"Non esiste un diritto a morire", dicono i vescovi toscani. Esiste quello di "morire dignitosamente", afferma con forza la libertà della persona, l’accademico cattolico Sergio Givone.
E secondo lei, Filomena Gallo? "Esiste la libertà di scelta come dovere fondamentale da rispettare – dice l’avvocata e segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni –. La morte fa parte della vita, è un evento a volte imprevedibile, a volte preannunciato".
Cosa chiede la vostra legge di iniziativa popolare? "Agisce, in concreto, sui compiti assegnati alle regioni da uniformare e sull’organizzazione di tempi che riguardano la verifica delle condizioni mediche da parte del servizio sanitario nazionale, fissate dalla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale, senza nulla aggiungere al giudicato costituzionale. Oggi a una persona che reputa intollerabile la sua sofferenza che fa richiesta di verifica delle sue condizioni purtroppo attende dai sei mesi ai due anni per ottenere tale verifica. Non è umanamente accettabile".
Per alleviare le sofferenze esistono le cure palliative, direbbero i detrattori della morte volontaria assistita… "Ci sono persone malate rientranti nelle condizioni previste dalla sentenza della Consulta che hanno poi deciso di procedere con il percorso palliativo per il controllo del dolore, fino a giungere alla sedazione profonda".
Questo che significa? "Che anche noi siamo per la rete di cure palliative uniforme su tutto il territorio, ancora troppo poco conosciute ma previste da una legge del 2010, che intervengono per il controllo del dolore e che possono anche accompagnare al fine vita con la sedazione profonda quando c’è il rifiuto delle terapie per evitare l’accanimento terapeutico. Lasciamo che il paziente sia libero di optare per le palliative, o se lo decide e possiede le condizioni della sentenza Cappato scelga l’accesso alla morte volontaria assistita. Sa che c’è? Sembra che dire ‘suicidio medicalmente assistito’ sia una brutta parola. Cambiamola se dà fastidio. Ma parliamo di rispetto della libera scelta di chi è malato e sta soffrendo e liberamente effettua una richiesta che va rispettata".
In Toscana si è aperto il dibattito. Già la Conferenza episcopale col cardinale Lojudice ha sollevato un tema di "inopportunità" a legiferare per prima sul fine vita… "Rispetto la posizione della Chiesa. Però ci aspettiamo che il legislatore regionale agisca nel rispetto della laicità del nostro Paese. Emanare una buona legge regionale che preveda tempi certi di risposta significa rispettare le attese dei malati senza imporre niente a nessuno: chi non vorrà mai procedere non dovrà fare mai richiesta. Le verifiche servono anche ad accertarsi di questo".
Non è meglio che se ne occupi il parlamento? "Tutti noi aspettiamo da anni una legge nazionale che elimini le discriminazione tra malati. È un dato di fatto che alcuni malati non possono accedere alla morte volontaria perché non possono autosomministrarsi il farmaco. Siamo e saremo da sprone al legislatore affinché si arrivi a un buon testo di legge che non ci riporti ogni volta nei tribunali. La materia resta di competenza statale, ma una legge regionale interverrebbe sull’organizzazione sanitaria del territorio. Nulla di più".
La politica è divisa, il testo è atteso in consiglio regionale il 10 febbraio, ma aleggia l’ipotesi slittamento… "Sarebbe grave e triste se le cure palliative fossero usate, tra una settimana, come pretesto per negare regole regionali che hanno il solo scopo di difendere diritti costituzionalmente garantiti. Anche se la votazione in consiglio regionale non andasse bene, sarebbe sì un’occasione perduta per i consiglieri nel dare risposta a tutti i cittadini, ma la piena vigenza della sentenza della Consulta resta".
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