
Marco Camisani Calzolari, da 35 anni personalità di spicco nel mondo del digitale
Firenze, 18 marzo 2025 – “Ragazzi, state attenti, perché il mondo "dark" non è un gioco e non è un film. Non esistono scorciatoie per il successo o emozioni “proibite” che valgano la pena di mettere a rischio la vostra sicurezza e la vostra vita. Non fatevi ingannare dal falso fascino del proibito: lì dentro c’è spesso solo dolore, manipolazione e pericolo reale. Il mondo digitale ha tantissime cose belle, interessanti e divertenti da offrire, che non mettono in gioco la vostra libertà o la vostra sicurezza”. Va diritto al punto il professor Marco Camisani Calzolari, da 35 anni personalità di spicco nel mondo del digitale.
È Digital philosopher, Cyberumanista, docente universitario, consulente, autore, divulgatore scientifico e personaggio pubblico, dato che dal 2017 è approdato a Striscia la notizia, dove parla di temi legati al mondo della tecnologia.
Partiamo dalla cronaca: la vicenda di Andrea Prospero ha acceso i riflettori sui pericoli del dark web. Quali sono i rischi concreti per chi si avvicina a questa realtà?
“I rischi sono davvero tanti e molto concreti. Chi entra nel mondo ‘dark’ può incontrare criminali, truffatori e malintenzionati pronti a manipolare chiunque, specialmente i ragazzi. Oltre al rischio di finire coinvolti in attività illegali anche inconsapevolmente, c’è il pericolo di subire furti di dati personali, ricatti, estorsioni e, nei casi più gravi, adescamenti pericolosi. Un clic sbagliato lì dentro può cambiare la vita per sempre, come dimostra la terribile vicenda di Andrea Prospero. Tuttavia ‘dark’ non è solo dark web. C'è anche Telegram, che solo da poco dice di aver iniziato a collaborare con le forze dell'ordine, ma che di fatto continua a essere un luogo di scambio per contenuti o prodotti illegali”.
Che cos’è esattamente il dark web e in che cosa si differenzia dal deep web?
“Molti confondono i due termini, ma sono cose ben diverse. Il deep web è semplicemente tutto quello che non è visibile ai motori di ricerca: e-mail, contenuti privati sui social, account protetti da password. Tutte cose innocue che utilizziamo quotidianamente. Il dark web, invece, è una piccola parte del deep web accessibile solo tramite software particolari, in modo anonimo e criptato. È qui che si nascondono spesso attività illegali come traffico di sostanze, vendita di dati rubati, armi e persino materiale inquietante o pericoloso”.
Quali strumenti vengono utilizzati per accedere al dark web e quanto sono accessibili a chi non ha competenze informatiche avanzate?
“Accedere al dark web non è complicato come si può pensare, purtroppo. Basta scaricare software come Tor, che nasce per proteggere la privacy ma che oggi è spesso usato impropriamente per navigare in anonimato anche su siti pericolosi. Chiunque con una minima dimestichezza con internet può farlo, perché le istruzioni per usare Tor sono facili da reperire online. Tuttavia Tor non basta. Lo cito senza paura di emulazione perché poi una volta scaricato bisogna anche sapere dove andare. In generale il mondo "dark" è facilmente raggiungibile anche da ragazzi curiosi, che purtroppo non hanno alcuna consapevolezza di cosa stiano facendo”.
Quali sono i contenuti più pericolosi che si possono incontrare nel dark web?
“C’è di tutto: siti che vendono sostanze illecite, dati personali rubati, documenti falsi, materiale estremamente violento o pedopornografico. Ma forse ancora più inquietanti sono le community che incoraggiano comportamenti pericolosi o autolesivi. Per i giovani, specialmente quelli più fragili o influenzabili, queste piattaforme possono diventare una trappola devastante. Spesso chi entra nel dark web, anche solo per curiosità, non è preparato a gestire contenuti simili”.
Ci sono segnali che possono indicare che un ragazzo sta esplorando queste piattaforme?
“Sì, i segnali ci sono sempre. Cambiamenti improvvisi di comportamento, isolamento sociale, uso eccessivo del computer in orari strani come la notte, software sconosciuti installati sul pc, chat misteriose sempre aperte, oppure la comparsa di termini o linguaggi insoliti nelle conversazioni. Se un ragazzo diventa particolarmente schivo sulla propria attività online, qualcosa non va e potrebbe essere necessario intervenire subito. Una famiglia, in caso di dubbio, dovrebbe costantemente verificare quali software installano i propri figli e quali siti o chat frequenta”.
Come funzionano i meccanismi di adescamento e manipolazione online in questi contesti?
“La manipolazione è purtroppo frequente e molto efficace, perché chi la mette in atto conosce benissimo le vulnerabilità emotive dei più giovani. Gli adescatori iniziano a costruire una relazione di fiducia, si fingono amici, offrono comprensione, ascolto, poi lentamente spingono verso comportamenti rischiosi o richieste che sembrano piccole e insignificanti, ma che col tempo si trasformano in ricatti o in vere e proprie minacce. È un processo subdolo e graduale che sfrutta soprattutto la fragilità emotiva e il bisogno di approvazione degli adolescenti”.
Quali consigli darebbe ai genitori per proteggere i propri figli dai pericoli del dark web?
“Dialogo prima di tutto. I genitori devono informarsi, capire cosa fanno i figli online e parlarne apertamente con loro, senza demonizzare internet. Bisogna spiegare chiaramente ai ragazzi quali sono i pericoli concreti del mondo illegale online e insegnare loro che il fascino della trasgressione può avere conseguenze devastanti. È fondamentale creare un rapporto di fiducia, in modo che i figli possano sentirsi liberi di chiedere aiuto se hanno problemi, senza paura del giudizio o della punizione”.
Esistono strumenti tecnologici o app che possono aiutare le famiglie a monitorare o prevenire l’accesso a questi siti?
“Sì, ci sono app e software specifici che permettono ai genitori di impostare filtri sui contenuti, monitorare le attività online e bloccare l’accesso a certi siti. Strumenti facili da usare che danno una mano concreta ai genitori, soprattutto se utilizzati con attenzione e dialogo. È importante, però, non affidarsi solo alla tecnologia: il ruolo educativo della famiglia resta centrale e insostituibile. Io cerco di aiutare facendolo in televisione, in radio e sui giornali. Ma non basta. I media dovrebbero dare più spazio a questi argomenti. E ai ragazzi dico: se qualcosa non vi convince, parlatene subito con qualcuno di cui vi fidate: un adulto, un genitore, un insegnante. Non aspettate che sia troppo tardi”.