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Eccezionale scoperta: rinvenuto il cane 'più antico' d’Italia in un sito paleolitico

I suoi resti rinvenuti dai ricercatori dell’università di Siena in siti paleolitici pugliesi testimoniano la sua presenza tra i 14mila e i 20mila anni fa

Il cane nella preistoria

Siena, 2 settembre 2020 – Scoperto il più antico cane italiano: sono stati infatti rinvenuti in siti paleolitici pugliesi alcuni resti che «testimoniano una presenza molto antica del cane, datata tra 14mila e 20mila anni fa». Lo rende noto l’Ateneo senese spiegando che si tratta «della scoperta, di fatto, del più antico cane italiano». Il rinvenimento è avvenuto nei siti di Grotta Paglicci a Rignano Garganico, Foggia, e Grotta Romanelli a Castro, Lecce, ed è opera dell’unità di ricerca di preistoria e antropologia del dipartimento di scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena. Lo studio, frutto della collaborazione con altri enti nazionali e internazionali, è stato recentemente pubblicato sulla Scientific Reports.

«Questa scoperta è di particolare interesse – spiega Francesco Boschin, archeozoologo dell’università di Siena e coordinatore dello studio - in quanto i cani più antichi, riconosciuti con certezza dagli studiosi di preistoria, provenivano fino a ora da contesti dell’Europa centrale e occidentale datati a circa 16mila anni fa. I resti pugliesi rappresentano quindi, a oggi, gli individui più antichi scoperti nell’area mediterranea ma potrebbero rappresentare anche le prime testimonianze in assoluto del processo che ha portato alla comparsa del cane, il primo animale domestico». «Ulteriori ricerche - conclude l’Ateneo - potrebbero ora far comprendere il ruolo del cane nelle comunità paleolitiche, se possa quindi avere avuto una funzione nelle battute di caccia o di difesa degli accampamenti oppure un importante ruolo simbolico, che ha ancora oggi presso alcune popolazioni dove è considerato manifestazione terrena di spiriti o reincarnazione di defunti».  «È ancora difficile capire se la Puglia possa essere stata un centro di domesticazione – precisano i ricercatori -. I dati genetici di uno dei cani provenienti da Grotta Paglicci, datato a 14mila fa, ne mettono in risalto la somiglianza con un individuo di epoca comparabile proveniente dal sito di Bonn-Oberkassel in Germania. I due cani potrebbero quindi essersi originati da una popolazione comune, più antica, poi diffusasi in varie parti d’Europa. All’epoca il nostro continente era caratterizzato da una forte frammentazione culturale ma il rinvenimento di due cani geneticamente affini, uno in Italia meridionale e l’altro in Germania, significa che nonostante le differenze culturali il cane può aver rappresentato un importante elemento di contatto tra le comunità di cacciatori-raccoglitori dell’epoca».

 

Maurizio Costanzo