FILIPPO BONI
Cronaca

Maturità, è il grande giorno: l’ansia dopo la notte insonne, quel rito collettivo di passaggio

Lo scrittore Boni racconta il suo esame: "Avevo un foglietto con la frase ’s’impara soffrendo’". Oggi sui banchi i 526mila studenti ammessi alle prove, il 96,4%. Si inizia con il tema d’italiano

Filippo Boni

Filippo Boni

Roma, 19 giugno 2024 – ‘Páthei máthos’, ’S’impara soffrendo’. Partii da casa con un foglio di un quaderno a quadretti accartocciato in fondo alla tasca dei jeans la mattina del compito di italiano agli esami di Stato 1999. Speravo fosse di buon auspicio. Era una frase di Eschilo che i miei genitori mi avevano trascritto e donato alcuni anni prima, durante un periodo doloroso dell’adolescenza. Già. S’impara soffrendo. Non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Avevo osservato le stelle dalla terrazza fino a sentire le cornee bruciare e all’alba di quel fatidico giorno di giugno, con gli occhi sudati e le mani in tasca, mi ritrovai catapultato davanti al portone scuro del mio liceo classico, il ’Marsilio Ficino’ di Figline Valdarno, in provincia di Firenze.

Prima d’iniziare il compito di italiano, mi voltai verso il mio compagno di banco. Ci scambiammo il solito sguardo complice. Nella profondità dei suoi occhi azzurri questa volta però lessi paura e una scia indefinita di malinconia. "Finiti gli esami ci perderemo di vista, ci sparpaglieremo come foglie dello stesso albero in una strada d’autunno in un giorno di vento – mi sussurrò –, me lo sento". "Non ci perderemo mai", gli risposi deciso, ma mentre abbassavo la testa, sentii qualcosa sgretolarsi dentro per sempre. Perché il reale segreto dell’esame di maturità, quello che stamattina oltre mezzo milione di studenti inizieranno, 25 anni dopo il mio, sempre con il compito di italiano, non è celato tanto e soltanto nel voto, nelle domande, negli argomenti, nella logica di un’equazione o nella traduzione esatta di un vocabolo sconosciuto. Il segreto dell’esame di maturità è celato tutt’oggi nella catarsi che, come in un antichissimo rito sacro e pagano, si compie non tanto in ogni studente, ma in ogni essere umano.

L’esame, con il suo carico di ansie, di sogni e di follie, è la miscela entropica di elementi chimici e sentimenti che si fondono assieme e che, come in un vulcano spento da secoli, risalgono verso la superficie, in una catarsi evolutiva, segnando il passaggio cruciale, l’allineamento astrale, tra l’età della giovinezza e quella adulta. E quindi la vera missione non è se sei pronto a rispondere a un quesito che non sai di un prof che ti terrorizza, ma se sei pronto per attraversare il fiume della vita da solo ed a divenire uomo. Perché il viaggio è senza ritorno. Oggi il fascino di questo passaggio si è un po’ perduto. Per molti studenti quel passaggio è già avvenuto con l’ammissione anticipata ai test di primavera dell’università.

La maturità rischia così di perdere il suo valore di rito collettivo di iniziazione all’età adulta, in una società dove i riti di passaggio sono sempre più incerti. Per professione narro le storie di alcuni dimenticati del ‘900 tra le scuole superiori italiane. Qualche settimana fa, in un Istituto di Brindisi, chiesi ai ragazzi se fossero pronti per l’esame. Al primo, quello che avevo davanti, si riempirono gli occhi di lacrime, non rispose. A fine incontro, la sua compagna si avvicinò e mi sussurrò: "Marco non ha risposto, i suoi genitori sono morti in un incidente poco tempo fa, è disperato". Mentre uscivo dall’aula rincrociai Marco, avrei voluto dirgli mille cose e parlargli del biglietto dei miei. Riuscii solo ad abbracciarlo. Quando lo rilasciai, vidi un tatuaggio inconfondibile sul suo avambraccio sinistro: ’Páthei Máthos’. ’S’impara soffrendo’. Ci guardammo negli occhi. Lui, l’esame, l’aveva già superato.