ELETTRA GULLÈ
Cronaca

“Niente cene fuori, solo gallette di riso e broccoli”. Francesca e il suo passato nel vortice dei disturbi alimentari

Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla per la sensibilizzazione sui disturbi del comportamento alimentare. “Parlatene, confidatevi prima che sia troppo tardi”, il consiglio della giovane

Francesca Murina ha vinto la sua battaglia contro i disturbi alimentari

Francesca Murina ha vinto la sua battaglia contro i disturbi alimentari

Firenze, 15 marzo 2024 - Per tanti anni è stata prigioniera del calcolo maniacale delle calorie. Conosceva le etichette nutrizionali di tutti gli alimenti e anche ad occhio era in grado di sapere quante calorie avesse ingerito. Al massimo, dovevano essere 1100 al giorno. Ma a Francesca Murina, 33 anni, psicologa, per molto tempo quell’insano rapporto col cibo appariva più che normale. “E infatti non saprei neanche dire quando esattamente il mio rapporto con ciò che mangiavo ha iniziato a complicarsi”, sorride. Nata a Pisa, ha studiato a Firenze, dove vive tutt’ora. Da un paio di anni è riuscita ad uscire del tutto dal vortice in cui era caduta del tutto inconsapevolmente. E ora ha ritrovato la sua serenità, tant’è che aspetta un bambino.

“Intorno ai 15 anni mi sono approcciata al vegetarianismo - racconta Francesca -. Non tanto per una questione morale, quanto perché ero convinta che escludendo alcuni alimenti avrei perso peso. Eppure, non sono mai stata sovrappeso. Al massimo, ho avuto quei 2-3 chili in più che sono normali in adolescenza…”. E ancora: “Per me intorno ai vent’anni era normalissimo seguire una dieta, rispettare le grammature… Faceva parte della quotidianità. Poi, intorno al 2017 sui social è esplosa la moda del fitness e del calcolo delle calorie”. E quelle app ‘perdi-peso’ per Francesca hanno rappresentato un incentivo ad essere sempre più severa con se stessa. Niente uscite al ristorante (“O al massimo mi studiavo prima il menu per compensare nell’arco della giornata le calorie”), assolutamente “escluse alcune corsie del supermercato che avrebbero potuto rappresentare una tentazione”.

Francesca seguiva la “dieta del palestrato”. Intorno ai 27-28 anni, quando il disagio si è acuito, si cibava soprattutto di albumi, di gallette di riso, di broccoli e di petto di pollo, “dato che nel frattempo avevo abbandonato il vegetarianismo”. E le persone intorno? “La mia coinquilina aveva dei sospetti, ma di fronte alle mie parole tranquillizzanti non mi diceva niente - ricorda la ragazza -. Io dicevo di star bene. Ed effettivamente non avvertivo alcun problema in me”. Ma da cosa nasceva il disagio? “Era anche un periodo molto impegnativo, tra tirocinio post laurea e lavoro la sera come cameriera - racconta -. Non so dove trovassi quell’energia. Dormivo poco per poter far tutto. Ogni cosa era sotto controllo. E proprio il controllo su ogni aspetto della mia vita mi faceva sentire forte. Per me, era gratificante il controllo che esercitavo anche sulla fame. Poi, avevo perso peso. E questo all’esterno era apprezzato”. Insomma, il modello della magrezza imposto dalle pubblicità e dai social alla fine vinceva sempre. Francesca si sentiva fiera di sè e continuava a contare le calorie come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Quando tornavo a casa - ricordo, - ai miei dicevo semplicemente che volevo mangiare solo determinate cose. Non davo importanza alla questione. Per me, lo ribadisco, non avevo alcun problema”. Eppure, in 4-5 mesi aveva perso 7-8 chili. “Avevo anche fame. Ma la vincevo. E questo mi faceva sentire felice. Ero proprio padrona di me stessa al 100%”, prosegue il suo racconto.

Poi, la luce in fondo al tunnel. “A un certo punto mi sono resa conto di ciò di cui mi stavo privando. Non ero libera di scegliere per davvero. Ero convinta di essere libera e forte ma in realtà mi trovavo dentro una gabbia. Adesso molti di quei cibi che erano il mio unico menu neanche li mangio più. Ho riscoperto il gusto. E ho lavorato tanto su me stessa grazie alla psicoterapia”. Francesca ha dunque cancellato le app trappola con cui misurava le calorie ed ha ricominciato ad andare alle cene. La famiglia, il compagno e gli amici l’hanno aiutata ad uscire dall’incubo del controllo della bilancia. “E quando a casa dei miei ho iniziato a mangiare semplicemente quello che c’era, allora sì che sono rinata”, sorride Francesca, che ha trovato molto supporto in Animenta, una non-profit che si occupa di disturbi alimentari nella loro complessità. È diventata volontaria dell’associazione ed ha capito “quanto sia importante parlare di ciò che non va”. Adesso lei va anche nelle scuole a parlare di quello che ha vissuto. “Ancora se ne sa troppo poco dei disturbi alimentari - mette in guardia -. Spesso ci si limita ad osservare i cambiamenti fisici. Ma tutto nasce nel profondo. Per questo è importante sensibilizzare, soprattutto i giovani. Nel caso in cui si avverta che il proprio rapporto col cibo nasconda dei problemi, bisogna subito parlarne in famiglia, con gli amici, con gli insegnanti. Mai sottovalutare il proprio disagio. È importante dar peso anche ai primissimi campanelli d’allarme, prima che sia troppo tardi e si finisca risucchiati nel vortice”.

Adesso Francesca è in dolce attesa. E, ammette, “ogni tanto il pensiero riguardo al cambiamento del mio corpo c’è”. “A volte torna a farsi sentire la paura riguardo a quanto e cosa mangio”, dice. Ma è come un lampo. “Sono pensieri che passano. Ora ho gli strumenti per poter affrontare tutto questo. E sia professionalmente che come volontaria sono in prima linea per aiutare chi rischia di cadere nel baratro dei disturbi alimentari”.