REDAZIONE CRONACA

'Dio è in pausa pranzo': col nuovo film di Michele Coppini nasce il genere 'drammenziale'

L'intervista al regista, Coppini: “In questo film si ride tantissimo, non della pandemia ma di tutto quello che ci gira intorno”

Un momento delle riprese (foto di Sara Annovi Stuart)

Firenze, 8 maggio 2021 - Trovare il lato comico per esorcizzare la paura della pandemia. Nasce da quest’idea ‘Dio è in pausa pranzo’, il nuovo, esilarante e attesissimo film del regista e attore Michele Coppini. Che per realizzarlo ha addirittura inventato un nuovo genere: la commedia ‘drammenziale’, che vuol far ridere e riflettere allo stesso tempo. Gli ingredienti per essere un film cult ci sono tutti: a cominciare dal cast d’eccezione composto, tra gli altri, oltre al protagonista Michele Coppini, da Sergio Forconi, dalla Miss Italia 2016 Rachele Risaliti, Francesca Cellini, Alessio Venturini, Aldo Pellegrini, Ettore Bianchi, Patrizia Ferretti, Francesco Ciampi, e la partecipazione straordinaria di Athina Cenci. A far da cornice alle scene ci pensano le musiche originali di Pino Scarpettini e la colonna sonora del rapper Blebla, che ha fornito 3 suoi vecchi successi, più l'inedito ‘Dio è in pausa pranzo’ in featuring con Jamax, scritto appositamente per il film. E poi c’è Firenze e la campagna toscana a fare da ambientazione alle riprese e alla spassosissima trama.  

“Sono super emozionata per questa avventura - ha dichiarato Rachele Risaliti -. É la mia seconda volta ed è una grande soddisfazione. Nonostante questo periodo, le sorprese non stanno mancando, e questa è una di quelle”.  Protagonista di questa commedia moderna e attuale - prodotta da Officina Papavero, casa di produzione di Michele Coppini e Massimiliano Manna - ambientata ai tempi del Coronavirus è Ubaldo Lumaconi. Un quarantenne che, per paura di essere infettato dagli anziani genitori, decide di rinchiudersi in una piccola stanza della loro abitazione, cercando di evitare il più possibile ogni contatto con loro e col mondo esterno. Durante questa specie di quarantena forzata, elabora nella sua mente una teoria bizzarra, che alimenterà sempre di più, informandosi continuamente sul web. Incontriamo il regista al termine di una giornata impegnativa lunga 10 ore di set. Ma per Michele Coppini, che ci accoglie col suo carico di dirompente simpatia, non c’è tempo per la stanchezza: più forte di tutto è l’impegno, la determinazione e l’entusiasmo per un film che ha una marcia in più: tornare a far sorridere tutti, grandi e piccoli, dopo un periodo triste e buio segnato da lockdown e paure da lasciarsi al più presto alle spalle. Obiettivo dichiarato: contagiare il pubblico di ogni età di pura e incontenibile allegria.

 

Michele Coppini, come nasce l’idea di  ‘Dio è in pausa pranzo’?

‘L’ho intitolato così perché in questo periodo di pandemia sia per chi crede, e anche per quanti credono solo per comodità, magari perché sperano in una seconda opportunità futura, molto futura, Dio sembra essere in pausa pranzo. Come se si fosse distratto e ci avesse lasciato un attimino a noi stessi. Anche se poi, secondo me, Dio in tutto questo c’entra veramente poco: siamo noi piuttosto che siamo arrivati a creare una situazione del genere. Evitabile? Chissà, io non sono un virologo né un medico, dunque non posso dirlo. Quello che invece posso dire e tengo a precisare è che non si ride della pandemia, ma di tutto quello che ci gira intorno, e dell’assurda follia di certa gente”.

 

Dunque nel film si ride molto ma c’è anche una critica sociale

“Esatto. Perché alla fine si dice tanto dei politici, si sparla sempre di chi sta sopra a tutto e a tutti. E noi invece? Ecco, io ho voluto fare una critica dal basso, a noi stessi, partendo da quello che dice e fa la gente comune. Penso che quando non si hanno gli strumenti per analizzare una certa situazione, forse è meglio stare zitti piuttosto che rischiare di fare danni. E di questo fatto, il protagonista del mio film ne sa qualcosa…”.

 

Con questo film ha inventato un nuovo genere: la commedia ‘drammenziale’. Che cos’è?

