LUIGI CAROPPO
Cronaca

La lezione del disastro: "Prevenzione e allerta, bisogna cambiare tutto. E i milioni vanno spesi"

Gaia Checcucci, segretario dell’Autorità distrettuale di bacino sferza gli enti locali sulla svolta necessaria e critica i Consorzi di bonifica. Dissesto idrogeologico: c’è la nuova mappa

Gaia Checcucci, segretario dell’Autorità del bacino dell’Appennino settentrionale

Gaia Checcucci, segretario dell’Autorità del bacino dell’Appennino settentrionale

Firenze, 4 gennaio 2024 – A due mesi dall’alluvione della Toscana centrale oltre a gestire l’emergenza e la ricostruzione bisogna iniziare a pensare anche a un modo diverso di gestire il territorio, sempre più fragile. “Occorre riconoscere ciò che non ha funzionato e provare a fare diversamente - sottolinea Gaia Checcucci - E lo sa anche il Governatore Giani. Guardiamo avanti senza polemica: credo che occorra staccare la titolarità politica da questa attività di prevenzione e gestione del territorio. Sono convinta che sia stato un errore sostituire la figura dei Commissari straordinari nominati nel 2009 con i Presidenti di Regione”.

Segretario dell'Autorità distrettuale del bacino dell'Appennino settentrionale sono passati due mesi dalla disastrosa alluvione che ha colpito la Toscana centrale: siamo ancora alle prese con l'emergenza. Sono in atto solo lavori di somma urgenza sul reticolo minore dei corsi d'acqua. E' possibile che non ci sia stata una mobilitazione più massiccia ed efficace?

"La mobilitazione collettiva c’è stata nei momenti e nei giorni successivi all’evento come sempre è accaduto in Toscana quando si tratta di rimboccarsi le maniche e mettere gli stivali per aiutare. Siamo tutti figli e nipoti di quegli “angeli” che dettero l’esempio nel momento più tragico della storia di Firenze. Si chiama protezione civile, ed è fatta di una straordinaria catena di associazioni di volontari che ha funzionato bene come sempre in Italia davanti ad eventi tragici. Sicuramente ha funzionato meglio degli uffici territoriali che devono occuparsi non solo di gestire l’evento, ma anche di prevedere nei giorni, nelle ore e finanche in corso di evento, i diversi scenari che esso possa provocare e, sulla base di ciò assumersi la responsabilità di decidere che tipo di allerta far scattare. Se mi chiede se la portata dell’evento sia stata eccezionale, le dico subito di sì. Se mi chiede se in termini di lettura dei dati di pioggia e dei vari scenari ipotizzabili sia stata “colorata” bene la “cartina geografica” mettendo il rosso, l’arancione ed il giallo al posto giusto, facendo scattare le conseguenti e codificate azioni a fronte di quei colori, con tutto ciò che ne consegue, non sta a me rispondere. Non faccio io questo mestiere. Lungi da me la colpevolizzazione. Dico solo che proprio perché siamo tutti convinti dei cambiamenti climatici, attrezziamoci anche nella fase dell’allerta e assumiamoci la responsabilità di una scelta. Anche rischiando di sbagliare.

Lei a La Nazione disse all'indomani del disastro che il pericolo, in base alle vostre carte, era conosciuto e che non si era messo mano agli interventi necessari per prevenire le conseguenze causate anche dalle situazioni climatiche eccezionali. Conferma?

"Certo che confermo. Riconosco quando sbaglio, non quando ho ragione. Non voglio puntare il dito perché è uno sport che non mi appartiene, non devo convincere nessuno. In altre parole, è quello che ho detto prima e faccio un esempio. Prendiamo Montale dove c’è una importante zona industriale e manifatturiera nata negli anni 80/90: si è verificata la notte del 2 novembre una rottura degli argini dell’Agna in un tratto dove sono “pensili”. Dopo una riparazione in somma urgenza la notte del 4 l’argine si è rotto nuovamente. L’insufficienza strutturale degli argini è un fatto noto e il lavoro di ripristino fatto ad oggi purtroppo non può dare garanzie per il futuro, nel migliore dei casi può riportare alle condizioni del 1 novembre. Sino ad oggi gli interventi che interessano queste arginature sono di due tipi, uno di tipo ordinario, cioè sfalciare a prato in modo da favorire il deflusso (principio che dal regio decreto del 1904 non è mai stato messo in discussione e che ha portato alla completa scomparsa di ogni traccia di alberatura e del loro potenziale contributo alla stabilità), il secondo è di tipo straordinario, ovvero riparare i danni che si verificano in occasione di ogni piena di un certo rilievo. Vista la palese e cronica insufficienza strutturale degli argini, sarebbe necessario, a maggior ragione adesso, trovare una soluzione che consenta la realizzazione di arginature più ampie e stabili, anche tramite accordi con i privati per l’acquisizione dello spazio necessario là dove fisicamente presente. Discorso analogo vale anche per alcuni tratti del Torrente Marina ad esempio proprio nel tratto dove si è verificata la rottura a ridosso di Villa Montalto. In sostanza, dove ci sono spazi in cui allargarsi, sfruttarli per dare maggiore sicurezza ai trattai arginati esistenti".

