LAURA NATOLI
Cronaca

L’ex carabiniere condannato per stupro. "Adesso riparto dal banco del bar"

La svolta del militare condannato in primo grado per lo stupro di una studentessa americana a Firenze. "Mi manca l’Arma, era il lavoro che avrei sempre voluto fare. Ora mi rimetto in gioco con questa attività"

Marco Camuffo, 48 anni, all’uscita del tribunale di Firenze dopo un’udienza del processo

Prato, 13 gennaio 2021 - Sta provando a rifarsi una vita, creandosi dal nulla un nuovo lavoro. Marco Camuffo, 48 anni, l’ex carabiniere condannato in rito abbreviato a quattro anni e otto mesi per violenza sessuale su una studentessa americana a Firenze, ha deciso di aprire un bar alimentari insieme alla compagna, in centro storico a Prato. Inizia così la sua seconda vita, in attesa del processo di Appello che si aprirà il 4 febbraio a Firenze. «Le difficoltà sono tante – dice l’ex carabiniere da dietro il bancone del bar Pancaffè –. Ho perso il mio lavoro e per quattro anni ho cercato di trovarne un altro, senza ricevere nessuna proposta. Di qualcosa dovevo pur vivere e così mi sono messo in proprio, aprendo questa attività. Era il mio sogno e quello della mia fidanzata. Adesso non so come andrà a finire: cercavo solo l’anonimato e la tranquillità ma l’incubo che mi porto dietro non mi abbandonerà mai". Camuffo e il collega Pietro Costa furono accusati di aver violentato due studentesse americane nel settembre 2017, a Firenze. Dopo una serata in discoteca i militari accompagnarono a casa le ragazze con l’auto di servizio ed entrarono nel portone dove sarebbe avvenuta la violenza. L’episodio e le pesanti accuse finirono sulle pagine di tutti i giornali (anche internazionali): Camuffo e Costa furono licenziati in tronco. "Se mi manca l’Arma? Certo che mi manca – ammette –. Era il lavoro che sempre avrei voluto fare, l’Arma si sceglie punto e basta". Per rifarsi una vita, Camuffo ha deciso di aprire un’attività cercando di lasciarsi l’incubo alle spalle. "Per qualche tempo ho fatto le consegne a domicilio del pane – spiega –, e nulla più. Alcuni istituti di vigilanza privata sembravano interessati a me in considerazione della esperienza nel settore ma nulla si è mai concretizzato. Mi sono trovato con un pugno di mosche in mano, qualcosa dovevo pur fare: ho una famiglia da mantenere, mi guadagno da vivere in modo onesto. Non capisco il perché di tutto questo clamore. Sono un privato cittadino che apre una propria attività". L’ex carabiniere si è sempre difeso sostenendo che il rapporto con la studentessa americana fu consenziente. Tesi smentita dalla vittima che quella sera, come accertarono le analisi eseguite in ospedale. Motivo per cui oltre alla violenza sessuale, il carabiniere è stato condannato anche per consenso viziato dall’alcol. «Non voglio dire nulla su quella vicenda – taglia corto Camuffo –. Il procedimento non è concluso, mancano due gradi di giudizio. Sono in attesa dell’Appello, spiegherò di nuovo le mie ragioni. Non è certo questo il momento di rilasciare dichiarazioni".