Firenze, 25 ottobre 2015 - Siccome le cifre contano più delle chiacchiere diamo la parola ai numeri. Che in materia di sanità sono impietosi. Secondo uno studio pubblicato qualche anno fa da un centro di ricerche specializzato, curare un settantacinquenne costa al servizio sanitario nazionale in media 5000 euro, mentre un ventenne «si accontenta» di 600. A fronte del fatto che la percentuale di popolazione anziana sta rapidamente aumentando e gli unici a far figli sono gli immigrati che peraltro accedono al SSN in quote massicce perché con i redditi bassi godono di poche esenzioni, il destino dei conti pubblici in materia di sanità è destinato a esplodere. Adesso il comparto assorbe una cifra che balla sui 111/113 miliardi, fra trent’anni se le prestazioni resteranno invariate dovrebbe arrivare a 160/180 miliardi. Senza contare che le cure miglioreranno sempre di più, e questo è un bene, ma nello stesso tempo saranno più costose.
Il problema della sanità italiana, che non è cosa astratta ma è la tutela della salute nostra e dei nostri figli, non si risolve infatti con un miliardo o con due miliardi in più o in meno, ma studiando una strategia di medio-lungo termine che faccia fronte a uno scenario inevitabile, inevitabile perché contenuto nei numeri e nelle proiezioni statistiche che purtroppo non sbagliano mai.
Da una parte occorrerà rassegnarsi a una contrazione delle prestazioni e un aumento della quota pro-capite in carico al paziente, dall’altro servirà che lo stato, le regioni o la singola regione si preparino per tempo a una profonda riorganizzazione del settore che incroci qualità del servizio ed efficienza.
Una riorganizzazione in cui ci dovrà essere un po’ di tutto: maggior spazio al privato dove il privato ha dimostrato di poter fare le stesse cose a minor costo e maggior qualità, taglio dei rami secchi a livello dirigenziale (famosi i casi degli ospedali romani con due o tre primari per reparto, quando per definizione il primario è uno e uno soltanto), creazione di economie di scala, centri unici per gli acquisti e per la diagnostica, tetti per le ospedalizzazioni e via dicendo.
Non è facile che le regioni, da sempre più attente al consenso che all’efficientamento del sistema, riescano da sole a guardare distante e a pensarsi fra trent’anni. E’ probabile che serva un colpo di frusta centrale, netto e perentorio. Come quelli che Renzi ha fatto vedere di saper dare. Altrimenti la bomba sanitaria prima o poi esploderà. [email protected]