A sessanta giorni dall'alluvione qualcuno l'ha cercata per iniziare a parlare di un piano di prevenzione idrogeologica?

“L’Autorità di bacino si occupa istituzionalmente di fare la mappatura della pericolosità e quindi di individuare le aree di rischio da alluvioni e frane che, come in questo caso, in alcune zone vanno di pari passo. A Figline di Prato si vede chiaramente che l’acqua non solo ha superato il ponticello ed ha invaso tutto, ma anche che la sponda della collina è venuta giù. Si sapeva e si vedeva dalle mappe che quella era una zona altamente pericolosa? Sì. Il Piano di Gestione Rischio Alluvioni è il Piano di riferimento in materia di prevenzione idraulica ed è approvato con DPCM. Le sue norme di attuazione rappresentano in termini di gerarchia delle fonti ciò che per legge deve essere tenuto in considerazione per poi legiferare a livello regionale in tema di urbanistica, edilizia e conseguentemente dare o non dare autorizzazioni e, come darle, per costruire o comunque mettere mano al territorio. Vale lo stesso per le frane. Con l’occasione le dico che a dicembre abbiamo messo a punto una mappatura e le correlate norme da seguire per il dissesto idrogeologico in modo univoco per tutto il territorio del nostro distretto. Per le frane partivamo da cinque piani diversi: criteri, norme e mappature che valevano per un cittadino di Potremoli, a fronte delle medesime problematiche, non erano uguali per un cittadino di Bibbiena. Anche l’aggiornamento del quadro conoscitivo avveniva a macchia di leopardo: il comune di Livorno sino al 2019 aveva una mappa delle frane che risaliva al 2005 con una sola frana (!); da allora sono stati fatti tre aggiornamenti che hanno recuperato tutte le informazioni disponibili anche a seguito dei gravi eventi del settembre 2017 e dei lavori di sistemazione post-evento. Oggi, nella nostra mappatura per il comune di Livorno si contano 385 frane. Estendendo questo lavoro all’intero territorio del distretto, solo per la parte Toscana abbiamo mappato quasi 100.000 dissesti, di questi ca 30.000 sono attivi, cioè “si muovono” o si sono mossi di recente, e ca 70.000 di potrebbero muovere. I numeri purtroppo sono destinati a salire: è in corso in queste settimane la raccolta e la verifica dei dati per le numerose frane avvenute nell’evento del novembre scorso. Su questo auspico la massima collaborazione degli uffici preposti. Tradotto: la prevenzione in termini di conoscenza che è la prima cosa per poter assumere le corrette iniziative, fare, e come fare, gli interventi. Occorre rispettarla e non ricordarsene solo dopo. In quanto a questi evocati nuovi Piani o Tavoli, o Cabine di regia, io credo che se si lavora correttamente il nome con cui ci si definisce è l’ultimo dei problemi. Non mi sono mai tirata indietro, sono certa che non mancherà la collaborazione degli uffici preposti".

Il Consorzio di bonifica parla della necessità di 250 milioni per intervenire sui torrenti e i piccoli corsi. Che ne pensa?

"La prevenzione con manutenzione ordinaria e straordinaria è stata fatta? La manutenzione è importante, tra l’altro abbiamo anche dato noi come Autorità alla Regione Toscana 9 milioni di euro nel 2018 e nel 2019, per farla. Dopodiché io credo che i Consorzi dovrebbero tornare ad essere quello che erano prima: strutture marcatamente tecnico operative che si occupano del reticolo secondario in modo costante ed efficace con i soldi dei contribuenti. Forse si è persa un po' della loro vera natura operativa a vantaggio di una dimensione più volta alla pianificazione che non alla realizzazione, più da articolazioni regionali che non articolazioni dei consorziati. In quanto ai numeri: non so dirle se sono 250 o 50. Io credo che prima di chiedere risorse occorra spendere quelle che ci sono e avere un quadro progettuale di ampio respiro che non si limiti al semplice ripristino di quello che si è dimostrato insufficiente. Tutto qui”.