“Esiste la commedia, il cinema comico demenziale e quello drammatico. Nella commedia classica, il drammatico ha sempre legato bene con il comico, perché, da sempre, comico più drammatico fa commedia. Basti pensare ai grandi classici di Sordi o Vittorio De Sica, solo per fare due grandi esempi. In questo film io invece, per la prima volta, ho cercato di mettere insieme due generi che non si erano mai toccati prima: il cinema drammatico e quello comico demenziale. Un esperimento che non è mai stato fatto essendo qualcosa che va contro ogni legge ‘fisica’ del cinema. Il demenziale è tutto quello che porta all’eccesso la risata, a volte in modo semplice, a volte grottesco o anche fumettistico. Faccio un esempio concreto: il protagonista di una commedia demenziale che si butta da un grattacielo, casca di sotto dal 15° piano ma non morirà mai. Il cinema drammatico invece è tutto ciò che riguarda e descrive la realtà. In ‘Dio è in pausa pranzo’ ho voluto squarciare il velo di questa regola non scritta ma da sempre sottintesa, che dice: mai legare il drammatico al demenziale, altrimenti non si rende credibile né l’uno né l’altro. Io invece ho voluto fare proprio questo, unirli: inventando, di fatto, un genere nuovo, mai sperimentato prima da nessuno. È così che è nata la commedia ‘drammenziale’ ”.

 

Nel cast c’è anche Miss Italia 2016, Rachele Risaliti

“Interpreta una hippy sessantottina, fidanzata con un hippy dei giorni nostri che crede di ricreare l’Eden all’interno di una casa abbandonata. Pensate un po’ quanto sono bischero: fra le attrici ho anche Miss Italia eppure nella trama non ho previsto nemmeno una banalissima storia d’amore, cosa stranissima per una commedia toscana. Roba da non crederci: neanche un bacio stampo, niente di niente...”.

 

Il quali luoghi della Toscana state girando?

“Il film è girato per il 20% a Firenze e l’80% nella campagna toscana, nel Chianti, nella zona tra San Casciano e Montespertoli. Non si vedrà però la classica Firenze da cartolina, non inquadriamo il Duomo o il Campanile di Giotto per intenderci. Una scelta voluta, dal momento che la pandemia ha riguardato tutte le città d’Italia e del mondo. Abbiamo pensato di girarlo apposta in periferia, proprio per far sì che il film non avesse una connotazione precisa, e fare in modo che Firenze potesse rappresentare una qualunque città italiana. Tutti quindi potranno riconoscersi”.

 

Quando termineranno le riprese e potremo finalmente vedere il film al cinema?

“Le riprese sono partite ufficialmente il 3 maggio e finiranno il 27, ma è di fatto già da gennaio che stiamo girando. Ovviamente, con la pandemia in atto, abbiamo iniziato con la troupe ridotta,  pochissimi attori e girando piccole cose. Solo una volta entrati in zona gialla abbiamo potuto lavorare a pieno ritmo, con la troupe e il cast al completo: tutti ovviamente sottoposti a tampone e nel pieno rispetto delle norme di sicurezza anti Covid. Quando uscirà in sala? È ancora presto per dirlo. In questo momento è ancora tutto fermo, basti pensare che ci sono film fermi ai box da un anno e mezzo. Per ora però mi sono prefissato di fare almeno l’anteprima al cinema tra settembre e ottobre, e poi, male che vada, si andrà in streaming anche noi”.

Può svelarci qualcosa in più della trama?

“Interpreto una persona psicotica con allucinazioni che si chiude all’interno della propria stanza pensando che, fuori, non c’è solo un virus che si trasmette come l’influenza, ma è stato addirittura rilasciato nell’aria un gas chimico dagli americani che produce in noi effetti disastrosi. Il protagonista è una persona sensibile su cui la pandemia ha amplificato i problemi che già ha: è un film pieno di incubi che però fanno ridere moltissimo. Io vengo dalla commedia, voglio far ridere la gente, ma mi è sembrato giusto anche dire la mia su un qualcosa che, in questo periodo, ci ha fatto ridere poco un po’ a tutti. Ho pensato: visto che abbiamo tanta paura da un anno e mezzo, è arrivato il momento di esorcizzarla, ridendo di essa stessa. E poi, forse, a 40 anni mi è venuta anche quel pizzico di malinconia che mi riporta indietro nel tempo, e ho sentito l’esigenza di mettercela un po’ qui dentro. Questo però rimane un film in cui si ride tantissimo, e che ovviamente fa anche pensare. In cui non mancano le sorprese: ad esempio c’è una parodia di Pulp Fiction e tante citazioni cinematografiche. Alla base di questa pellicola comica c’è l’horror. E poi è carico di personaggi, con make-up ed effetti speciali pazzeschi e un cast di prima fascia, come il ritorno cinematografico della mitica Athina Cenci e un Alessio Venturini ‘moltiplicato’. Non credo di esagerare se reputo ‘Dio è in pausa pranzo’ il mio blockbuster”.

