
Ospedale
Siena, 13 gennaio 2015 - La loro adorata creatura resterà per sempre menomata, cerebrolesa, incapace di camminare, di parlare, di fare una vita normale. Ma i genitori hanno almeno evitato di dover oltretutto sborsare 80mila euro e vedersi pignorare la casa e gli attrezzi che servono alla loro bambina per fare un po’ di ginnastica solo perché hanno cercato di individuare i motivi che hanno inchiodato per sempre la piccola su una carrozzina.
L’ultimo capitolo della vicenda (non ancora quello definitivo) è stato scritto ieri: la Corte d’appello di Firenze ha di fatto smontato, disponendone la sospensiva, la sentenza del Tribunale di Siena che aveva condannato i genitori della bambina a pagare 80 mila euro di spese processuali. Il Tribunale infatti avere respinto la loro richiesta di risarcimento danni nei confronti del ginecologo che aveva in cura la donna e dell’Asl7 per la quale il medico lavora. L’inizio della vicenda risale al 2004. La bimba nasce il 16 settembre di quell’anno all’ospedale delle Scotte di Siena, che non ha responsabilità nel caso. La madre, allora trentenne, di Sinalunga, arriva al Pronto soccorso per partorire. Le viene praticato d’urgenza un taglio cesareo per il «distacco intempestivo della placenta». La neonata soffre di «ipossia fetale», cioè ha carenza di ossigeno. La piccola ha una emorragia cerebrale e viene al mondo affetta da tetraparesi spastica.
I genitori dopo il trauma hanno riflettuto su ciò che era accaduto e hanno fatto causa al ginecologo e all’Asl 7. La tesi difensiva, sostenuta dagli avvocati Stefano Maccioni e Andrea Maresca, entrambi di Roma, e Massimo De Liberis, di Pescara, è questa: il danno poteva essere evitato perché prima del parto non sono state adeguatamente valutate due anomalie, ovvero il diminuito accrescimento del feto e l’ipertensione della madre. Un monitoraggio disposto alla luce di questi due campanelli d’allarme, è la tesi difensiva, avrebbe potuto evitare l’irreparabile.
Il Tribunale di Siena però ha respinto la richiesta danni avanzata dai genitori sulla base dell’esito di una consulenza tecnica d’ufficio e li ha condannati a risarcire le spese processuali e legali per 80 mila euro. Ora la Corte d’appello, che nel merito si esprimerà nell’aprile del 2017, ha sospeso la sentenza del Tribunale, «perché ha ritenuto fondate le ragioni dei genitori», sostengono gli avvocati.