PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
Cronaca

La guerra dei valori

L'editoriale del direttore de La Nazione

Pierfrancesco De Robertis

Pierfrancesco De Robertis

Firenze, 15 novembre 2015 - Quando un paese entra in guerra, le cose da fare sono due: serrare le fila militari, perché le guerre si vincono sul campo di battaglia, e rafforzare le fondamenta di valori su cui trovare l’energia necessaria allo sforzo bellico. Di fronte ai fatti di Parigi, l’Occidente per adesso pare incapace dell’uno e dell’altro. Sull’aspetto militare le responsabilità sono differenziate. Il buco dei servizi segreti francesi è stato enorme, e gli 007 transalpini ricorderanno quanto accaduto in questi mesi come la debacle di intelligence più eclatante di sempre, se è vero che nonostante dopo Charlie Hebdo l’allarme fosse altissimo non sono riusciti a rendersi conto di quanto andava preparandosi, e stavolta non siamo di fronte al classico cane sciolto ma a una banda ramificata e numerosa di addestratissimi terroristi, quindi più vulnerabile.

I servizi italiani, c’è da riconoscerlo, hanno invece per il momento fatto bene il loro lavoro e che abbiano pagato, abbiano trattato sottobanco o chissà che altro sono riusciti – unico tra i grandi paesi occidentali – a tenerci fuori dai guai. Sul buco culturale tutti i paesi occidentali sono invece messi più o meno sullo stesso piano. I militanti dell’Isis combattono la loro guerra anticristiana e antioccidentale per soppiantare la nostra civiltà con quella del califfo ma noi non rispondiamo con la stessa forza valoriale. Noi invece neghiamo a noi stessi di avere una civiltà e rifiutiamo i riferimenti collettivi che sono nella nostra storia e nelle nostre tradizioni, che poi si chiamino radici cristiane o illuministiche poco importa, e per questo ci esponiamo all’offensiva di chi ci vuole distruggere. La guerra che si combatte su questo piano è altrettanto importante di quella che ingaggiano i servizi segreti o se dovesse servire l’esercito o l’aviazione, e purtroppo se andiamo avanti di questo passo è una guerra che siamo destinati a perdere.

Gli esempi possibili sono tanti. L’altro giorno a Firenze un consiglio interclasse ha deciso di rinunciare alla visita a una bellissima mostra d’arte perché essendovi esposti dipinti a soggetto religioso «sarebbero state urtate le coscienze dei ragazzi non credenti». Un episodio come tanti, forse stupido o banale, ma che indica una mentalità perdente, di gente che - oltre a essere ignorante - si vergogna della proprie radici e di quanto di bello la propria cultura ha realizzato. Gente che finirà inevitabilmente per aprire la porta al califfo. Che una volta entrato gli taglierà la gola. [email protected]