
Attività fisica (immagine di repertorio)
Firenze, 9 settembre 2021 - Via libera all’attività fisica, ma sempre condizionata ad un’adeguata valutazione del singolo caso da parte del cardiologo, per gli oltre 100mila pazienti affetti in Italia da cardiomiopatia ipertrofica, malattia genetica che porta ad un ingrossamento del cuore. Il sì arriva dalle nuove linee guida europee, in discussione al ‘Florence International Symposium on Advances in Cardiomyopathies’, organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini e l’università degli studi di Firenze nel capoluogo toscano.
In pratica, chi è affetto da questa malattia, ha una mutazione genetica che funziona come una sorta di 'doping' naturale per il cuore, che finisce per ingrossarsi. All’inizio è spesso asintomatico e anzi, questa patologia può addirittura consentire performance sportive d’eccellenza per alcuni anni, ma tutto cambia con l'andare avanti del tempo, quando diventa più fragile perché si può sfiancare. Per questo motivo, l'esercizio fisico era stato finora sconsigliato a questi pazienti.
«Finora si raccomandava ai pazienti di non praticare sport - spiegano Franco Cecchi dell’Istituto Auxologico di Milano e Iacopo Olivotto, dell’università degli studi di Firenze - temendo un maggior rischio di aritmie e morte cardiaca improvvisa. In realtà una restrizione indiscriminata per tutti i pazienti non è giustificata». Quanto all’attività sportiva in generale invece, gli specialisti hanno visto che, per intercettare chi soffre di questa anomalia, è utile lo screening degli adulti, specialmente negli over 55. Lo indica uno studio italiano condotto su oltre 30 mila sportivi dagli 8 anni in su, da cui emerge che lo screening è meno necessario nei più piccoli perché appena 2 su 10 mila presentano alterazioni strutturali. «Le anomalie che predispongono alla morte cardiaca improvvisa sono rare in bambini e ragazzi - continuano Franco Cecchi e Iacopo Olivotto -. Uno screening con ecocardiografia associata alla consueta visita medico-sportiva, non è perciò utile nei più giovani in termini di costo-beneficio». Diverso è il caso degli adulti visto che le anomalie sono state identificate soprattutto dopo la pubertà e negli over 55: fra i 19 e i 35 anni infatti il 19% è stato inviato all'ecocardiografia e solo nel 2% l'esame di approfondimento ha evidenziato anomalie; negli over 55 i dati salgono rispettivamente al 38 e all’11%.
Maurizio Costanzo