Firenze, 2 febbraio 2025 – La Toscana potrebbe essere la prima regione ad approvare una legge sul suicidio medicalmente assistito. Fra il 10 e l’11 febbraio approderà in Consiglio regionale l’atto scaturito dalla proposta legge d’iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni. Un percorso che ha la sua origine nella sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, che ha dichiarato non punibile chi agevola il suicidio «di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni».
Partendo da qui l’Associazione Coscioni ha raccolto firme (10mila in Toscana) e depositato nei Consigli regionali una proposta di legge per definire le procedure delle varie aziende sanitarie. Diversi gli esiti: in Veneto, nonostante il sì del governatore Zaia, l’atto non è passato per un voto; i Consigli di Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte hanno puntato sulla non competenza regionale; l’Emilia Romagna ha approvato una delibera di giunta, senza passare dall’aula. E in Toscana? «L’Associazione Coscioni ha presentato la proposta di legge a marzo – spiega Enrico Sostegni (Pd), presidente della Commissione sanità – Da fine luglio l’abbiamo approfondita con costituzionalisti, docenti, associazioni e con le aziende sanitarie, che stanno già applicando la sentenza. E proprio questo è il punto: c’è una sentenza, ma non uniformità nella sua applicazione. La nostra norma si limita a garantirla, individuando 10mila euro per le spese, senza alcuna impostazione ideologica».
Ma l’argomento resta divisivo a destra e sinistra. Il capogruppo di Forza Italia, Marco Stella, ha presentato vari emendamenti e una pregiudiziale di costituzionalità. Simile la posizione di Fratelli d’Italia, mentre la Lega propende per la libertà individuale (il consigliere Giovanni Galli si è astenuto in Commissione). In maggioranza, a fronte del sì di Italia Viva, malumori e dubbi nell’area cattolica Pd, a maggior ragione dopo le critiche dei vescovi. Poco convinti Giacomo Bugliani, Cristiano Benucci e Andrea Pieroni che sembrano però progressivamente sposarsi verso il sì. Idem per Federica Fratoni che ha già votato in commissione, ma con distinguo. Titubante anche Marco Martini e ancor più Lucia De Robertis, per ora orientata sul no, riservandosi approfondimenti. E il dibattito, nei prossimi giorni, potrebbe far maturare nuove posizioni.
L’intervista al cardinale Lojudice
«In fondo non abbiamo niente di nuovo, ma in questa occasione non potevamo che riaffermare quello che diciamo da duemila anni sul valore intangibile della vita». Il cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Conferenza episcopale toscana e arcivescovo di Siena, ribadisce il senso del documento approvato a Livorno dai vescovi toscani e che prende posizione sull’iter legislativo in corso in Regione.
Cardinale Lojudice, perché avete sentito la necessità di intervenire con una nota ufficiale in questo momento?
«Per quello che abbiamo letto e per le tante sollecitazioni che abbiamo ricevuto da persone a noi vicine. È un tema sentito e che coinvolge a fondo le nostre comunità».
Avete parlato di ’legge simbolo’: cosa vi preoccupa di più?
«La Toscana sarebbe la prima Regione a legiferare, a noi questa non sembra la strada opportuna per affrontare il tema enorme della sofferenza umana».
Ha avuto modo di confrontarsi con il presidente Giani o con altri esponenti istituzionali della Regione?
«Ci siamo visti anche venerdì alla serata di solidarietà per i lavoratori Beko, ma ovviamente non era il luogo per affrontare l’argomento. Non ne abbiamo mai parlato, non mi dispiacerebbe un confronto e ascoltare i motivi che li hanno mossi».
Lei che idea si è fatto?
«Capisco le spinte a livello nazionale, un po’ meno il fatto che la Toscana debba per forza andare avanti su un argomento così dibattuto, come dimostrato in altre Regioni».
Però da tempo si aspetta una legge in materia, come più volte indicato anche dalla Corte costituzionale.
«Le norme sono sempre migliorabili, noi cattolici abbiamo il dovere di ribadire la nostra fede, che è centrata sulla tutela della vita. Come vale il pensiero di chi ritiene necessaria una legge, vale anche il nostro pensiero che ritiene inviolabile il diritto alla difesa della vita, dal concepimento fino alla morte».
Non ci sono margini di manovra?
«Si può lavorare sulle modalità di lenire le sofferenze e ormai è un dato acquisito da tempo il rifiuto dell’accanimento terapeutico. Ma c’è un punto di equilibrio, oltre il quale non si può andare: la vita non si scarta mai, nemmeno di fronte a enormi difficoltà».
Oggi c’è chi, oppresso dalle proprie condizioni, sceglie di andare all’estero a morire: lei che risposta dà a questi casi?
«Nessuno condanna nessuno e sono convinto che tutto ciò che appartiene all’àmbito della sofferenza umana sia di difficile lettura, anche per le persone più vicine a chi sta male. Ma è giusto dire che ci sono altre strade da percorrere. Tante volte mi è capitato di accompagnare persone con mali gravissimi e preda di sofferenze. L’ho fatto con spirito di vicinanza e tutto il sostegno possibile, credendo sempre nella forza della vita e nella necessità di lenire la disperazione di chi arriva a pensare di farla finita».
Pensa che la vostra iniziativa potrà influire sulla legge del Consiglio regionale?
«Questo non lo so, ma spererei di portare qualche contributo di riflessione e, se possibile, di confronto. Non abbiamo altri mezzi per essere presenti su queste situazioni, se non la chiarezza dei nostri pensieri e la riaffermazione dei nostri valori».
Voi fate appello anche alla storia di questa regione: cosa ammira in particolare?
«L’eccellenza che, per esempio, si manifesta costantemente nell’attenzione al grande ruolo del volontariato e nell’aiuto alle persone. Ci auguriamo che continui a essere così».
Oggi si celebra la Giornata della vita: i vescovi toscani ritengono che si dovrebbe intervenire sul tema dell’aborto?
«Più che discuterne politicamente, è fondamentale far passare l’idea della difesa della vita nella coscienza delle persone. In tempi di quasi aborto-contraccezione, lo ribadiamo: come si invoca la pace dicendo no alla guerra e alle armi, noi invochiamo la vita dicendo no all’interruzione di gravidanza».