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Cronaca

Costa Concordia, dodici anni fa il terribile naufragio

Trentadue persone morirono nel disastro, le immagini dal Giglio fecero il giro del mondo. Dopo il decennale fu deciso di non tenere più cerimonie pubbliche. E così sarà anche quest’anno

Isola del Giglio (Grosseto), 12 gennaio 2024 - Dodici anni fa dall’isola del Giglio arrivavano immagini che sembravano tratte da un film. Purtroppo, però, era tutto vero. La Costa Concordia, gioiello della tecnologia marittima, la più grande nave da crociera mai fabbricata all’epoca in Italia e ricca di ogni comfort, la sera del 12 gennaio del 2012 si trovava al largo del Giglio, durante quella che doveva essere una indimenticabile crociera nel mar Tirreno. Però, alle 21,45, la città galleggiante da 450milioni di euro urtò uno dei tre scogli delle Scole. Un boato, il gigante che vibra, la paura a bordo. La tragedia era solo all’inizio. Trentadue persone morirono: 27 vittime tra i passeggeri, 5 tra l’equipaggio. Dopo il decennale da quel disastro, fu deciso di non fare più cerimonie pubbliche. E così sarà anche quest’anno, dunque.

La Concordia naufragata all'Isola del Giglio (Ansa)
La Concordia naufragata all'Isola del Giglio (Ansa)

Il naufragio della Concordia venne vissuto con orrore e sgomento in presa diretta da tutt’Italia e non solo. Il racconto collettivo correva in rete, sui social, tra messaggi su Facebook e su Twitter. A bordo c’erano 4mila persone, che trovarono conforto nella grande generosità degli abitanti del Giglio, che misero a disposizione tutto ciò che avevano pur di aiutare quelle persone, passate in un attimo dai piaceri della vacanza al più nero degli incubi. E poi lui, Francesco Schettino, il capitano che lasciò la nave prima che fossero scesi tutti i passeggeri. «Vada a bordo, c….», gli urlò al telefono il capitano di fregata della Capitaneria di Livorno Gregorio De Falco, che diventò dunque simbolo di rigore morale, in contrapposizione al capitano, reo di aver voluto fare quell’’inchino’, ovvero quel saluto per omaggiare il maître di bordo Antonello Tievoli, di origini gigliesi, che aveva parte della sua famiglia sull'isola.

Per questo motivo, Schettino venne accusato di aver deviato dalla rotta programmata e di aver contribuito al disastro. Per via dell’impatto, la nave si inclinò rapidamente, rendendo ancora più difficile l’evacuazione. Operazioni, oltretutto, rese ancor più complicate dalla mancanza di un piano efficace di emergenza.

Il capitano Francesco Schettino è stato accusato di omicidio colposo, abbandono della nave e violazione di doveri in caso di incidente. Durante il processo, ha sostenuto che il naufragio è stato causato da un errore del timoniere e ha negato le accuse più gravi. Poi, nel 2015, è stato giudicato colpevole e adesso sta scontando la sua pena a Rebibbia.

Faraoniche sono state le operazioni di recupero della Costa Concordia, che solo nel settembre del 2013 è stata riportata in posizione verticale. Poi, nel luglio del 2014 è stata trainata dal Giglio al porto di Genova, per il suo smantellamento. Proprio a Genova, mille giorni dopo il disastro, è stato ritrovato il corpo dell’ultima vittima, il cameriere indiano Russel Rebello. Il suo corpo era incastrato sotto i mobili di una cabina del ponte 8.