MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

Esperimenti sui macachi, il mondo della ricerca: "Dire che diventeranno ciechi è falso"

La docente dell’università di Firenze interviene sulla polemica tra mondo della ricerca e associazioni animaliste, che manifestano nel capoluogo toscano

Ricercatori (immagine di repertorio)

Ricercatori (immagine di repertorio)

Firenze, 6 febbraio 2021 - La loro ‘colpa’ è quella di condurre una ricerca che prevede sperimentazioni sui macachi, che punta al recupero della vista nei pazienti resi ciechi da lesioni cerebrali. Da mesi, sui ricercatori delle università di Parma e Torino, soffiano venti carichi di odio, e si è anche innescata una pericolosa escalation di violenza, non solo verbale con tanto di insulti social, ma anche con vere e proprie minacce di morte.

In questa vicenda, sui due piatti della bilancia ci sono loro, a parti contrapposte: da una parte le ragioni e i fini della scienza, dall’altra le associazioni animaliste. Che a Firenze, come in altre città quali Roma, Parma, Milano e Torino, manifestano in queste ore contro il via libera dato dal Consiglio di Stato di permettere alle università di Parma e di Torino di portare avanti la sperimentazione sui macachi nel Progetto Light-Up. (LEGGI LA VERSIONE DEGLI ANIMALISTI)

Gli scienziati non ci stanno a passare per ‘torturatori’, sui social come sui media. E allora la professoressa Elisabetta Cerbai, professore ordinario di farmacologia all’università di Firenze, e membro del Cda Unifi, chiarisce: “Non si può scrivere che ‘verrà asportata una parte della corteccia celebrare e i macachi verranno resi ciechi’, perché non è vero. Verrà provocata una piccola lesione, mediante metodi non invasivi, in una zona che serve a creare una riduzione del campo visivo. Cosa che purtroppo si osserva in milioni di persone a seguito di un ictus o di un incidente, che è un danno a livello non della retina ma del sistema nervoso centrale. I ricercatori hanno messo a punto un progetto che consente, attraverso varie procedure, di portare a un progressivo recupero della capacità visiva”.

“Si pensi a quanto sia ampia questa problematica nei pazienti che hanno avuto un danno corticale nell’aria visiva a causa di ictus, o di traumi – aggiunge la professoressa Cerbai -. E sono tanti, anche molto giovani. Questo fa pensare alla rilevanza medica oltre che scientifica di questo progetto innovativo. A quanto sia di fondamentale importanza. Ma per poter trasferire questo progetto all’uomo, è obbligatorio passare attraverso non soltanto ad esperimenti su cellule di roditori e così via, ma anche attraverso esseri viventi, e la specie più prossima sono i primati. Come succede ad esempio per i vaccini: quello del Covid, ad esempio, ce lo abbiamo grazie agli esperimenti sui macachi. Questo tipo di dimostrazione è essenziale per passare poi ad applicare terapie all’uomo”.

“Il progetto è fermo da quasi due anni, da 20 mesi – spiega la professoressa - per una serie di ricorsi. Ha avuto un primo stop, ribaltato dopo la sentenza del Tar. Ha passato il vaglio di tutti i comitati etici deputati. Il ministero della salute di allora, Giulia Grillo, aveva dato alla Lav tutta una serie di informazioni, compresi i dati personali dei ricercatori: informazioni riservate”. Ma la faccenda ha preso una piega tale che “sono arrivate minacce di morte: il neuro scienziato Marco Tamietto, docente all’università di Torino, ha ricevuto una busta minatoria con un proiettile”.

La Lav, Lega antivivisezione aveva lamentato la crudeltà del trattamento e affermato che “è altamente probabile” che gli animali “sarebbero stati resi ciechi”. Ma le accuse sono state respinte dalle due università, e la professoressa Cerbai ribadisce che il “progetto è stato approvato dallo European research council e dal Ministero della Salute nei suoi aspetti scientifici ed etici”.

“Abbiamo recepito tutte le normative europee. L’Italia, tra l’altro, è il Paese con la legislazione più restrittiva d’Europa in materia di sperimentazione animale – conclude -. Il Consiglio di Stato, dopo aver sentito esperti, ha recepito che l’unica modalità per testare quest’ipotesi è quella sui macachi, che vengono trattati nel migliore dei modi. Mi preme sottolineare allora anche un altro aspetto: un progetto europeo di questo genere non si ferma: semplicemente si trasferisce all’estero. Non ci si chiede come mai i nostri ricercatori, primi in Europa su questi progetti innovativi, decidano di andarsene all’estero per farli. Questo Paese deve riflettere sul valore della ricerca. Chi ci ha definito ‘torturatori’ non conosce il nostro lavoro e l’etica con cui noi agiamo. Senza ricerca scientifica non andiamo avanti. Questo Paese ostacola la ricerca scientifica e lo fa con mezzi e strumenti che sfiorano l’indecenza”.