Firenze, 26 luglio 2020 - Le attenuanti non si negano a nessuno. Decisive nella condanna dimezzata (da 4 anni e 4 mesi a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni) a don Paolo Glaentzer, 72 anni, il prete pedofilo appartatosi in macchina con una minore, zona Calenzano, e sorpreso in atteggiamenti inequivocabili, il 23 luglio 2018, alle 10 di sera. «Le ‘generiche’ possono essere ritenute prevalenti. Merita di essere valorizzato il fatto che l’imputato ha reso ampia confessione, anche di episodi precedenti sconosciuti agli investigatori; si è dichiarato consapevole della gravità delle sue azioni. E almeno apparentemente ha preso le distanze da esse. Ha sempre rispettato gli arresti domiciliari, di non breve durata. Ed è incensurato». Lo scrivono i giudici della 2ª sezione di Corte d’Appello (presidente M.Teresa Scinicariello, consiglieri Francesco Bagnai e Sandro Venarubea) per motivare la riduzione della pena inflitta a Glaentzer in 1° grado, col rito abbreviato. Pena accessoria compresa, la interdizione dai pubblici uffici per 5 anni sostituita con quella temporanea per la durata della pena. Il «bilanciamento», da parte dei giudici delle circostanze di reato e lo sconto-pena hanno destato lo sconcerto di parti civili e procura alla lettura della sentenza. Le motivazioni, non meno. Nel merito e nel ricalcolo – matematico – della pena. Partiamo dai primi. Il prete ridotto allo stato laicale da papa Francesco tramite il difensore si era opposto alla prima sentenza, indicando 7 motivi. Che i giudici dell’Appello, si badi bene, hanno di fatto rigettato. Vediamoli. Intanto la procedibilità del caso: «l’unica querela era stata presentata dal curatore speciale della 12enne»; una sola ‘frequentazione amicale’ coi genitori della ragazzina (cresciuta in un contesto difficile) senza avere «cura e custodia della minore» né essere ‘incaricato di pubblico servizio’. Altro motivo, il no del giudice di 1° grado alla richiesta di perizia sulla «sofferenza psichiatrica» del prete. Quinto «non aver preso in considerazione (il giudice di Prato, ndc) «l’ignoranza scusabile da parte dell’imputato dell’età della parte offesa, specie tenuto conto dell’aspetto di lei, che dimostrava una età superiore a quella reale». E poi lui quella sera «non portava l’abito talare e non era nel territorio di competenza della sua parrocchia». Settimo: Glaentzer chiedeva il riconoscimento dell’attenuante per «la spontaneità con cui la minore andava con l’imputato in macchina; la minima invasività di baci e toccamenti (l’accusa parla di mano di lei portata sul pene, ndc), «l’assenza di coartazione e l’evidente maturità fisica e psicologica della ragazzina», fino all’«ottima condotta processuale dell’imputato».
Argomentazioni respinte al mittente che ha goduto di ampio sconto di pena. Contestato da Olivia Nati, legale della minore: «Non si capisce come sia stata calcolata. Eppure pena base tot, con la continuazione per gli altri reati si arriva a tot, diminuzione per l’attenuante tot, riduzione per il rito abbreviato tot. Non è ammissibile giuridicamente una pena così bassa per questa imputazione». giovanni spano