ANGELA BALDI
Cronaca

Emorragia di negozi in centro, in 12 anni sono calati del 26,2%

Nella classifica dei comuni italiani Arezzo è al 33esimo posto, peggio di noi Pistoia e Livorno. Catiuscia Fei, Confcommercio: «Il settore è in crisi: diminuiscono i negozi di vicinato»

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Arezzo, 23 marzo 2025 – I centri storici spengono le vetrine dei negozi e accendono le luci di b&b e attività di somministrazione. Solo in Toscana l’anno scorso abbiamo perso quasi mille attività. Tra il 2012 e il 2024, in Italia, sono spariti 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante; sono cresciute invece le attività di alloggio e ristorazione (+18.500). A soffrire sono soprattutto i centri storici. Accade anche ad Arezzo, basta fare due passi in centro per assistere alla continua cessazione di attività, liquidazioni totali di negozi storici e cambi di insegne.

A parlare sono i numeri elaborati dall’Ufficio Studi Confcommercio su dati Centro Studi Tagliacarne che ha monitorato le imprese attive del commercio al dettaglio in sede fissa in 122 comuni italiani, osservando la variazione compresa tra il 2012

e il 2024. Ancona, Gorizia e Pesaro sono nel podio italiano delle peggiori. Nella classifica dei comuni Arezzo è al 33esimo posto, terza in Toscana, con una variazione negativa del 26.2% delle attività di commercio al  dettaglio. Negli ultimi dodici anni in regione la peggiore è stata Pistoia al 12esimo posto (-29.9), seguita da Livorno 16esima (-28,5), terza appunto Arezzo per emorragia di attività. Massa è quarta in regione al 36esimo posto (-25.8), poi ci sono Lucca 51esima (-24,3), e Grosseto 52 (-24,3). Il capoluogo di regione Firenze si piazza al 65esimo posto (-23,1), Pisa al 73esimo (-22.5), Siena 81esima (-21,8), Prato alla posizione 108 (-15,6). A fronte dell’emorragia dei negozi al dettaglio nel paese, soprattutto nei centri storici, nello stesso periodo nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi le imprese a titolarità italiana crescono leggermente (+3,1%) ma a crescere in maniera sostenuta sono le straniere (+41,4%). In generale nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, un calo correlato anche alla riduzione degli sportelli bancari. Si riducono le attività tradizionali e aumentano i servizi: quelli di alloggio in maniera esponenziale (+135% al CentroNord), soprattutto per i b&b e

gli affitti brevi. Negli ultimi 12 anni in Italia sono spariti il 42,1% di

attività di carburanti, il 36,5 di libri e giocattoli, il 34,8 mobili e ferramenta, il 26% abbigliamento. La tendenza è confermata anche alle nostre latitudini. A fronte di questa emorragia aumentano nel paese del 67,5% gli alloggi, del 12,3% le farmacie, del 10,5 le attività di computer e telefonia, del 4,5 la ristorazione.

Obiettivo di Confcommercio contribuire a contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale migliorando i centri urbani e rafforzando le economie di prossimità.

«I dati sono significativi ma da contestualizzare. Per Arezzo il fenomeno turismo è importante, gli alberghi sono sempre quelli per numero ma aumentano tantissimo negli ultimi 10 anni le strutture extra alberghiere – dice la direttrice aggiunta di Confcommercio delle province di Firenze e Arezzo Catiuscia Fei – c’è stata un’esplosione di b&b e l’obbligo del Cin ne sta portando a galla ancora di più. La città sta crescendo dal punto di vista turistico e lo dimostra anche la crescita di ristoranti e attività food. Mentre c’è stata una crisi

dei bar. Sul fronte del commercio tradizionale, il dettaglio è in

crisi da anni. Dal Covid in poi c’è stata una selezione, le chiusure più numerose dal 2012 ad oggi quelle seguite alla pandemia: chi aveva un’economia più

fragile nel 2019 ha sofferto le varie chiusure che hanno determinato la prosecuzione o meno dell’attività. Altro aspetto da sottolineare è che spesso ci sono

attività che chiudono anche nei comuni limitrofi come accaduto in Valdichiana ad alcuni ristoranti storici, perchè c’è una crisi nel passaggio generazionale.

Vale anche per i lavoratori del settore food. In generale il commercio è in crisi: diminuiscono sia in centro sia fuori negozi di vicinato, alimentari, negozi non

specializzati, librerie, cartolerie e negozi di giocattoli, abbigliamento e calzature, elettrodomestici, casalinghi e articoli da regalo. E pure gli ambulanti».