Firenze, 29 agosto 2022 - “Il rigassificatore a Piombino? E’ una delle possibili scelte dettate dalla grave situazione in cui si trova il Paese. Importante è minimizzare quei rischi che, certo, esistono”. A parlare è Bruno Facchini, docente di Sistemi per l'energia e l'ambiente nel Dipartimento di Ingegneria industriale dell'Università di Firenze, di cui in questo momento è il direttore. “Intanto, una premessa - afferma il docente - Nessuna nostra azione è esente da rischi. Non esiste cosa al mondo che non sia pericolosa. Certo, la cosa migliore sarebbe una realizzazione off shore del rigassificatore. Ma il momento è drammatico e come Paese non abbiamo fatto una pianificazione completa e adeguata in tema energetico”.
Ci può spiegare come funziona un rigassificatore?
“Il principio di per sé è semplice, ma certo l’impianto è complesso. Intanto, partiamo col dire che il metano arriva, via nave, in forma liquida. Il metano, se lo compriamo a temperatura ambiente, non si liquefà come il gpl. Per vederlo liquefatto deve scendere a meno 162 gradi, quindi a una temperatura estremamente bassa che si ottiene attraverso una serie di processi tipici delle macchine frigorifere. Una volta che il liquido viene prelevato dalla nave metaniera, nel rigassificatore il gas viene innalzato di pressione e riscaldato fino a farlo bollire. Per questo, viene fatto appunto passare in giganteschi scambiatori posti in mare. I rigassificatori sono questo: degli impianti che scambiano calore e l’acqua del mare ha grande capacità di far questo. È lì che il gas sottrae calore al mare e si trasforma in stato gassoso. A quel punto il gas viene immesso nella rete di distribuzione. Insomma, dal punto di vista funzionale è tutto piuttosto semplice”.
Che dire invece dei rischi?
“Beh, innanzitutto ricordiamo che si tratta sempre di un’enorme quantità di combustibile in un luogo concentrato. Come tutti gli impianti, i rischi ci possono essere. Capiterà poi che si senta odore di gas… E vicino alle stazioni balneari non è il massimo. Insomma, non sarebbe una scelta indolore ma, ribadisco, qualsiasi cosa noi facciamo ha un rischio”.
Alternative?
“La soluzione off shore, come a Livorno, sarebbe migliore. Ma servirebbe molto più tempo. Purtroppo siamo di fronte a un’emergenza nazionale non più rinviabile. Se la politica avesse fatto scelte più lungimiranti, non ci saremmo trovati così alle strette, a dover decidere di mettere un rigassificatore vicino a un paese. Non ne potremmo neanche fare mille piccoli: sarebbe troppo costoso. Pertanto, tutto sta nel valutare e minimizzare i rischi. Come del resto facciamo in tutte le nostre azioni quotidiane, dalle più piccole alle più grandi. Nessuno di noi metterebbe mai la cintura quando è seduto sul divano, ma quando entriamo in macchina è obbligatoria. Volare? Certo che è rischioso. Ma anche in quel caso lo facciamo senza problemi perché, appunto, sono stati minimizzati i rischi. Lo stesso discorso va fatto per il rigassificatore”.