ROBERTA DELLA MAGGESA e MATTEO MARCELLO
Cronaca

Toti, i primi giorni di libertà: “Quella mattina pensai a un equivoco. Ho sempre e solo lavorato per i cittadini. Vedo tanta ipocrisia”

L’ex governatore e le parole dopo la revoca degli arresti domiciliari nell’inchiesta che lo vede coinvolto insieme, tra gli altri, all’imprenditore Aldo Spinelli. “I dati sulla crescita della regione testimoniano la bontà del mio operato”. Sulle prossime elezioni: “Non mi ricandido, ma dirò la mia”

Genova, 2 agosto 2024 – Una giornata convulsa quella che l’ex presidente Giovanni Toti ha trascorso a Genova. La prima vera giornata di lavoro, dopo la fine della detenzione ai domiciliari. Scandita da una miriade di telefonate e occupata da un lungo incontro con l’avvocato Stefano Savi, incaricato di imbastire le strategie difensive in vista della deficisione del gip sul giudizio immediato chiesto dalla Procura.

Partiamo dall’alba del 7 maggio. Cosa ha provato quando la guardia di finanza le ha notificato il provvedimento di custodia cautelare?

«Ho pensato a un equivoco gigantesco. Poi l’ho metabolizzato, come quando ti capita un incidente e cerchi di superarlo».

Ha letto tutte le carte dell’inchiesta e a più riprese ha avuto modo di esprimere le sue perplessità sull’azione della Procura di Genova. Oggi, a distanza di quasi tre mesi, pensa che rifarebbe tutto quello che ha fatto e che la magistratura le contesta?

«Ho sempre agito nell’esclusivo interesse dei liguri e i dati di questi anni sulla crescita del reddito pro capite, dell’economia, dell’occupazione, degli investimenti, del turismo sono lì a dimostrarlo. Non ho mai preso un centesimo per me o per la mia famiglia, nulla di nulla. Quello che ho fatto è l’attività politica di un presidente di Regione, niente di più e niente di meno. Non c’è alcun atto dell’ente che sia stato giudicato illegittimo. Ho sempre garantito ascolto e attenzione a tutti gli imprenditori perché crediamo nell’impresa quale elemento determinante per la crescita economica e occupazionale di un territorio. E ho agito in questo senso a prescindere dal fatto che finanziassero o meno il mio comitato, non era importante. Uno degli ultimi incontri nel mio ufficio è stato con i fratelli Colaninno: da loro non ho mai preso un euro, ma in Liguria producono dragamine sul fiume Magra e garantiscono occupazione a centinaia di persone. Questo era l’unico elemento per me rilevante».

E in merito agli incontri sullo yacht di Spinelli cosa ha da dire?

«Questa è una grande ipocrisia e fa parte del moralismo di una certa politica che ha sempre frequentato gli yacht, però punta il dito contro gli altri. Su quella barca ci andavo non certo in crociera ma a parlare di lavoro con un imprenditore che la usava come ufficio e che ha migliaia di dipendenti. Spinelli mi ha finanziato fin dal 2015, ancora prima che venissi eletto. E lui stesso ha detto di aver finanziato anche altri partiti politici e altri candidati».

L'ex governatore della Liguria Giovanni Toti esce dalla sua abitazione dopo la revoca degli arresti domiciliari (Foto Pasquali)
L'ex governatore della Liguria Giovanni Toti esce dalla sua abitazione dopo la revoca degli arresti domiciliari (Foto Pasquali)

In queste settimane ha trovato il modo, tramite gli incontri autorizzati dal gip e le lettere girate al suo avvocato, di lanciare appelli al centrodestra sulla necessità di stare uniti e portare avanti il programma di governo. Eppure in sua assenza, sul rigassificatore del Ponente si è ingranata la retromarcia. È soddisfatto della gestione ad interim portata avanti dai suoi alleati?

«Complessivamente si, credo che in questi due mesi sia stato fatto un buon lavoro. Ad esempio, confermando il finanziamento per la nuova diga di Genova, opera strategica per il più importante porto del Mediterraneo e per tutto il Paese».

