Firenze, 30 aprile 2020 - Donne fuori dalle task force, donne che, anche nell'emergenza, continuano ad essere trascurate nella loro vita privata e lavorativa. Protagoniste nella ricerca, negli ospedali e in famiglia, fanno fatica a trovare un riconoscimento nella società e soprattutto ai vertici delle istituzioni.
Daniela Carlà, dirigente generale della pubblica amministrazione, è promotrice con Marisa Rodano di Noi Rete Donne, la comunità di esperte e studiose che si occupano di democrazia paritaria.
L'emergenza coronavirus ha amplificato la disparità di genere? «Anche in questa fase si assiste ad uno scollamento tra quello che accade nel paese reale, dove le donne sono coinvolte a tutto campo, e nelle sedi in cui si decide, dove le donne non ci sono, ci sono poco o sono presenti solo in organismi composti esclusivamente da donne. E tutto questo è grave, non per le donne, ma per il Paese, rispetto soprattutto alla nuova fase che andremo a vivere».
Perché? «E' impossibile immaginare una fase 2, quella delle riaperture e della ricostruzione, senza le donne. Come nella vita privata uomini e donne si assumono responsabilità insieme, così deve accadere anche nelle sedi istituzionali e decisionali. Se le donne sono escluse dalle task force e dai vari organismi, anche consultivi, le decisioni saranno prese a misura di uomo. Dobbiamo uscire da questa emergenza utilizzando tutte le risorse disponibili, economiche ed umane. Sprecare in partenza le risorse intellettuali, le competenze e le capacità delle donne significa non voler uscire in maniera adeguata e rapida da una situazione che è pesante per tutti».
Si deve tornare alle quota rosa? «No, è necessario limitare le quote azzurre. Noi siamo il Paese della quota azzurra. Per strada e nei posti di lavoro, la vita è fatta di donne e uomini. Quando si vedono le immagini in televisione dei luoghi in cui si decide, principalmente ci sono solo uomini».
Cosa propone? «Come ha evidenziato la presidente della Corte costituzionale, Maria Cartabia, la Costituzione deve essere la nostra bussola, anche nell'emergenza. Nella Costituzione il principio della parità è affermato con straordinaria nettezza. Poi, servono normative per ristabilire la parità. Se si escludono la legge Golfo-Mosca, che riduce la disparità nelle società quotate e partecipate, e altre disposizioni che riguardano assemblee elettive e leggi elettorali, non esiste Italia una norma che tenga conto dell'equilibrio di genere, nemmeno nelle autorità garanti. E' un quadro normativo che va completato e va fatto subito, non quando saremmo usciti dalla fase 2 o 3. Anche perché senza le donne, che stanno contribuendo in maniera determinante a reggere il Paese, da questa crisi non se ne esce».
Le donne sono fuori dalle task force ma continuano a restare fuori anche dai vertici di enti pubblici e privati. Perché, secondo lei? «Gli uomini tendono a designare negli incarichi altri uomini e, se non lo fanno, scelgono le donne tra quelle più accomodanti e più simili a loro nel modo di gestire le situazioni. Ma ora siamo in una fase di cambiamento e di ricostruzione, servono donne che non ragionano come gli uomini. Serve uno choc. La politica deve essere vincolata a scegliere almeno un 40 per cento delle donne negli organismi istituzionali, mentre negli avanzamenti di carriera interna è necessaria la trasparenza, in modo che tutte le persone meritevoli, che siano uomini o donne, possano concorrere».