 

Cosa ci dice del cast?

“Non ho mai lavorato con un cast così strepitoso, a partire da Sergio Forconi, che è un po’ il nonno di tutti. Mi ha battezzato coi suoi primi lavori così come ha battezzato un po’ tutti i grandi comici toscani, dagli anni 80 in poi: è partito battezzando Nuti e Pieraccioni, e da lì in avanti, tutti siamo passati dal suo aspersorio. Devo fare i complimenti ad Alessio Venturini, nasce come attore ma è anche un grande sceneggiatore che ha lavorato con grandi maestri, tra cui Ugo Chiti vincitore del premio David di Donatello, e Vincenzo Salemme. In questo film è tornato nelle vesti di attore interpretando 5 personaggi, uno diverso dall’altro e uno meglio dell’altro: è stato un mattatore incredibile. La protagonista è la bravissima Francesca Cellini, e poi c’è il ritorno nel cinema toscano di Athina Cenci. Aldo Pellegrini, che ha lavorato anche con Pieraccioni, qui interpreta un ruolo diverso rispetto a quelli in cui è stato impegnato finora. Ho fatto solo alcuni nomi, ma ci sarebbe da citarli tutti, uno per uno: perché tutto il cast è semplicemente eccezionale”.

 

Michele Coppini come ha vissuto la pandemia e il lockdown?

“Da perfetto ipocondriaco quale sono, ho avuto grandissimi problemi nei primi due, tre giorni in cui è partito il primo lockdown. Ho detto: eccoci, ci siamo, ora ci si infetta tutti e festa finita. Poi però, per forza di cose, dovendo andare a lavorare, ho dovuto affrontare la situazione. Nel momento in cui è arrivata una malattia vera, ho reagito e mi son detto: ora rimbocchiamoci le maniche. Quindi, posso dire che nel disastro planetario che ha riguardato tutti, io ci ho visto un antidoto alla mia situazione ipocondriaca, ci ho trovato qualcosa che mi aiutasse ad affrontare le mie personali paure che avevo da sempre. Faccio un esempio: il fatto di lavarsi le mani, io lo facevo già 300 mila volte al giorno da quando avevo 14 anni. Così come aprire le maniglie coi gomiti. In questo modo sono arrivato a 40 anni al tempo del Covid che ero già pronto: per dire, aprivo le maniglie coi gomiti a occhi chiusi. La cosa che mi manca di più? Gli abbracci. Io sono uno che quando ti saluta ti riempie di lividi da quanto ti abbraccia forte o dalle pacche sulle spalle che ti dà. Ecco, la cosa che mi manca più di tutte è questa, e proprio non vedo l’ora di tornare ad abbracciare forte le persone come un tempo”.

 

Se fra 1.000 anni, unica pellicola superstite di un’ecatombe generale, rimanesse solo il suo film a raccontare la pandemia del Covid,  un bambino che immagine ne avrebbe del nostro mondo al tempo del Covid?

“Se la prima cosa che un bimbo vedrà tra 1.000 anni sarà questo film col Coppini protagonista, mi vien da dire: povero figliolo! Ma dal momento che, è risaputo, le pandemie si ripetono dopo un tot di anni, probabilmente quel bimbo lo starà guardando nel corso di un’altra pandemia. Chissà il mondo fra mille anni come sarà cambiato. Qualcosa però mi dice che quel bimbo, guardandoci, alla fine dirà: si stava meglio quando si stava peggio!”.

 

Questo è un film sulla pandemia: ma se Michele Coppini potesse sconfiggere il Covid lanciando un altro virus, di cosa vorrebbe ‘infettare’ il mondo?

“Sicuramente vorrei infettare tutti del virus della risata, che è la medicina migliore di questo mondo. È  provato scientificamente: le difese immunitarie si abbassano quando viviamo un periodo brutto e triste. Così com’è provato che, al contrario, ridere fa bene alla salute. Il vaccino del sorriso, contro la tristezza, lo si dovrebbe fare tutti fin dalla nascita, anche perché non ha nessunissimo effetto collaterale.  E siccome questo è un film spassosissimo e la risata assai contagiosa, assicuro che la visione sarà efficace al cento per cento. Divertimento per tutti e per tutte le età, dai più piccoli ai più grandi. E ridendo ridendo anche gli anticorpi contro la pandemia, quella vera, aumenteranno: perché con ‘Dio è in pausa pranzo’ una cosa è più che certa: si riderà davvero un sacco”.

Maurizio Costanzo