DAVID ALLEGRANTI
Cronaca
Editoriale

Europa, Meloni sceglie la via dell’isolamento

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni: fin qui la presidente del Consiglio non aveva sbagliato quasi niente

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni: fin qui la presidente del Consiglio non aveva sbagliato quasi niente

Firenze, 21 luglio 2024 – Ursula von der Leyen alla fine ce l’ha fatta. La presidente della Commissione Europea è riuscita a farsi confermare per un secondo mandato con 401 voti a favore, 284 contro, 15 astensioni e 7 schede nulle. Una cinquantina i franchi tiratori, determinanti i Verdi che hanno votato sì. Ma la notizia della settimana - forse del mese, forse dell’anno - riguarda Fratelli d’Italia; il partito di Giorgia Meloni ha votato compattamente no a von der Leyen. Un voto a sorpresa, a dire la verità; ce ne aspettavamo uno positivo. "Le scelte fatte in questi giorni, la piattaforma politica, la ricerca di un consenso a sinistra fino ai Verdi hanno reso impossibile il nostro sostegno a riconferma della presidente Ursula von der Leyen", ha detto il capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Europarlamento Carlo Fidanza sottolineando che con la rielezione "non viene dato seguito al forte messaggio di cambiamento uscito dalle urne del 9 giugno". Questo, ha detto Fidanza, "non pregiudica il nostro rapporto di lavoro istituzionale che siamo certi possa portare alla definizione di un ruolo adeguato in seno alla prossima commissione che l’Italia merita", ha aggiunto.

Beh, l’Italia avrà senz’altro il posto che merita; che sia anche quello che il governo Meloni voglia è un altro discorso. "Errore grave di Fratelli d’Italia", dice Lorenzo Castellani: "Terza economia UE, debito pubblico/pil quasi al 140%, procedura d’infrazione, Pnrr. Corteggiati da un anno e mezzo da von der Leyen votano contro il bis preferendo rinchiudersi nell’angolo della destra ed escludersi dai processi di influenza. Una destra incapace di evolversi, una premier spaventata da Salvini e dai vecchi amici polacchi e ungheresi. Meloni vota da capo partito e ha, con buone probabilità, ottenuto poco nelle trattative. Il governo esce indebolito nonostante abbia vinto le elezioni europee". Insomma, dice ancora Castellani: "Più ragion di Stato, più logiche di potere, più dissimulazione, meno populismo straccione e meno politica dei valori. Così si governano i Paesi che contano qualcosa da qualunque parte… A questo punto non so quanto convenga sprecare un ministro ‘strategico’ come Raffaele Fitto per la Commissione Europea. Per come è andata tutta la faccenda conviene mandare Lollobrigida".

Giorgia Meloni ha dunque scelto di intrupparsi con l’estrema destra, con gli amici di Orbán, tra cui Lega e Rassemblement National. Una scelta minoritaria in un momento così complesso soprattutto sul fronte della politica estera. Comprensibile l’imbarazzo di Antonio Tajani, leader di Forza Italia e fautore come tutto il Ppe del voto a favore di von der Leyen. Meloni ha insomma scelto la via dell’isolamento in Europa. Il capolavoro, si fa per dire, potrebbe essere completato dal referendum costituzionale sulla riforma del premierato. Fin qui, va detto, la presidente del Consiglio aveva scelto un certo profilo e non aveva sbagliato quasi niente. Adesso, forse per timore di scoprirsi a destra, forse perché il richiamo della foresta è troppo forte, è tornata la Meloni dell’epoca pre-Palazzo Chigi. La Meloni d’opposizione. Solo che quel posto in Europa è già occupato da tempo dagli scettici che non hanno traccheggiato a lungo su von der Leyen, come invece ha fatto Fratelli d’Italia.

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