Perché ha deciso di rassegnare le dimissioni?

«In un’inchiesta con chiari connotati politici, i magistrati, con grande coerenza, hanno scritto nero su bianco che la permanenza alla guida della Regione sarebbe stata di per sé motivo di possibile reiterazione del reato. A quel punto, è stato evidente, non c’erano alternative. Ho ceduto per poter restituire ai liguri il diritto di esprimersi sul modello che ho costruito e che ha riproposto la Liguria nel mondo. Basti pensare alla riapertura dopo dodici anni della Via dell’Amore, il 26 luglio, nel giorno delle mie dimissioni: ne hanno parlato i più importanti media americani e inglesi ed è stato per la Regione un grande orgoglio riuscire a portare a termine un’opera di messa in sicurezza che sembrava impossibile, così complessa e sfidante, unica al mondo».

Ha già annunciato che non si ricandiderà. Però nelle sue dichiarazioni traspare ampiamente la voglia di giocare un ruolo importante nella scelta del candidato e in generale nella competizione elettorale di fine ottobre. Ci sarà una lista che porterà il suo nome, o quel patrimonio di civismo è destinato a disperdersi?

«Non mi ricandiderò, ho già dato. Ma dirò la mia, penso di essermene guadagnato il diritto. Quello del civismo è un patrimonio che ritengo non vada disperso. Nel 2020 ha fatto la differenza per vincere e se oggi in Liguria circa l’80 per cento degli amministratori locali è di centrodestra lo si deve proprio al civismo. Rispetto a un centrosinistra litigioso e frammentato, in cui il Pd è diventato un partito populista e suddito dei Cinque Stelle, il civismo è per il centrodestra una grande ricchezza, al fianco dei partiti tradizionali: credo che anche in futuro una potente gamba civica e moderata possa fare la differenza».

Rixi si è già chiamato fuori, Rosso anche. Anche Forza Italia e Fratelli d’Italia sembrano aprire all’ipotesi di un candidato civico. Sarà questa la scelta del centrodestra?

«Lo vedremo insieme con gli alleati, nei prossimi giorni faremo tutte le valutazioni necessarie per individuare il nome giusto. Politico o civico non importa».

Andrea Orlando è, al momento, il più accreditato a rappresentare il centrosinistra alle prossime regionali. Che ne pensa?

«Rappresenta perfettamente la sinistra giustizialista e populista, quel campo largo che in Liguria c’è già stato contro di me e che si è fermato al 37%: l’aveva organizzato proprio Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, che leggo oggi essere il candidato della sinistra, mandandomi contro Ferruccio Sansa. È l’emblema di quella piazza semivuota che voleva linciarmi mentre ero arrestato».

In questo periodo ha avuto modo di leggere tanto, e di scrivere anche un libro che ripercorre in parte questa vicenda. Come si intitola? Ce ne parla?

«In questi mesi di reclusione forzata ho preso molti appunti che potrebbero diventare un libro perché vorrei che questa storia servisse a qualcosa, che fosse un monito soprattutto per la politica, affinché possa rivendicare il proprio ruolo, la propria dignità rispetto agli altri poteri dello Stato. Se, come penso, i magistrati hanno male interpretato le norme, è evidente che quelle norme le ha scritte, votate e approvate la politica, lasciando grande spazio alla discrezionalità della magistratura. Il mio arresto e le mie dimissioni da presidente eletto con oltre il 57% dei voti ne sono la conseguenza. Non è ancora iniziato il processo e non c’è stata alcuna condanna ma è già stata annullata la volontà popolare».

Al di là della vicenda giudiziaria e delle imminenti elezioni regionali, continuerà a fare politica anche dopo il voto di fine ottobre?

«La politica è una passione che coltivo fin da quando ero ragazzo e che certamente continuerò a coltivare in futuro. In quali forme è tutto da valutare. Intanto penso al processo che mi attende e nel quale intendo difendermi al meglio».