Prato, 8 settembre 2020 - Il lockdown è finito, ma i cittadini cinesi continuano ad avere paura del coronavirus. Così tanta paura da essersi finora convinti a uscire di casa solo con grande accortezza: poche vacanze, poche cene al ristorante, poche attività commerciali riaperte. Una serrata ufficiosa, ma piuttosto compatta. E ora un sondaggio che circola su ‘WeChat’, il social network preferito dagli orientali, che ha del clamoroso. Sì, perché stando ai risultati di questa consultazione digitale, il 94% dei genitori cinesi presenti in Italia non rimanderà a scuola i propri figli. Il 14 settembre per loro sarà un giorno come un altro. E di certo non sarà un giorno in classe.
Ora: questo sondaggio non può naturalmente definirsi un vero e proprio sondaggio. E nessuno può davvero dire se il campione di coloro che vi hanno partecipato sia in qualche modo rappresentativo fino in fondo della realtà. Ma i numeri delle adesioni al quesito lanciato dal giornale online cinese ’Yidali Daquan’ (ovvero ’Tutto ciò che c’è da sapere in Italia’) lasciano più di una convinzione sul fatto che davvero lunedì prossimo vedremo pochissimi studenti cinesi nelle classi italiane e in quelle pratesi in particolare, che sono le realtà maggiormente in prima linea con circa ottomila ragazzi orientali iscritti.
Ieri sera i numeri dicevano questo: oltre 50.000 visualizzazioni per quel post e quasi 7.000 persone che affermavano di voler tenere i propri figli a casa lunedì prossimo. Il quesito del sondaggio, che circola da sabato scorso, recita così: «La scuola italiana sta per riaprire. Genitori della comunità cinese, siete intenzionati a mandare i vostri figli a scuola?». Due le opzioni di risposta: «No, al momento non voglio mandare mio figlio a scuola» e «Sì, manderò mio figlio a scuola per l’inizio del nuovo anno scolastico il 14 settembre, nel rispetto delle norme scolastiche». Quest’ultima opzione è stata scelta da poco più di 500 persone, che rappresentano più o meno il sei per cento del totale.
La stragrande maggioranza dei genitori, circa il 94%, è invece schierato sul fronte opposto, quello della serrata e della linea iper-prudente. «Io non manderò mia figlia a scuola – racconta Susanna, una mamma cinese che abita a Prato – Dovrebbe iniziare la prima elementare, ma abbiamo troppa paura, la terrò con me e l’intenzione sarà poi di mandarla in Cina per non farle perdere l’anno, come ha fatto mia cugina con il suo bambino».
È della stessa idea anche Lucia, madre di tre figli, anche lei residente a Prato: «Non ci penso nemmeno – dice – Nessuno può garantire l’incolumità dei miei bambini e il sistema scolastico italiano mi sembra in preda al caos. Preferisco non rischiare. Non me lo perdonerei mai se dovesse succedere qualcosa ai miei figli. C’è sempre tempo per ritornare a scuola e recuperare, ma la salute viene prima di tutto».
Un atteggiamento che caratterizza da sempre la risposta dei cittadini orientali alla fine del lockdown. Perché mentre gli italiani tornavano lentamente alla normalità, loro hanno invece continuato a vivere mettendo al primissimo posto tre concetti chiave: prevenzione, protezione e prudenza. Che ora probabilmente si amplificano ancora di più dopo la notizia, arrivata sempre a Prato, dei primissimi casi di cittadini orientali contagiati dal coronavirus.