratore che magari servirà in autunno inoltrato. Senza dimenticare il fatto che gli effetti dei cambiamenti climatici stanno rendendo sempre più complicata la programmazione a lungo termine delle attività nelle campagne”. Insomma, un caos. Di qui la richiesta Coldiretti Toscana di adottare una gestione diretta e monitorata dei flussi migratori, oltre che di potenziare l'attività di formazione, a partire da quella effettuata nei Paesi di origine, per consentire alle imprese di avere addetti già formati. Ma non solo. “Occorre anche risolvere il problema di quei lavoratori che sono venuti in Italia per essere impiegati nei campi e che poi sono rimasti nel nostro Paese per poter essere assunti l'anno successivo, ma che così facendo sono finiti in una condizione di irregolarità”.