Di fronte a torrenti tombati esplosi il 2 novembre qualcuno dovrebbe porsi degli interrogativi, non crede?

"A Vaiano il tratto tombato del fosso “Trescellere”che ha determinato i danni maggiori e che è letteralmente “esploso” non risulta ad oggi censito e quindi nei fatti non è mai stato nè gestito né manutenuto, probabilmente non si sapeva che ci fosse.neanche ci fosse. Pensi che sopra è stata aperta anche la sede della Misericordia. Purtroppo, solo in alcuni casi è possibile intervenire prevedendo la rimozione della tombatura e restituendo la naturalità al corso d’acqua, in altri casi, invece, l’intervento risulta più complesso in quanto sopra il corso d’acqua tombato sono stati costruiti edifici e strade, difficilmente delocalizzabili. Il primo passo da fare rimane, comunque, l’aggiornamento del quadro conoscitivo e, quindi, la verifica delle condizioni idrauliche, strutturali e di manutenzione dei tratti tombati, sulla base delle quali potrà essere individuato l'intervento più idoneo. Previo censimento”

Lei ha sempre sostenuto che le risorse statali ci sono, ma non sono spese adeguatamente dalla Regione agli enti locali

"Confermo che ci sono state e ci sono. Facendo un semplice conteggio rispetto a tutte le linee di finanziamento attive dell’Amministrazione centrale, posso dire con certezza che oltre ai soldi del Piano Aree Metropolitane del Governo Renzi che furono rilevanti, dal 2019 in Toscana sono arrivati circa 200 milioni e di questi 30 proprio destinati alle aree investite dall’evento del 2 novembre. Si dirà che non bastano: può darsi, però dallo stato di avanzamento delle opere non si direbbe: sul torrente Marina già finanziati ci sono stralci in cui siamo alla conferenza dei servizi. Allora, quel che dico da tanto anche per esperienza che ho avuto sull’intero territorio italiano, a differenza di ciò che qualcuno ha sostenuto evocandomi, il punto non sono le deroghe, le semplificazioni, i tempi abbreviati, gli ultra poteri, le contabilità speciali in deroga alle norme di bilancio ordinarie…ci sono già! Così come affermare che le casse di espansione del Valdarno siano funzionanti. Se si pensa che dei 25 milioni di metri cubi che dovrebbero invasare a regime, ad oggi se avesse piovuto davvero, cosa che non è accaduta nel Casentino e a monte di Firenze, ne avrebbero invasata poco più di 4. Senza poi dire che nella cassa di Pizziconi, ovvero l’unica in fase di completamento, non c’è ancora l’opera di presa. Occorre riconoscere ciò che non ha funzionato e provare a fare diversamente. E lo sa anche il Governatore. Guardiamo avanti senza polemica: Io credo che occorra staccare la titolarità politica da attività di questa natura. Sono convinta che sia stato un errore sostituire la figura dei Commissari straordinari nominati nel 2009 che erano figure di comprovata esperienza e terzietà, con i Presidenti di Regione che dal 2015 diventano anche commissari di governo per l’attuazione degli interventi di è prevenzione sia stato un errore. Se non altro il sistema precedente aveva un doppio vantaggio: i meriti erano condivisi con il territorio regionale, eventuali responsabilità e connessa impopolarità restavano in capo al Commissario, senza compromissione politica. Quando si vogliono fare le cose bene è uno schema che funziona sempre!”

Questione Arno e diga di Bilancino. Governatore Giani e sindaco Nardella hanno detto che le opere messe in campo hanno evitato problemi a Firenze. Le carte e gli studi dell'Autorità distrettuale dicono diversamente.

"L’ho detto e lo ripeto. Non è piovuto tanto da mettere in pericolo l’Arno. Le portate di piena che si sono generate non hanno raggiunto valori tali da creare problemi tant’è che il picco della piena ha raggiunto circa 500 mc/s, a fronte dei 4000 mc/s del 1966. I numeri sono questi. Bilancino è stato utile per la Val di Sieve, per Sagginale che non è andato sott’acqua. Aiuta anche Firenze, quando serve. In questo caso non è servito. Ma che Bilancino abbia salvato Firenze, insieme alle casse di espansione che non sono state completate, è come voler far credere che si sia tutti protagonisti inconsapevoli del Truman show”.